Lea Colliva – Ineffabile Lea

Informazioni Evento

Lea Colliva (1901-1975). A 50 anni dalla morte. La mostra, curata da Beatrice Buscaroli e Francesca Sinigaglia, delinea in modo inedito, le varie fasi pittoriche di Lea Colliva, esponendo più di 80 dipinti, alcuni mai visti prima.

Comunicato stampa

Quando, nel 1991, Marilena Pasquali redigeva la biografìa di Lea Colliva su La pittura in Italia - Il Novecento scriveva: «[...] forse l’unica voce autenticamente espressionista nel panorama bolognese fra le due guerre» aggiungendo «manca però una rivisitazione completa della sua opera che le riconosca i suoi meriti». A questo si aggiungeva Nino Bertocchi (1900-1956) che, tanti anni prima scriveva, in un manoscritto rimasto inedito: «una monografia che si volesse dedicare a questa pittrice risulterebbe delle più folte e sorprendenti».
Il 2025 è dunque l’anno propizio per celebrare la pittrice con un’approfondita personale, organizzata dal Museo Ottocento Bologna in occasione dei cinquant’anni dalla morte, avvenuta il 12 luglio del 1975.

Artista cruda, libera e in continua germinazione, la Colliva viene oggi studiata attraverso la rilettura di tutte le fonti critiche precedenti messe a confronto, per la prima volta, con una indagine lenticolare condotta da Francesca Sinigaglia, dell’Archivio della Fondazione Bertocchi Colliva di Monzuno: ciò ha permesso di evidenziare dettagli inediti e novità assolute mai emersi finora. Le carte della pittrice, furono riordinate anche dalla sorella Renata, che tanto apprezzava e valorizzava l’opera di Lea.
Dopo la sua morte, un articolo apparso sulla Strenna Storica Bolognese e firmato da Elena Gottarelli, esprimeva perfettamente e in poche pagine, l’animo «inquietante e segreto» della pittrice. La stessa Gottarelli denunciava la «portata del lutto che ha colpito la cultura italiana» per «la fine repentina e pudica che ha suggellato la vicenda terrena dell’artista». Fu proprio Elena Gottarelli a consegnare una descrizione di Lea Colliva che in parte restituisce la sua persona:
«Non ha avuto un carattere facile, questa creatura indomita che qualcuno ha definito “una forza della natura”, sprigionava energia violenta che sapeva trasformare in buone maniere [...] è stata una donna completamente dominata dall’arte. Si trattò del famoso “sacro fuoco” [..] proprio per il dato di irrazionalità che essa sottende: tagliente, pentita, dispettosa, segreta, gelosa e generosa.

Mai meschina, anzi vibrante di qualcosa di eroico che ritroviamo intatto nei suoi dipinti e che fa sì che essi abbiano la virtù di scatenare in chi li osservi emozioni inconsuete e senza dubbio estreme». La Colliva fu «tremendamente vittima e gloriosamente vittoriosa d’una forza sotterranea con la quale si è cimentata ogni giorno, ogni ora della propria esistenza».
Se dalla critica fu sempre considerata autodidatta, le ultime ricerche hanno rilevato che fin da giovanissima frequentò lo studio di Flavio Bertelli (1865-1941) in via del Poggiale, condividendo i suoi interessi artistici con i colleghi Nino Bertocchi (1900-1956), Ferruccio Giacomelli (1897-1987), Giovanni Romagnoli (1893-1976) e Nino Corrado Corazza (1897-1975), le personalità che avrebbero alimentato la scena artistica e critica tra gli anni Venti e Quaranta, prima sula scia del nuovo naturalismo bertelliano e poi con la Rivista L’Orto di cui la Colliva fu tra i fondatori.
Lea Colliva partecipò su invito anche alle Quadriennali Romane, alle Biennali di Venezia, e si ricavò un seguito internazionale con dipinti conservati in numerose collezioni pubbliche e private, insegnando anche, per più di venti anni, all’Accademia di Belle Arti di Bologna e ottenendo, nel 1972, l’onorificenza di «Cavaliere Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana»

In tutta la sua vita la Colliva alternò momenti intellettuali a momenti carnali, palesando una volontà assoluta di arrivare all’astrazione, al cosmo, alla libertà, pur consapevole della sua (e della nostra) natura corporea: far parte di un tutto astratto e cosmologico, pur sapendo bene di essere, in vita, completamente umani.
Ma come arrivò a questi risultati? Analizzando i suoi cinquant’anni di vita e di carriera artistica - che per lei, con evidenza, coincidevano - si può godere di un percorso di formazione interiore, un viaggio alla scoperta di una coscienza privata sempre più accanitamente forte, mano a mano che percorreva le tappe della sua vita artistica.

La mostra, curata da Beatrice Buscaroli e Francesca Sinigaglia, delinea in modo inedito, le varie fasi pittoriche di Lea Colliva, esponendo più di 80 dipinti, alcuni mai visti prima, di cui un grosso nucleo è messo a disposizione dalla Fondazione Bertocchi Colliva di Monzuno. Partendo da un primo periodo di contatto completo con la natura, in cui la giovane donna, dipinse le colline del territorio di Monzuno, con interesse naturalistico, dagli anni Cinquanta la pittrice inizierà a liberarsi sempre di più delle radici che la tenevano a terra, arrivando ad una completa fase di astrazione, in cui il cosmo le si rivelò attraverso il suo stile materico.
Corredata da catalogo monografico bilingue e a colori, a cura di Francesca Sinigaglia, con approfondimenti inediti sulla vita e sulla carriera dell’artista, la mostra ripercorre i suoi riti di passaggio, le sue vittorie ma anche le sue sconfitte, con la consapevolezza che Lea Colliva rimarrà per sempre indefinibile, libera e, soprattutto…«ineffabile».