Marco Bagnoli – Cinquantasei nomi (1999-2000)
I visitatori potranno tornare ad ammirare la fontana di Marco Bagnoli Cinquantasei nomi (1999-2000).
Comunicato stampa
Il 2 giugno i visitatori potranno tornare ad ammirare la fontana di Marco Bagnoli Cinquantasei nomi (1999-2000). L’opera è allestita all’esterno del Castello nell’antica vasca decagonale eseguita nel 1868 per celebrare l’inaugurazione dell’acquedotto della città di Rivoli. Le 56 canne da cui zampilla l’acqua, simili ai sottili fusti del bambù e alte cinque metri, sono dipinte in blu e rosso e sono state realizzate in alluminio anodizzato con la sofisticata tecnologia del “polistirene perduto” (lost foam) che riprende in chiave contemporanea l’antico metodo della “cera perduta”, utilizzato per produrre le statue in bronzo.
“L’opera ideata da Bagnoli”, afferma Marcella Beccaria, Capo Curatore e Curatore delle Collezioni del Museo, “si compone di canne disposte a ‘quinconce’, la configurazione a file parallele sfalsate di mezzo passo, simile al numero cinque nei dadi. Unità di misura adottata sin dal tempo degli antichi romani, il quinconce, in latino quincunx, corrisponde alla frazione 5/12, come indicato dalla parola stessa formata da quinque ‘cinque’ e uncia ‘oncia’, sottomultiplo che propriamente rappresenta la dodicesima parte di un’unità. Graficamente, il quinconce è dato dal ‘V’, cinque in latino, duplicato e capovolto all’angolo, così da formare la lettera ‘X’. Tuttora adottato in arboricoltura per disporre varie tipologie di piantagioni, lo schema geometrico del quinconce è riconducibile all’antichità più remota. Già usato secondo alcune ipotesi nei giardini di Babilonia e forse da Noè dopo il diluvio, il quinconce potrebbe persino discendere dalla disposizione delle piante nel Paradiso, che significa appunto giardino. Scientificamente, il quinconce è riscontrabile nella struttura di foglie, fiori e semi di numerose specie arboree. Applicazioni del quinconce comprendono la disposizione dei corpi militari presso i macedoni, i greci e i romani, e sono anche rintracciabili in alcune antiche strutture urbane, in architettura, in giochi a scacchiera, per arrivare al labirinto di Creta, come raccontato da Sir Thomas Browne in The Garden of Cyrus (Il giardino di Ciro), erudito testo sull’argomento pubblicato nel 1658. Intenzionalmente, l’opera di Bagnoli abbraccia la vertigine di questi infiniti riferimenti e la figura a X che struttura l’opera può essere interpretata in relazione alla formula SPAZIO X TEMPO che riassume l’intera ricerca dell’artista”.
Biografia
Dopo una formazione scientifica e una laurea in chimica, Marco Bagnoli (Empoli, 1949), esordisce come artista negli anni ’70 del secolo scorso. Importanti partecipazioni a mostre internazionali includono la Biennale di Venezia (1982, 1986, 1997), documenta, Kassel (1982, 1992) e Sonsbeek, Arnhem (1986). Tiene mostre personali in prestigiose istituzioni tra cui De Appel, Amsterdam (1980 e 1984), Centre d’Art Contemporain Genève, Ginevra (1985), Musée Saint-Pierre art contemporain, Lyon (1987), Magasin, Centre National d’Art Contemporain, Grenoble (1991), Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino (1992), Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato (1995), IVAM, Centre del Carme, Valencia (2000), České Muzeum Výtvarných Umění, Praga (2009), Madre, Museo d’Arte Contemporanea Donnaregina, Napoli (2015). Nel 1981 Bagnoli presenta un’installazione per la Villa Medicea La Ferdinanda di Artimino, per poi realizzare opere in dialogo con architetture di importanza storica e spirituale, come a Firenze, la Cappella Pazzi (1984), la Sala Ottagonale della Fortezza da Basso (1989), l’Abbazia di San Miniato al Monte (1992, 1994, 2012, 2018-2019), il Forte di Belvedere (2003, 2017), il Giardino di Boboli (2013), la Stazione Leopolda (2014). Nel maggio 2017 si è aperto a Montelupo Fiorentino l’Atelier Marco Bagnoli, uno spazio multifunzionale che l’artista concepisce come un’opera d’arte totale e che accoglie in un’esposizione temporanea costantemente in progress sue opere, dal 1972 al presente.
Opere di Bagnoli sono conservate in numerosi musei internazionali e dal 1976 l’artista ha realizzato molteplici installazioni permanenti, tra cui quelle per Palazzo Durini e la Piantagione Paradise di Bolognano, Pescara; Ascolta il flauto di canna, 1985-2007 e Dacché sia notte, entra, 2007, nel parco di Villa La Magia a Quarrata; Amore e Psiche, 2010, nel Parco Mediceo di Pratolino a Vaglia; Immacolata concezione, 2011, all’interno di ChiantiBanca a Piazza Duomo a Firenze; la fontana L’anello mancante alla catena che non c’è, 1989-2017, in piazza Ciardi a Prato.
Per le celebrazioni del Millenario 1018-2018 dell’Abbazia di San Miniato al Monte a Marco Bagnoli è stata commissionata Janua Coeli, che consiste nell’installazione di opere all’interno e all’esterno della Basilica, e delle due cerimonie di apertura e di chiusura. Nel 2018 è stata pubblicata la monografia di Germano Celant, Marco Bagnoli (Skira, Milano) inclusiva di testi inediti dell’artista.
Parte della Collezione permanente del Museo, l’opera di Bagnoli Cinquantasei nomi è stata presentata per la prima volta al Castello nel giugno del 2000 su commissione dell’allora Direttore Ida Gianelli e prodotta con il contributo di Dongo S.p.A. L’attuale restauro è reso possibile grazie al sostegno di Gianfranco D’Amato.