Lucio Fontana / Fausto Melotti – Linee d’invenzione

Mostra doppia pesonale.
Comunicato stampa
Francesco Poli
La grande amicizia fra Lucio Fontana e Fausto Melotti, iniziata nel 1928 quando frequentano tutti e due il corso di Scultura di Adolfo Wildt all’Accademia di Brera, durerà per quarant’anni fino alla scomparsa nel 1968 del primo. Protagonisti dell’astrattismo italiano nella prima metà degli anni’30, e uniti anche dalla comune attività creativa nel campo della ceramica, sono però artisti con differenti percorsi di ricerca: Fontana geniale sperimentatore di rivoluzionari concetti spaziali, dal dopoguerra in poi; Melotti raffinatissimo modellatore e costruttore di fragili e aeree narrazioni plastiche di musicale, geometrica e immaginifica poeticità. Ma per entrambi (alla radice dei loro processi generativi di invenzione) il disegno è di fondamentale importanza; il disegno inteso come pratica grafica intensa continua, astratta o figurativa, allo stesso tempo concettuale e intuitiva, liberamente improvvisata o più studiata per l’elaborazione di opere di maggior impegno. Enrico Crispolti, autore del catalogo ragionato delle opere di Fontana, definisce i suoi disegni come luogo della libertà creativa, come ‘segno’ che racchiude la gestualità e l’energia primaria impressa dall’artista: un’attitudine che corre parallela alla levità cioè alla perdita di peso dell’intervento, sia esso un semplice segno a matita tracciato su carta o un graffio con una punta di chiodo sulla superficie di un ‘concetto spaziale’. E Francesco De Bartolomeis, in un approfondito testo sui disegni dell’artista italoargentino (Segno antidisegno di Lucio Fontana, F.lli Pozzo ed., Torino 1967) scrive: “Disegnare per Fontana significa esplorare le possibilità dell’espressione, progettare l’uso degli strumenti formali, ricercare, saggiare il potere dell’astrazione e del pensiero, ma significa anche servirsi di un mezzo idoneo senza la limitazione di un atto preparatorio, proprio per mantenere nel prodotto la vitalità e il movimento che egli ha messo dentro il gesto inventivo”.
Per quello che riguarda Melotti, è da citare questa sua preziosa considerazione sul disegno: “Ad ogni artista sono cari i disegni che ogni volta gli ripropongono questo punto oscuro della genesi dell’opera d’arte e più propriamente gli ricordano un mondo che, per essergli più congeniale gli è anche pur tanto misteriosamente inconscio (...) Nel bel disegno, la linea, come un’anima, palpita d’indecisione, di certezze, di voluti inganni...”. (Foglietti, in Fausto Melotti. Lo spazio inquieto, a cura di P.Fossati, Einaudi, Torino 1971).
È attraverso i disegni che l’artista dà forma alle sue idee, fa nascere la primaria essenza incantata delle sue immagini, che nascono dai depositi della memoria culturale, studia le articolazioni delle composizioni, traccia gli elementi di impalpabili trame narrative, utilizzando la bianca superficie dei fogli come spazio che virtualmente si libra nella terza dimensione. Nelle carte la lieve concretezza delle tracce della matita o del
carboncino, e quelle dei colori, emergono con chiara evidenza ma, allo stesso tempo, sembrano quasi galleggiare in uno spazio più mentale che fisico. Pur essendo la connessione con le sculture molto intima, la produzione grafica mantiene quasi sempre una sua specifica identità autonoma. E si può addirittura dire che, nell’opera di Melotti, non sono tanto i disegni che tendono a farsi scultura quanto piuttosto le sculture che mirano ad accogliere in sé l’anima profonda e impalpabile dei disegni.