Lughia – Il mio tempo della carta

Informazioni Evento

Luogo
MUSEO DELLA CARTA E DELLA FILIGRANA
Largo Fratelli Spacca 2, Fabriano, Italia
Date
Dal al

dal martedì alla domenica, ore 10.00/18.00

Vernissage
16/11/2013

ore 17,30

Patrocini

Città di Fabriano, Fondazione CARIFAC

Artisti
Lughia
Curatori
Giuseppe Salerno
Generi
arte contemporanea, personale
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Sperimentatrice nell’uso dei materiali, Lughia giunge ad affrontare gli antichi processi manuali di fabbricazione della carta ed avvia una ricerca che la porta a realizzare in omaggio a Fabriano, sua terra d’adozione, opere in cellulosa oggi ospitate presso il Museo della Carta.

Comunicato stampa

Sperimentatrice nell’uso dei materiali, Lughia giunge ad affrontare gli antichi processi manuali di fabbricazione della carta ed avvia una ricerca che la porta a realizzare in omaggio a Fabriano, sua terra d’adozione, opere in cellulosa oggi ospitate presso il Museo della Carta.
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Chi dinanzi ad uno specchio, testimone dei comportamenti più intimi, non ha mai pensato che le tracce del nostro passaggio avrebbero potuto un giorno essere lette da tecnologie capaci di decodificare l’energia custodita dalla materia? Pensiero questo non dissimile da quello che ci pervade ogni qual volta pensiamo di ascoltare il suono del mare racchiuso in una conchiglia o allorché stringendo un sasso tra le mani proviamo a percepirne la storia millenaria.

E’ sempre alla materia, di per sé depositaria delle tracce del tempo, che l’uomo, in modo consapevole, ha affidato nei secoli le proprie memorie. Le volte di una grotta, gli intonaci di palazzi e chiese, e poi i tessuti e la carta, sono alcuni dei supporti attraverso i quali ci è stato possibile conoscere società che, animate dal desiderio profondo di lasciare tracce e confidenti che altri si sarebbero posti in ascolto, hanno raccontato di sé e del mondo circostante.

Intorno al tema della memoria, alla voglia di legare la propria esistenza all’eterno svincolandola dalle ristrette dimensioni del tempo che cancella ogni cosa, si è sviluppata molta parte della ricerca artistica degli ultimi decenni. E’ a questa urgenza che si ascrive il percorso di Lughia, artista della quale così scrive Claudio Strinati: “La piccolezza dell’essere umano in rapporto al tempo senza fine la porta a coniugare il tema del ciclico divenire con quello dei linguaggi, delle rappresentazioni simboliche, delle memorie”.

“Lughia attraversa con risultati pregevoli, senza per questo privilegiare gli aspetti tecnici, forme espressive diverse per le quali si avvale di modalità e materiali talvolta sorprendenti. Suo campo d’indagine – afferma Rossella Vodret - sono le dimensioni dell’assoluto, quelle dell’eterno e dell’infinito, con le quali pone in rapporto il genere umano costretto in forma di ombre o “tracce dell’assenza”, metafora di un rapido passaggio sulla terra, immerse silenti in scenari ove appaiono indifferenti ed estranee.”

“Ombre nere, tracce inconsistenti della presenza umana, - continua Strinati - si alternano nei lavori di Lughia a sagome la cui epidermide, depositaria di memoria, appare ora immersa nel buio dell’eterno, ora calata in un universo di astrazioni simboliche che lanciano la propria sfida al tempo”.
Sono questi gli elementi che connotano un mondo per la cui rappresentazione l’artista ricorre a tecniche e materie sempre diverse il cui impiego mai ci appare avulso da una poetica capace di inglobare ogni cosa per ricondurre il tutto ad un unicum universale.

Sperimentatrice nell’uso dei materiali, Lughia giunge ad affrontare gli antichi processi manuali di fabbricazione della carta ed avvia una ricerca che la porta a realizzare in omaggio a Fabriano, sua terra d’adozione, opere in cellulosa oggi ospitate presso il Museo della Carta e della Filigrana.

E così, dopo aver assolto nei secoli alla funzione di depositaria di segni significanti, la cellulosa diviene tra le mani di Lughia essa stessa materia significante che, guadagnata la terza dimensione, ci parla di un mondo le cui radici profonde si intrecciano, nell’eterno ciclico divenire, con le chiome del futuro.

Giuseppe Salerno