Neshamah il respiro conduce all’anima
Il progetto a cura di Simona Muzzeddu, vede esposte le opere di cinque artisti contemporanei.
Comunicato stampa
La parola NESHAMAH, in ebraico viene utilizzata per indicare sia l’“anima”, sia il “respiro”. In sé potrebbe dare l’impressione di contraddizione, ma guardando oltre il primo senso interpretativo si coglie che la contraddizione rilevata nel duplice significato del termine non è poi così vera. Di fatto il “respiro” non è altro che un “alito vitale” senza il quale la vita stessa sarebbe impossibile. Esso, quindi, è ciò che si colloca in intimità profonda con l’“anima”, l’essenza ultima e primordiale della vita stessa.
Non a caso il “respiro” ci rende consapevoli della nostro esistere. Un’esistenza troppo spesso vissuta in modo troppo personalizzato e povera di sentimenti. Una condizione questa che turba la nostra coscienza perché estranea alla natura umana, nata per vivere in relazione con il suo simile. La vita individuale e una vita intimamente sofferta, solitaria. Una condizione esistenziale che si affaccia alla coscienza nel momento in cui la nostra “anima” pretende una spiegazione per la nostra scelta di essere soli, nonostante il nostro agire insieme agli altri. Una solitudine contro la quale l’“anima” lotta, e per costringerci ad abbandonare questa condizione di criticità sofferta ci obbliga a “guardarci dentro”, ad iniziare un “colloquio intimo” con la nostra coscienza.
Le ferite della nostra vita interiore, considerate secondo la significazione offerta dalla parola NESHAMAH, diventano le quindi “vie d’accesso” alla unicità della coscienza umana. Unica e irripetibile. Simile, ma fondamentalmente diversa da tutte le altre.
Ciascuno è se stesso e ciò che lo avvicina al suo prossimo è la sensibilità verso l’altro e le cose… così ciascuno di noi impara ad interpretare il Mondo e a partecipare agli avvenimenti dell’Universo secondo il proprio modo di intendere la Vita ed il Creato. Un modo diverso, ma universalmente valido, perché proprio della natura dell’Uomo.
Questo percorso conduce alla scoperta di sé e, per conseguenza, obbliga ciascuno di noi a compiere un lungo percorso di ricerca interiore, fino a raggiungere l’essenza spirituale che si cela in ogni cosa… in breve, la trascendenza che si manifesta in ogni “opera d’arte.”
L’Uomo e la sua arte
Il rapportarsi con la propria esistenzialità comporta il sorgere di domande antiche come la vita e a cui l’uomo non ha ancora dato una risposta definitiva: Chi siamo? Da dove veniamo? Quale messaggio si cela nella vita? Il vivere è morire? … e la morte apre la porta della vita? Qual è il confine – se c’è un confine- tra la realtà materiale e quella spirituale? E poi, perché tanta sofferenza negli esseri viventi?
Sono questi gli interrogativi che accomunano i CINQUE ARTISTI scelti per questa mostra. Ciascuno di loro, per sensibilità e per spiritualità soggettiva, ha dato una “sua” risposta, senza pretendere di essere l’unica o risolutiva. È comunque un modo per allontanare le sofferenze materiali e spirituali che ciascuno di noi si porta addosso.
Per cogliere più facilmente le dinamiche di questi “protagonisti dell’arte” anticipiamo qualcosa sul senso delle loro “opere” e delle “ragioni profonde” che li hanno indotti a realizzare quanto viene esposto in questa mostra.
Filippo Borella - Una ricerca espressiva che non pone l’uno al di sopra dell’altro, al fine di cogliere nel gioco dei contrasti quanto di spirituale e angelico si nasconde dietro le forme e l’essenza delle cose cui fa riferimento.
Ilaria Margutti – “Mend of me” è un lavoro orchestrato sul tema del confine e si gioca sull’equilibrio instabile della soglia. Soglia come luogo emblematico, in grado di evidenziare il duplice carattere del soggetto rappresentato, pronta a concedere ad Ilaria Margutti la possibilità di accostarsi alla pittura in un modo decisamente ambivalente.
Giancarlo Marcali – “Fossile” , 2011. Installazione luminosa realizzata attraverso la ricostruzione di una cranio da una Tac. La nostra vita è un ciclo dove la fase della crescita rappresenta la composizione di un mosaico universale che arriva fino al compimento di questo quadro e che, purtroppo, spesso, si sviluppa nella malattia fino alla morte.
Simona Muzzeddu – Conoscere la “Via” implica un viaggio a ritroso… una sofferta ricerca interiore fino a giungere alle origini stesse della vita, o almeno agli albori della storia. Le pietre tombali diventano così il segno tangibile del rapporto tra l’uomo e lo Spirito. Un’Essenza percepita ma mai agita, e per questo sempre cercata dalla coscienza e dalla razionalità umana.
La mostra ha ottenuto il Patrocinio della Provincia di Varese, Comune di Gallarate, Pro Loco di Gallarate. Contributo Fondi di solidarietà Ospedale di Gallarate.