Mariana Castillo Deball – In a Convex Mirror
Mostra personale.
Comunicato stampa
The Whole is instable within
Instability, a globe like ours, resting
On a pedestal of vaccum, a ping-pong ball
Secure in its jet of water.
And just as there are no words for the surface, that is
No words to say what it really is, that it is not
Superficial but a visible core, then there is
No way out of the problem of pathos vs. experience.”
In galleria verranno presentate una serie di ceramiche decorate a ingobbio deformate collegate l’una all’altra in un’installazione aerea con una corda di cotone nera come a creare un campo di forza. Le ceramiche forse di memoria etnografica Zuni, si presentano forate, deprivate della funzione ricettiva di contenitore e pertanto da qualsivoglia valore d’uso o di scambio. Le ceramiche forate “kill hole” si usavano nei rituali di sepoltura nell’America Sud Occidentale, ma rimandano anche a un oggetto matematico, la bottiglia di Klein, su cui Mariana Castillo Deball ha lavorato in passato, avvicinandola alla classica piñata messicana, la pentolaccia, che pone fine al Carnevale e precede la Quaresima, usata dai monaci conquistatori per evangelizzare i nativi americani, attraverso i piccoli doni che la piñata riversava a terra. Di fatto la bottiglia di Klein è una superficie non orientabile in cui l’interno si riversa all’esterno, che proietta al di là delle tre dimensioni euclidee, in una quarta dimensione che la realtà non ci lascia esperire, ma alla quale con il ragionamento, l’oggettività e la fantasia informata da una diversa narrazione è possibile aspirare.
Dentro allo specchio convesso della mostra, si potranno vedere anche dei tondi di tre diversi diametri in forma di tavolette cerate scrittorie, che rimandano alla grande installazione a parete di tavole cerate colorate con pigmento nero, nella mostra di Mariana Castillo Deball dal titolo Roman Rubbish attualmente in corso alla Spazio Bloomberg a Londra. Nel centro di Londra o meglio nel cuore del quartiere finanziario gli scavi di qualche anno fa hanno riportato alla luce 400 tavolette scrittorie romane, il cui legno non si è decomposto perché conservato dal fango del fiume sotterraneo Walbrook che attraversava il centro di Londinium, fondata dai romani nel 43d.C. Mariana Castillo Deball afferma che dai detriti, dagli scarti di una civiltà si può capire molto di più, che dagli oggetti di valore. Le tavolette del Mithradeum non sono state seppellite per qualsivoglia celebrazione sacra, ma sono state semplicemente scartate e adesso costituiscono i più antichi documenti scritti dell’antica Britannia. Di fatto i romani usavano le tavolette di legno cerato inscritte con lo stilus, con una modalità similare alla nostra quando scriviamo i messaggi sul telefonino: nel momento in cui venivano consegnate e lette le tavolette cerate venivano buttate.
“La serie di opere circolari di cera nera” afferma Castillo Deball “sono incise con immagini distorte come viste in uno specchio convesso.
La superficie è nera e l’incisione toglie materiale alla superficie, rendendo l’immagine visibile solo da alcuni angoli, a seconda di come la luce si riflette su di essa.
Le immagini che ho inciso provengono da una serie di incisioni del XVI secolo di Diego Valadés, un frate francescano di cui ho scoperto il lavoro mentre stavo lavorando all’opera per il Padiglione Messicano alla Biennale di Venezia quest’anno. Le immagini raffigurano personaggi che stanno parlando tra loro, ascoltando e scrivendo, ma ciò che esce fuori dalla loro bocca, orecchie e occhi sono strane creature come serpenti, scorpioni e altri insetti.
Queste immagini rappresentano indigeni che stanno diffondendo la parola di pratiche religiose proibite dalla chiesa cattolica. Diego Valadés stava illustrando la sua retorica cristiana con l’incisione, pensando che il popolo indigeno fosse analfabeta, e che il solo modo di comunicarvi fosse attraverso le immagini”.