Serafino – In Bloom

Informazioni Evento

Luogo
GALLERIA LEON
Via Galliera, 42A, Bologna, BO, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

da martedì a sabato 10.00 – 12.30 / 16.00 – 19.30

Vernissage
17/10/2025

ore 18

Artisti
Serafino
Curatori
Irene Bernardi
Generi
fotografia, personale

Galleria Leòn presenta “In Bloom”, mostra fotografica di Serafino a cura di Irene Bernardi. Un giardino di corpi, paesaggi ed elementi vegetali in cui ripensare le relazioni, l’amore e l’ordine sociale.

Comunicato stampa

Nel corso della storia, il concetto di natura è stato spesso strumentalizzato per normare i comportamenti umani e consolidare rigidi valori di stampo conservatore. La dimensione naturale è invece intrinsecamente caratterizzata dalla varietà e in questo senso può essere fonte di ispirazione per riformulare il modo in cui si articola la complessità dei rapporti affettivi.
Francesco Esposito, in arte Serafino, fotografa corpi, abbracci e connessioni umane, affiancandoli a scatti di ramificazioni arboree, esplosioni acquatiche e profili rocciosi. Morfologie corporee e paesaggi naturali si rispecchiano e dialogano tra loro, invitandoci a considerare i legami sentimentali non solo come una strada a senso unico, ma come una rete infinita di possibilità.
Serafino compone un giardino dall’estetica pura ed essenziale, abitato da corpi che, come delicati germogli in trasformazione, si dischiudono in nuove forme d’amore. Una fioritura emotiva e visiva nutrita dal desiderio profondo di autodeterminazione e libertà.

Ad accompagnare la mostra il testo critico della curatrice Irene Bernardi.

Nel giardino queer:
corpi, desideri e dissidenza vegetale
di Irene Bernardi

Capodanno 1729: un giovane studente svedese scrive per la prima volta che anche le piante fanno l’amore. Quel giovane era Carl Linnaeus, uno dei primi botanici ad adottare la teoria della riproduzione sessuale in botanica.
Come spesso accade, l’innovazione scientifica si intrecciava con l’immaginario culturale del tempo: Linnaeus interpretò e organizzò la sessualità vegetale attraverso categorie antropocentriche e fortemente patriarcali, in cui gli organi riproduttivi delle piante venivano letti come ruoli sociali, e il loro incontro descritto nei termini simbolici del matrimonio cattolico ed eteronormato. Ancora una volta, una classificazione scientifica avveniva attraverso un modello familiare umano: le piante venivano suddivise a seconda del “tipo di nozze” contratto, proiettando così sulle forme della natura un sistema di valori profondamente radicato nella cultura occidentale di quel secolo.
In tutto questo, Linnaeus aveva scoperto qualcosa di importante: le piante amano, ma non per forza le loro relazioni romantiche dovevano essere uguali in tutto e per tutto a quelle umane.
L’errore commesso dal botanico svedese stava proprio nel muoversi su un terreno in cui si utilizza una presunta morale attribuita alla natura, per cui alcuni atti diventano riprovevoli fino all’illegalità ed identificati come "crimini contro natura".
Come sottolinea la fisica femminista americana Karen Barad, questo non riguarda i quotidiani attentati contro gli ecosistemi, ma piuttosto le scelte che riguardano l'autodeterminazione dei corpi, come l’aborto, la sessualità non eteronormata e la dissidenza del sistema dei generi. Questa morale conservatrice si basa sull’idea che l’essere umano sia “speciale” e usa il concetto di “secondo/contro natura” per giustificare o vietare certi comportamenti. La riflessione di Barad mette in luce come la nozione di “natura” sia spesso manipolata per consolidare norme sociali e morali escludenti, piuttosto che per instaurare un reale rapporto di cura e coesistenza con ciò che ci circonda.
In questa prospettiva, il giardino – inteso non solo come luogo fisico, ma come spazio simbolico – diventa terreno fertile per ripensare tanto l’ordine sociale quanto le relazioni.
Gilles Clément ci ha insegnato ad evadere dall’immaginario del giardino come spazio iper-curato e controllato, restituendo alla natura la sua capacità di trasformazione, in cui l’umano non domina ma accompagna, osserva, si mette in ascolto. Su questa stessa linea, Francesco Esposito – in arte Serafino – ci invita a passeggiare nel giardino delle relazioni queer, dove il cammino è incerto, non tracciato da percorsi prestabiliti, ma germoglia secondo logiche di spontaneità, ascolto e pluralità. Le fotografie in mostra ritraggono con delicatezza e onestà la quotidianità di una relazione poliamorosa, non limitandosi a documentare l’incontro dei corpi, ma evocano un ecosistema relazionale in cui emozioni, consapevolezze e desideri crescono come piante intrecciate tra loro. È qui che le forme umane in dialogo con elementi e paesaggi naturali, diventano radici e rami di un giardino altro, resistente ai modelli normativi di coppia, di genere e di sessualità.
“Queerizzare" la natura significa mettere in discussione il suo uso normativo, interrogare le relazioni di sapere e potere attraverso cui alcune “verità” umane sono state accettate senza essere messe in discussione. È un processo critico e creativo che spinge a riflettere su come l’essere umano sia collocato e sugli usi che sono stati fatti del concetto stesso di “natura”. Gli ecosistemi queer sono, in questo senso, luoghi in cui i confini tra “natura” e “cultura” si rivelano arbitrari, dialettici, e reciprocamente costitutivi. Decostruendo le opposizioni binarie e i dispositivi di controllo che regolano ciò che è ritenuto naturale o innaturale, questi spazi aprono alla possibilità di un abitare condiviso, fluido, disallineato rispetto alle norme dominanti.
Nel lavoro di Serafino il giardino non è più metafora di una natura pericolosa, da controllare o recintare, ma un territorio di possibilità, in cui questa si intreccia con i legami queer, resistendo alle logiche dell’eccezionalismo umano e alla retorica del “contro natura”.

Serafino (Bologna – 1997): Francesco Esposito, in arte Serafino, è un fotografo italiano nato a Napoli e cresciuto a Bologna.
Nel 2020 si laurea in incisione all’Accademia di Belle Arti di Bologna e nel 2023 proseguendo gli studi con la magistrale in Fotografia. La sua pratica artistica esplora lotte sociali, disturbi comportamentali e la percezione alterata della realtà. Dopo aver sperimentato diverse discipline, ha scelto la fotografia per la sua forza comunicativa. Lavora con le nuove generazioni, interpreti di esigenze e sensibilità sociali emergenti contro la discriminazione delle minoranze.

Irene Bernardi (Bologna, 1997): mediatrice culturale, scrittrice e attivista.
Si laurea nel 2024 in Visual Cultures a Milano, incentrando i suoi studi su arte contemporanea, attivismo ed ecologia.
Collabora con musei e fondazioni locali e scrive occasionalmente per riviste italiane e internazionali.
Ha pubblicato il suo primo racconto breve nella raccolta Entanglements: An Anthology of Posthuman Tales edita per Posthuman Press.