Premio Mila per la Fotografia Contemporanea 2025

  • CAREOF

Informazioni Evento

Luogo
CAREOF
Fabbrica del Vapore, via Procaccini 4 20154 , Milano, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al
Vernissage
11/06/2025

ore 18,30

Curatori
Andrea Elia Zanini
Generi
arte contemporanea, collettiva

Il Fondo Malerba per la Fotografia in collaborazione con Careof, presenta la mostra del Premio Mila per la Fotografia Contemporanea 2025.

Comunicato stampa

In mostra saranno presentate le opere delle artiste e degli artisti under 40 selezionati dalla giuria del Premio: Eleonora Agostini, Valeria Cherchi, Laura Fiorio, Alessandra Leta, Vashish Soobah, Alba Zari.

La mostra sarà inaugurata la sera dell’11 giugno a partire dalle ore 18.30 e rimarrà aperta al pubblico fino al 18 giugno.

Durante la serata inaugurale verrà annunciata/o la vincitrice o il vincitore del grant di acquisizione assegnato dalla giuria del Premio Mila, composta da Caterina Angelucci, Matteo Balduzzi, Marta Cereda, Bernardo Follini, Francesca Lazzarini e Andrea Elia Zanini.

Il Premio nasce nel 2014 per onorare la memoria di Mila Malerba, cofondatrice del Fondo. Giunto alla sua
quarta edizione, promuove la fotografia contemporanea attraverso la produzione e l’acquisizione di opere di
giovani artiste e artisti under 40. La giuria, composta da Caterina Angelucci, Matteo Balduzzi, Marta
Cereda, Bernardo Follini, Francesca Lazzarini e Andrea Elia Zanini, dopo aver valutato attentamente le
candidature, ha selezionato sei artiste e artisti meritevoli, le cui opere saranno esposte nella mostra:
Eleonora Agostini (1991), Valeria Cherchi (1986), Laura Fiorio (1985), Alessandra Leta (1997), Vashish
Soobah (1994), Alba Zari (1987).
Eleonora Agostini – A Study on Waitressing (2022 – in corso)
Il progetto esplora l’intersezione tra lavoro e identità, e la tensione tra performance pubblica e dimensione
privata, attraverso un approccio interdisciplinare che include fotografia, immagini d’archivio, video, testo e
performance. Al centro del progetto vi è la figura della madre dell’artista, le cui posture, gesti e
comportamenti diventano punto di partenza per una riflessione sull’immagine della cameriera: una figura che
deve essere al tempo stesso invisibile e ipervisibile. A Study on Waitressing si interroga sul corpo femminile
come spazio di rappresentazione e proiezione, mettendo in discussione i ruoli imposti alle donne e le
aspettative che regolano il comportamento femminile in contesti sociali.
Il lavoro si articola secondo le tre dimensioni del teatro: il palcoscenico, il retroscena e l’atto performativo.
In scena, la cameriera incarna professionalità e cortesia, mantenendo una presenza accogliente e rassicurante.
Dietro le quinte, invece, emergono vulnerabilità, stanchezza e momenti di tregua, rivelando la tensione tra
apparenza e realtà. La performance ha una funzione connettiva e diventa il mezzo attraverso cui il corpo si
adatta, si trasforma e risponde alle richieste dell’ambiente sociale. Questa struttura permette di osservare la
costruzione dell’identità tra realtà e finzione, e il ristorante funge da microcosmo in cui il corpo media tra
osservatore e osservato. Attraverso gesti quotidiani, materiali comuni e codici visivi propri dell’industria del
servizio.
Valeria Cherchi – RE:Birth (2019 – in corso)
La violenza ostetrica e ginecologica è una forma di abuso a lungo rimasta nascosta e ancora oggi largamente
ignorata. Valeria Cherchi è tra le poche artiste a confrontarsi con questo tema delicato, affrontandolo con uno
sguardo stratificato e profondo. Il suo progetto RE:Birth indaga le complessità e le intersezioni del fenomeno
attraverso un approccio non lineare e multimediale.
L’opera nasce da un'esperienza personale: la morte della sorella omonima dell’artista, a sei mesi di vita, in
seguito a un caso di violenza ostetrica mai denunciato. Cherchi intreccia memoria privata, ricerca
documentaria e testimonianze dirette per portare alla luce un aspetto oscuro e irrisolto della nostra società.
L’indagine si estende anche all’Ungheria, dove l’artista collabora con un’associazione e con la comunità
rom, coinvolgendo doule e madri in un dialogo sul trauma vissuto. Attraverso fotografie, materiali
d’archivio, documenti e rielaborazioni, l’artista esplora narrazioni biografiche e collettive, mettendo in
relazione la perdita personale con dinamiche sociali più ampie.
Il progetto riflette sul parto come momento di profonda transizione tra vita e morte, restituendone la
