Liberté Femmes magiques – Merveille de la vie

Informazioni Evento

Luogo
MUTABILIS
Via Dei Mille 25/c, Torino, Italia
Date
Dal al

da martedì a venerdì 15:00-19:00
sabato 10:30-13:00/15:00-19:00
chiuso domenica e lunedì

Vernissage
08/10/2019

ore 18

Artisti
Liberté Femmes magiques
Curatori
Maria Erovereti
Generi
arte contemporanea, personale
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Merveille de la vie è il titolo, provocatorio e paradossale, del progetto realizzato dal duo artistico “Liberté Femmes magiques”, nato nel 2018 da una proposta di Riccarda a Faé, artista italo-franco-tunisina.

Comunicato stampa

MERVEILLE DE LA VIE

Una donna ha subito violenza, si chiama Faé, si chiama Riccarda, si chiama Maria, può avere tanti nomi, perché non è l’unica che porta sul proprio corpo delle cicatrici.
Riccarda Montenero ha realizzato le immagini di questo lavoro insieme a Faé A. Djéraba sul cui corpo, e soprattutto nell’animo, ci sono ancora le ferite della violenza patita.
Merveille de la vie è il titolo, provocatorio e paradossale, del progetto realizzato dal duo artistico “Liberté Femmes magiques”, nato nel 2018 da una proposta di Riccarda a Faé, artista italo-franco-tunisina. Il lavoro fotografico, costituito da due sequenze - Victime non coupable - e un dittico, è il racconto di una violenza subita dalla stessa Faé, soggetto delle immagini, la raffigurazione della sua lacerazione interiore; ma è anche la narrazione delle sopraffazioni che le donne hanno patito nel corso dei secoli e patiscono tuttora quotidianamente. Una vicenda personale acquista nelle affascinanti opere di Riccarda Montenero la valenza di una storia universale.
Osservando le immagini, infatti, si avverte qualcosa di più profondo del racconto di una violenza fisica, si percepisce un’oppressione più sottile e devastante. Nella prima foto dell’esposizione s’intravede una donna abbandonata al suolo, ma non è il corpo quello offeso bensì la mente: un’intelligenza femminile negata e oltraggiata. E così nelle immagini seguenti, alcune realizzate mediante sovrapposizioni, lo sguardo va oltre la figura umiliata e coglie un’anima ferita e repressa. Anche quando il corpo sembra faticosamente risollevarsi.
Il dittico, Point de rupture, - centrale rispetto alle sequenze - riprende una donna senza volto e con un seno scoperto che stringe una Beretta. Nella prima foto la donna punta la pistola contro se stessa, nella seconda contro lo spettatore. È l’inizio della rinascita e il cerotto sul seno enfatizza, sì, la ferita provocata dalla violenza, ma ne presuppone la cura e la possibilità di guarigione. Nelle immagini successive, delle figure avvolte in un tessuto tubolare, ancora bozzoli invisibili al mondo e a se stesse, lentamente si sollevano, si animano in una danza, prendono coscienza del proprio esistere e si moltiplicano fino a…
E qui Riccarda lascia immaginare a noi l’evoluzione catartica finale.
L’esposizione continua con un’installazione sul pavimento - quindi calpestabile come un profondo dolore ormai sconfitto - dal titolo che ne denuncia l’origine drammatica, Tourbillon-Avalanche. L’opera è realizzata da Faé A. Djéraba e la sua creazione è stata per l’artista un viaggio a ritroso nell’inferno della violenza, la deflagrazione della coscienza del male subito e il suo straziante superamento.
Faé, attraverso l’intervento su alcune immagini di Riccarda, sui tessuti e la sottana indossati durante il lavoro insieme, rivive intensamente il dramma rimosso da cui riaffiora la donna che non aveva saputo reagire allo stupro e il senso di colpevolezza. Esplode così una sofferta ribellione nei confronti dell’altra e l’urgenza di un gesto liberatorio.
Come per un rito di purificazione, l’artista brucia tutti gli oggetti, immagini e vestiti appesi ad una gruccia, fotografandone il disfacimento. Il fuoco annienta, il fuoco redime. Ogni colpa è cancellata e dalle ceneri del passato può nascere un futuro diverso. Di consapevolezza e libertà.
Il progetto si conclude con la distruzione di un oggetto, tridimensionale, minacciosamente presente nelle immagini di Riccarda. Avviene così l’emancipazione dal peso opprimente dell’odio da parte della vittima del sopruso. Quest’atto liberatorio conferma ancora una volta la possibilità di un riscatto dalla violenza e cancella così il divario tra il titolo del lavoro, Merveille de la vie, e la drammaticità delle immagini.
Maria Erovereti, Luglio 2019

Si sa cosa accade nella mente di chi è rimasto vittima di violenza o abuso? Quali sono le conseguenze e le ricadute psicologiche e sociali della violenza subita? È un quesito al quale tenta di rispondere Liberté. Femmes Magiques: un duo artistico formatosi nel 2018 scaturito dal sodalizio tra le artiste internazionali Riccarda Montenero e Faé A. Djéraba. Il loro primo progetto comune “Merveille de la vie” realizzato per la galleria Mutabilis di Torino e la galleria Mémoire de l’Avenir di Parigi, pone proprio l’accento sullo sforzo che ognuno di noi dovrebbe fare per comprendere e vedere il vero volto della violenza, indagando il dolore prodotto e l’impotenza generata nelle vittime. Il progetto espositivo, che verrà presentato a Torino l’8 ottobre 2019 e a Parigi il 27 febbraio 2020 si compone di un racconto visuale composto da due sequenze fotografiche: Victime non coupable e il dittico Point de rupture oltre ad un blocco narrativo scaturito da un impeto incontrollato e quasi autodistruttivo di Faé che la porta alla realizzazione di Tourbillon e Avalanche. Le due opere, risultato di una sequenza fotografica che cristallizza l’incendio di lavori che rappresentano l’artista, costituiscono il superamento catartico della violenza da lei subita spazzata via dal fuoco, elemento che la conduce verso una nuova esistenza.
Le opere di “Merveille de la vie”, vogliono rompere la cortina di ferro, il silenzio assordante che spesso accompagna le violenze, vogliono gridare e illuminare letteralmente gli abusi di cui spesso le vittime si sentono colpevoli e che, altrettanto spesso, sfociano in atti autolesionistici volti a scaricare la rabbia e a contenere un’angoscia furiosa. “Merveille de la vie” è quasi un ossimoro perché nulla c’è di meraviglioso nei concetti denunciati dalla mostra, ma il fatto stesso di poterne parlare, di potersi esprimere, di poter urlare il proprio dolore, meravigliosamente ci conduce verso una guarigione, una trasformazione, una rinascita.
Alessandro Allocco, Agosto 2019