Mohsen Baghernejad Moghanjooghi – Tanto per iniziare un discorso
Dopo il dialogo con l’artista Loris Cecchini con la mostra Brainstorming, il secondo appuntamento vede la presenza di Mohsen Baghernejad Moghanjooghi con Tanto per iniziare un discorso.
Comunicato stampa
ieedificio57 è una piattaforma fondata nel 2024 dall’artista Michelangelo Consani con lo scopo di mettere in relazione il proprio lavoro con personalità diverse. Un dialogo a due con artisti che per “motivi sentimentali” sente vicini; una sorta d’incontro con l’artista ospite per comprendere meglio la sensibilità e la progettualità dell’altro.
Dopo il dialogo con l’artista Loris Cecchini con la mostra Brainstorming, il secondo appuntamento vede la presenza di Mohsen Baghernejad Moghanjooghi con Tanto per iniziare un discorso. Attraverso l’uso espressivo di diverse lingue, le opere del giovane artista iraniano si aprono a riflessioni sul cambiamento climatico, sull’indeterminatezza della nostra percezione del tempo e sulla bellezza come risultato della continua stratificazione culturale.
Il progetto di Mohsen Baghernejad Moghanjooghi si sviluppa al piano terra dello spazio espositivo, dove realizza un’installazione site specific in mattoni, dal titolo We’ll See.
“I mattoni, composti da una parte mancante e una sporgente - chiaro simbolo di incompletezza e continuità - si intrecciano in una relazione visiva e strutturale. La forma evoca l'immagine di un uomo arcaico, suggerendo una connessione con il passato e con l'idea di qualcosa che è incompleto e in costante divenire. Questo elemento di simmetria e di incastro si unisce in orizzontale, come un puzzle, trasmettendo un’idea di unità ma è in verticale che trova il suo equilibrio, trasformandosi in una parete”, afferma l’artista.
La parete che si crea da questa struttura diventa per Mohsen Baghernejad Moghanjooghi oggetto di riflessione: non è solo una costruzione fisica ma anche simbolo di un processo che non ha né inizio né fine. La frase incisa, "We’ll See", aggiunge una dimensione di riflessione e apertura, suggerendo che la visione di un futuro senza confini o limiti è inevitabile, proprio come la parete stessa. La frase vuole essere, inoltre, un invito a ripensare il senso di un cammino che è, di per sé, eterno. “Questa composizione si pone, in una visione più ampia, come una riflessione sulla condizione umana, sull’impossibilità di raggiungere un senso definitivo o una conclusione, ma anche sull’importanza del viaggio, della connessione tra ciò che è, e ciò che potrebbe essere. La parete che si erge davanti a noi è, in fondo, un monito a considerare che tutto è in perpetuo divenire”, dichiara Baghernejad Moghanjooghi.
Al primo piano dell’edificio, troviamo il progetto di Michelangelo Consani dal titolo Fukushima 50, che prende ispirazione dall’omonimo film del 2020 diretto da Setsurō Wakamatsu. Il film fa riferimento alla storia vera di un gruppo di dipendenti (cinquanta) che furono costretti a rimanere nella centrale nucleare di Fukushima Dai-ichi per scongiurare la distruzione totale.
In questo nuovo progetto Consani evidenzia la questione ambientale come territorio politico, nel quale i percorsi di sostenibilità diventano pratiche di resistenza quotidiana, mentre i modelli esistenti rimangono ancorati ad insostenibili equilibri figli della guerra fredda e delle sue logiche. Il Giappone si rivela per l’artista, ancora una volta, un caso di studio preferenziale nella costruzione di scenari futuri.
La mostra si apre con un monocromo su tavola dal titolo Silenzio Assordante (2011), realizzato con alghe Nori radioattive provenienti dalla baia di Fukushima dopo l’incidente della centrale nucleare della TEPCO. Il monocromo è costituito da una texture di alghe sovrapposte che creano una tramatura simile ad alcuni lavori di Frank Stella, con la sostanziale differenza che, l’opera di Consani, non è solo un’opera minimalista ma nasconde in sé la devastante presenza dell’energia nucleare.
Una mezza sfera di legno e ferro di dimensioni considerevoli rappresenta la parte denuclearizzata del pianeta terra. Sulla semisfera sono ammassati cinquanta frammenti in gesso, provenienti da sculture dei primi del Novecento, raffiguranti parti di angeli.
Una visione certamente apocalittica, di forte impatto visivo, che viene però alleggerita dal video proiettato sulla parete dell’ultima sala: il mare di Fukushima “oggi”. “Un futuro positivo può essere ancora possibile”, chiosa Consani.
A quasi un anno dalla sua apertura, ieedificio57 prosegue la sua attività grazie alla preziosa collaborazione della Galleria ME Vannucci.