Plamen Dejanoff – Heritage Project

Informazioni Evento

Luogo
PALAZZO DUCALE DI GENOVA
Piazza Giacomo Matteotti 9, Genova, Italia
Date
Dal al
Vernissage
22/03/2024

ore 18

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Mostra personale

Comunicato stampa

«Negli anni Settanta il partito comunista iniziò a costruire in Bulgaria scuole superiori altamente specializzate per meglio promuovere i giovani talenti.
C’erano scuole superiori specializzate in matematica… in lingue… con quelle che avevano come materia principale la musica… le arti… e gli sport.
Quando avevo 12 anni fui scelto (senza che mi fosse chiesto) per la scuola superiore a indirizzo sportivo di Tarnovo.
Il mio sogno era veramente quello di diventare artista, ma qualcuno decise che io dovessi appartenere alla scuola superiore di competenza sportiva.

Nella scuola sportiva di Tarnovo avevamo almeno 6-7 ore di sport ogni giorno (6 giorni alla settimana) e un paio d’ore di poche altre materie.
Dopo un grande sforzo da parte dei miei genitori, riuscii a lasciare la scuola sportiva e l’anno dopo fui preso in quella a indirizzo artistico dove avevo 6-7 ore di lezione di arte, architettura e design ogni giorno (per 6 giorni alla settimana per 5 anni).

Comunque i miei amici della scuola superiore a indirizzo sportivo di Tarnovo (incluso il mio “Idolo” Trifon Ivanov) crebbero bene e nel 1990, sette degli undici giocatori della squadra nazionale bulgara provenivano da quella scuola.
Al campionato mondiale di calcio negli Stati Uniti del 1994, la squadra nazionale bulgara vinse in modo sensazionale contro Francia… Grecia… Messico, contro l’Argentina di Maradona, contro la Germania che deteneva il titolo di campione del mondo… e raggiunse le semi-finali contro l’Italia.
La Bulgaria perse sfortunatamente 2-1 e l’Italia perse due giorni dopo ai rigori contro il Brasile.
Sei giocatori che vinsero la medaglia di bronzo per la Bulgaria di quel campionato mondiale di calcio del 1994 negli Stati Uniti provenivano dalla scuola superiore di Tarnovo!

Alla fine degli anni Novanta, il sistema educativo in Bulgaria collassò totalmente e tutte le scuole specializzate chiusero una dopo l’altra.
La leggendaria scuola superiore a indirizzo sportivo di Tarnovo fu chiusa anch’essa e brutalmente convertita in una scuola turistica 5 anni dopo.

In quanto parte di Heritage Project, riuscii a salvare frammenti dell’edificio (quelli che non erano più necessari) dalla distruzione.
Con grande difficoltà ho smantellato parte della scuola superiore sportiva di Tarnovo con l’idea di includere questa parte di edificio in Heritage Project.»

Heritage Project di Plamen Dejanoff è una sorta di realismo speculativo di matrice identitaria. Ripercorrendo il progetto dell’artista nella sua Bulgaria rispetto alla Fondazione Plamen Dejanoff a Veliko Tarnovo, la sua città natale, si comprende che tutti i capitoli  di questo radicale progetto a lungo termine, un progetto di vita, rimandano a una necessità personale di radicamento, come un tentativo di ancorarsi rispetto alla superficie liscia, fluida e senza confini del monoteismo mercantile, del capitalismo tendente per vocazione a ridurre l’altro all’identico. Di fatto l’impostazione di Heritage Project appare come un manifesto che si oppone alla reductio a unum di quella globalizzazione che qualcuno ha iniziato a chiamare globalitarismo  tendente a modellare un’umanità apolide, precaria, migrante, affrancata da ogni radicamento territoriale, munita di zaino leggero, di bagaglio a mano, delocalizzata in ogni dove, giacché percepisce ogni luogo, anche quello d’origine, come transeunde. Un’umanità flessibile, nomade, privata della sua struttura simbolica, dentro a un mondo miniaturizzato senza confini e differenze.
Rispetto al percorso di Dejanoff si può quasi azzardare che l’artista parta dall’assunto che la realtà è già così squisitamente reale che ogni tentativo di tradurla implicherebbe il fallimento. Una realtà costituita da una molteplicità di oggetti, concreti e immaginari, la cui valenza strutturale ha ben poca importanza. L’estetica di Dejanoff, con le sue piattaforme, i piedistalli, intesi come temporanei recinti o meglio parentesi, rimanda a una sorta di ontologia, tendente a svelare le qualità sensuali degli oggetti reali. L’arte di Dejanoff non allude al reale, non lo rappresenta, lo ripresenta e lo riproduce: si potrebbe affermare che l’arte di Dejanoff è anti-letterale.
A differenza dei filosofi orientati agli oggetti però, quella di Dejanoff non è una ontologia piatta, senza gerarchia, al centro c’è ancora l’uomo e la sue velleità identitarie, seppure mai nostalgiche.  Alcuni oggetti ci devono ricordare la nostra appartenenza, altri si devono accettare come diversi e questo è forse il senso di Heritage Project, ricercare oggetti capaci di scaldare il cuore e la nostra quotidianità senza rendere superflui la nostra storia e il nostro passato, per resistere all’eterofobia della globalizzazione e del suo falso multiculturalismo.
La fenomenologia tassonomica dello sradicamento tipica del colonialismo implica l’estraniazione, l’isolamento e la superfluità rispetto alle culture considerate altre  circa la teleologia imperialista del capitalismo contemporaneo, una forma di colonialismo solo apparentemente più soffice e orizzontale. Di fatto ogni forma di colonialismo priva i popoli della loro tradizione, della loro anima, riducendo gli individui, le persone  a materia umana, a mera materia interscambiabile. Dentro a un presente senza storia e senza memoria può accadere ogni sopraffazione, ogni orrore. L’io un tempo era solo un elemento nella costellazione del gruppo, della comunità, adesso è l’elemento predominante: non ci si impegna con il mondo, ma co se stessi e tale dinamica implica una grave forma di intolleranza e conduce alla progressiva secolarizzazione e  al manicheismo che informa la contemporaneità
Simone Weil in Écrits de Londres et dernières lettres scrisse: «L’anima umana ha bisogno più di ogni altra cosa di essere radicata in molteplici  ambiti naturali e di comunicare con l’universo per il loro tramite. La patria, gli ambiti definiti dalla lingua, dalla cultura, da un passato storico comuni, la professione, il paese sono ambienti naturali.
È criminale ciò che ha per effetto di sradicare un essere umano e impedire che metta radici.»
Lo sradicamento è una patologia tipica della modernità, Heritage project di Plamen Dejanoff appare in questo senso come un'indicazione per costruire società più pacifiche e sostenibili che riconoscano l’importanza centrale delle comunità e delle persone come produttori del senso che attiva gli oggetti e le pratiche, rendendole appunto patrimonio culturale, una risorsa fondamentale per il benessere dei popoli.
Non ci stupisce che Plamen Dejanoff, che ha mimato la deregulation neoliberista del capitalismo contemporaneo, fin dal suo cambio d’identità nel 2002, presenti oggi con Heritage Project un contributo alla preservazione della memoria storica e del patrimonio culturale della ricchezza e della competenza che vengono tramandate da generazioni, da maestro a apprendista.