complessità attraverso linguaggi visivi stratificati.
Laura Fiorio – My Fascist Grandpa (2024 – in corso)
Laura Fiorio parte dal concetto di difficult heritage, definito da Sharon Macdonald come un passato
storicamente rilevante, ma problematico da integrare in un’identità contemporanea. In Italia, questo si
manifesta in modo particolare nella memoria del fascismo e del colonialismo, due eredità ancora visibili nel
paesaggio culturale e politico, ma spesso prive di un’analisi critica. Fiorio affronta questi temi partendo dal
concetto di afasia: l’incapacità di articolare consapevolmente il proprio legame con un passato scomodo.
Attraverso laboratori e pratiche condivise, esplora le storie familiari, a partire dal nonno, fascista e soldato
nella guerra coloniale in Etiopia, per mettere in discussione i meccanismi della memoria e l’eredità emotiva
dei regimi autoritari. Il lavoro intreccia fotografie private e documenti con archivi altrui, proponendo
modalità collettive e critiche per affrontare il passato e le sue implicazioni nel presente.
Alessandra Leta – The Unmovable Mover (2022–2024)
The Unmovable Mover è una ricostruzione speculativa di un passato fittizio: quello di un piccolo complesso
industriale dell’Europa centrale negli anni Sessanta. La serie si sviluppa concettualmente ed esteticamente a
partire da diverse fotografie in bianco e nero trovate e raccolte dall’artista nel corso degli anni. Attraverso
una narrazione costruita con cura, che intreccia questi documenti fotografici con immagini realizzate nel
2022 e 2023, e grazie a uno storytelling speculativo, il progetto ricostruisce la storia dettagliata di un
contesto immaginario, quello di una fabbrica, strutturato su un passato privato apparentemente autentico ma
completamente inventato. Il titolo della serie è un gioco concettuale sul “motore immobile” di Aristotele,
ovvero la causa prima e immutabile che mette in moto ogni cosa senza essere mossa. L’opera stabilisce un
parallelismo con il capitale: forza motrice che alimenta e fa progredire diversi elementi della società, senza
tuttavia essere realmente toccata dalle oscillazioni che genera. The Unmovable Mover reinterpreta
visivamente le connessioni e le fratture tra dirigenza, operai e prodotti finiti all’interno di questi ambienti.
Vashish Soobah – Oceano di ricordi (2024 – in corso)
La serie prende ispirazione dalla poesia Love After Love del poeta caraibico e premio Nobel Derek Walcott.
Attraverso questo lavoro, l’artista racconta il suo ritorno a Mauritius, terra d’origine, dopo cinque anni di
lontananza. Le fotografie che compongono la serie sono cariche di significato: ognuna rappresenta un
momento di riconnessione, un frammento di memoria, una riflessione sull’identità. Durante il periodo
trascorso a Mauritius, l’artista rielabora la propria esperienza attraverso lo sguardo: le architetture, le
piantagioni di canna da zucchero, la raccolta delle noci di cocco, i rituali quotidiani. Oceano di ricordi si
muove tra memoria e identità, tra nostalgia e riscoperta. Lontano dall’essere solo un diario visivo, si
configura come un archivio post-coloniale visto attraverso gli occhi di un figlio della diaspora mauriziana.
Alba Zari – Fear of Mirrors (2023)
Fear of Mirrors affronta il tema dell’attrazione per il proprio riflesso, inteso come impulso primordiale e
primo gesto di riconoscimento del sé. Da questa riflessione prende forma un progetto che indaga le
dinamiche della rappresentazione nell’epoca digitale. Zari esplora il legame tra immagine, identità e
influenze culturali, interrogandosi su come le tecnologie contemporanee plasmino la percezione di noi stessi.
L’artista pone l’attenzione sull’alienazione del corpo femminile nell’era digitale, dove il desiderio di
oltrepassare i limiti fisici si scontra con l’oggettivazione online. Le piattaforme digitali, spazi in cui identità e
bellezza sono costruite e distorte, amplificano gli stereotipi imposti dallo sguardo maschile eterosessuale
cisgender. Zari utilizza il proprio corpo come campo di sperimentazione artistica, manipolandolo secondo
canoni idealizzati per svelare le contraddizioni dell’identità virtuale, mettendo in discussione i ruoli imposti e
trasformando il desiderio in atto critico. Invita anche il pubblico maschile a confrontarsi con una prospettiva
ribaltata, rendendo evidente come il piacere, pur centrale, sia profondamente problematico in un sistema che
mercifica il corpo femminile.