Riccardo Angelini – Al di là della Forma
Mostra personale.
Comunicato stampa
Il Centro Studi Osvaldo Licini, in collaborazione con il Comune di Monte Vidon Corrado e
il contributo della Regione Marche, presenta la personale di Riccardo Angelini, un viaggio
nelle tappe essenziali della sua ricerca: dalle prime sperimentazioni bolognesi di segno e
fotodinamica, ai cicli parigini tra automatismo, grafite e frottage, fino alle opere nate dal
ritorno nelle Marche ispirate ai “tre segni dell’esistenza”.
L’appuntamento è per sabato 20 dicembre 2025, presso il teatro comunale di Monte Vidon
Corrado, dove l’artista dialogherà con il curatore, Stefano Bracalente, prima della visita alla
mostra allestita nelle due sale del Centro Studi Licini.
Impermanenza: Anicca
Insoddisfazione o sofferenza: Dukkha
Non-sé: Anatta.
Questi i “tre segni dell’esistenza”, le tre caratteristiche condivise da tutti i fenomeni –
compresi pensieri, emozioni, esperienze – attraverso i quali l’artista conduce la propria
meditazione sul senso dell’esistere nel cosmo. Nulla è durevole, niente permane a lungo:
non gli stati di soddisfazione e gioia, neppure l’identità del Sé. Tutto cambia anche nella
pittura di Angelini, che vive di trasformazioni continue e di metamorfosi, in un processo
che parte sempre dalla forma ma che, tramite il rituale sacrificale della sua distruzione,
porta «al di là della forma», là dove immagine e materia diventano un campo di risonanza
spirituale.
Nella prima sala, le “origini” della ricerca di Angelini e la sua formazione sono
documentate da opere come L’Animale, con cui la mostra si apre, e dalle Fotodinamiche
futuriste, nelle quali la riflessione sul fotodinamismo di Bragaglia sfocia in una libera e
originale rielaborazione sull’impermanenza del gesto, mentre le carte parigine a grafite e la
serie Fragment esprimono la tensione sperimentale di un linguaggio che si è sempre mosso
tra il gesto e il segno, l’affiorare della figura e la sua dissoluzione facendo propri certi
processi della percezione visiva come pure l’esoterismo, il misticismo e gli automatismi
psichici surrealisti, mai semplicemente replicati ma sempre personalizzati, ricondotti al
vissuto dell’artista, all’infanzia, ai legami familiari.
La seconda sala raccoglie invece la produzione più recente, l’approdo a una “cifra” più
consapevole e identitaria attraverso l’uso di polveri naturali, pigmenti organici e acque
vive, del fiume Aso e dell’Adriatico, in un processo alchemico che esprime in immagine i
“tre segni dell’esistenza”: in queste opere, la pittura si rivela più che mai come un corpo
instabile, continuamente esposto al tempo, alla trasformazione, all’ossidazione. Le figure
emergono mai compiute, la forma si dà per frammenti, si svela e subito sfugge come una
preda in fuga dallo sguardo “cacciatore” del pensiero raziocinante; volutamente ambigue,
le figure sono sospese tra umano, zoomorfo e organico, tra memoria sommersa e
metamorfosi, in un movimento incessante che non consente di agguantare mai una forma
definitiva, conducendo piuttosto oltre la superficie visibile, dove materia e spirito si
confondono, restituendo allo sguardo la fragile potenza dell’impermanenza.
Un’opera dal nuovo ciclo Retaggi Lunari — presentata qui in anteprima — chiude la mostra
testimoniando la continuità coi lavori precedenti da una parte e l’evoluzione, dall’altra,
della attuale ricerca dell’artista.