Max Ernst
La grande retrospettiva della Fondation Beyeler dedicata a Max Ernst presenta oltre 170 dipinti, collage, disegni, sculture e libri illustrati, fra cui numerose opere fondamentali facenti capo a tutte le fasi della sua produzione, delle sue scoperte e tecniche.
Comunicato stampa
La grande retrospettiva della Fondation Beyeler dedicata a Max Ernst presenta oltre 170 dipinti, collage, disegni, sculture e libri illustrati, fra cui numerose opere fondamentali facenti capo a tutte le fasi della sua produzione, delle sue scoperte e tecniche. Per la prima volta in Svizzera dalla morte di Ernst, avvenuta nel 1976, il visitatore ha la possibilità die esperire in tutta la sua ricchezza la varietà dell’opera di questo celebre artista.
Max Ernst (1891-1976) è fra le figure più poliedriche dell’arte moderna. Dopo i suoi inizi da dadaista rivoluzionario a Colonia, nel 1922 si trasferì a Parigi dove divenne ben presto un pioniere del Surrealismo. Durante la Seconda guerra mondiale fu internato due volte a causa della sua nazionalità straniera e venne liberato grazie all’aiuto del poeta Paul Éluard, suo amico. Nel 1941, fuggì in esilio negli Stati Uniti. Lì trovò nuovi stimoli e allo stesso tempo diede nuovi impulsi alla giovane generazione di artisti americani. Un decennio più tardi, Max Ernst fece ritorno in un’Europa distrutta dalla guerra, dove la fama di un tempo sembrava averlo abbandonato, almeno fino a quando egli fu riscoperto come l’artista più eclettico e affascinante del XX secolo. Nel 1958, Max Ernst divenne cittadino francese.
Instancabile ideatore di figure, forme e tecniche innovative come frottage, grattage, decalcomania e oscillazione, Max Ernst fu alla ricerca costante di nuovi orientamenti. Così facendo l’artista ha creato un’opera unica, incapace di sottomettersi a qualsiasi chiara definizione stilistica. La sua vita movimentata e il nomadismo in Europa e America ne hanno influenzato l’evoluzione.
Lo spettatore è sorpreso dalla creatività che Max Ernst dimostra nel suo rapporto con immagini e fonti di inspirazione, dalle fratture tra le diverse fasi della sua opera e i soggetti. Rivoluzionario della visione, Ernst accostò le immagini in modo innovativo; come surrealista, diede forma a nuovi legami fra le immagini e la coscienza dell’osservatore. L’unica costante che rimane è la persistenza della presunta contraddizione. Al pari della sua vita, l’opera di Max Ernst «non è armonica nel senso dei compositori classici», come ebbe a dire lo stesso artista. Un maestro della metamorfosi, Max Ernst fu cercatore e scopritore, un dottore honoris causa in filosofia che allargò continuamente le proprie domande e, nel farlo, si lasciò inspirare anche da astronomia, etnologia, ornitologia, matematica e psicoanalisi, guidato dall’interesse per le scienze naturali e il caso creativo.
Donne forti, che non potrebbero essere più diverse tra loro, accompagnarono il suo cammino di uomo e artista: Gala Eluard – che più tardi sarebbe divenuta la musa di Dalì –, l’artista Leonora Carrington, la mecenate e collezionista Peggy Guggenheim e la pittrice Dorothea Tanning.
Perfino a decenni dalla sua morte, l’opera di Max Ernst appare più attuale che mai, impegnata com’è nel tentativo constante di superare le tradizioni facendovi allo stesso tempo riferimento. L’esposizione rivela una produzione artistica che, attraverso il ricordo e l’esperienza, mette in relazione ciò che nel passato vi è di inconscio e nascosto con il vissuto presente e gli eventi politici contemporanei allo scopo di immaginare visioni fantastico-realistiche per il futuro.
Il nostro sentito ringraziamento va a Christoph M. e Sibylla M. Müller per la loro speciale collaborazione nella realizzazione dell’esposizione alla Fondation Beyeler.
La retrospettiva è stata concepita dai curatori ospiti Werner Spies e Julia Drost e realizzata in collaborazione con l’Albertina di Vienna e la sua curatrice Gisela Fischer. Raphaël Bouvier ne ha curato la realizzazione presso la Fondation Beyeler.