Jim Dine – Elysian Fields

“Elysian Fields”, la mostra site-specific allestita a Castel Nuovo dall’artista statunitense Jim Dine, tra i maestri della Pop Art.
Comunicato stampa
Il 10 ottobre 2025 sarà inaugurata “Elysian Fields”, la mostra site-specific allestita a Castel Nuovo dall’artista statunitense Jim Dine, tra i maestri della Pop Art.
La mostra, che sarà aperta dal 10 ottobre 2025 al 10 febbraio 2026, è il nuovo appuntamento di Napoli Contemporanea 2025, il programma di mostre e installazioni voluto dal sindaco Gaetano Manfredi e curato da Vincenzo Trione, consigliere del sindaco per l’arte contemporanea e l’attività museale, che dal 2023 mira a rafforzare la vocazione al contemporaneo della città con progetti pensati da protagonisti dell’arte del nostro tempo per i siti museali e per lo spazio pubblico urbano.
La mostra verrà accolta negli ambienti monumentali al piano terra del castello (recentemente riqualificati in occasione della mostra “Mimmo Jodice. Napoli metafisica”), instaurando un dialogo tra il patrimonio storico-architettonico di Castel Nuovo e la contemporaneità delle opere del maestro americano. Le 29 installazioni di cui si compone la mostra saranno collocate nella Cappella delle Anime del Purgatorio, nella Cappella Palatina, nell’Armeria e nelle due ulteriori sale dell’area archeologica, in relazione con 7 sculture rinascimentali - già presenti nel percorso museale, ma per anni non esposte per motivi di conservazione - mettendo in comunicazione epoche e linguaggi differenti, in modo da offrire al pubblico un’esperienza immersiva e stratificata. Inoltre, l’intervento su alcune delle opere del museo rappresenterà un’opportunità concreta per migliorarne lo stato di conservazione, in un’ottica di valorizzazione.
L’ambiente principale dell’esposizione sarà la trecentesca Cappella Palatina: lungo la navata angioina verranno allestite 23 grandi sculture di Dine, raffiguranti teste di ispirazione classica (“Elysian Fields”). A queste si aggiungerà “The Gate where Venus sleeps”, una porta in bronzo e acciaio che conduce alla zona absidale, per la prima volta esposta in una mostra. La Cappella ospiterà anche alcune sculture rinascimentali, tra cui le Madonne con Bambino di Francesco Laurana e Domenico Gagini, provenienti dalla stessa cappella e dall’annessa sagrestia. Per l’occasione, queste opere recuperate saranno collocate su nuove basi, appositamente progettate in armonia con gli ambienti espositivi ed esposte al pubblico.
Nella piccola Cappella delle Anime del Purgatorio, riccamente decorata con stucchi barocchi e dipinti di scuola manierista, sarà esposta un’altra opera di Dine, il vaso/cratere “Flowers”.
L’area archeologica ospiterà due copie di “Small bird with tool” e, nella Sala dell’Armeria - un tempo adibita a deposito di armi e oggi caratterizzata dalla presenza di scavi archeologici visibili attraverso una pavimentazione in vetro, che rivelano strutture romane (I sec. a.C. – V sec. d.C.), una vasca marmorea tardo-antica e una necropoli altomedievale - saranno collocate le sculture “Venus and Neptune” e “Big Lady on a Beaver’s stump”.
La mostra è accompagnata da un catalogo, curato da Vincenzo Trione, edito da Steidl. È inoltre in programma la realizzazione di una fanzine con le immagini della mostra e con testi inediti. Verrà gratuitamente distribuita a partire da novembre.
Nato a Cincinnati nel 1935, Jim Dine è un’icona dell’arte contemporanea: affermatosi nella Pop Art al fianco di Roy Lichtenstein, Andy Warhol e Claes Oldenburg, le sue opere sono esposte in tutto il mondo nelle collezioni più prestigiose, dal MoMA di New York alla Tate di Londra, al Centre Pompidou di Parigi. “Elysian Fields” celebra la filosofia di Jim Dine fondata sull’interrogazione emotiva del passato e sul fascino per la classicità, sulla soglia tra antico e contemporaneo.
Nota del curatore
La fascinazione per l’impuro è al centro dei lavori esposti nella mostra personale allestita nelle sale del Castel Nuovo di Napoli, tra la Cappella Palatina, la Cappella delle Anime del Purgatorio e la Sala dell’Armeria. Un percorso labirintico, fondato sul ricorso all’artificio del crossover: le drammaturgie di Dine sono poste in dialogo con alcuni reperti antichi e con le sculture rinascimentali provenienti dalle collezioni del castello (tra le quali, le Madonne con Bambino di Francesco Laurana e di Domenico Gagini).
Dietro questa proposta, una necessità. È come se, entrato nei territori dell’omerica “buona vecchiaia”, da qualche tempo, Dine avvertisse il bisogno di coniugare realismo e archeologia. Per un verso, memore delle “conquiste” del New Dada e della Pop Art, è attento a difendere una forte riconoscibilità delle sue opere. Per un altro verso, dà voce a un bisogno diffuso tra gli artisti statunitensi, spesso sedotti dalla fascinazione per l’antichità, pensata come una favola lontana, svincolata da ogni preciso riferimento storico, da rimodulare senza posa.
Dine si abbandona a un viaggio a ritroso, verso la classicità. Che egli pensa non come immobile galleria di figure eterne da contemplare e di motivi da replicare passivamente, ma come arsenale di valori perpetui e immutabili da ri-abitare, da tradire, da profanare. Non ritrovamento di aspetti, ma esperienza radicale, che può modificarci. Non eredità morta, ma patrimonio fondante, decisivo, necessario – nostro, eppure intimamente estraneo e sorprendente. Non luogo statico, intoccabile né mèta raggiunta, ma riserva per l’avvenire, scrigno da perlustrare e da manipolare.
È iscritta qui la sostanza dell’umanità. Soprattutto nelle epoche di disagi, di crisi e di inquietudini, le opere dei “padri” rappresentano un giacimento di consapevolezza. Servono a riempire una voragine di cui si stenta a vedere il fondo. Non sono nostre contemporanee: siamo noi che “dobbiamo” diventare contemporanei di quelle opere.
A differenza del moderno, il classico comprende, in sé, l’antico e il presente. Ci appartiene, ed è lontano; esiste, ma va conquistato; è custode di conoscenze, ed è aperto a ibridazioni. Nei confronti di questo eden immaginario Dine è animato da una passione vaga. È affascinato soprattutto da ciò che manca all’insieme, non da ciò che si vede: i frammenti marmorei, i resti di calchi di gesso, le misteriose lacune della statuaria greca. Ammaliato dai vuoti e dalle assenze, raccoglie sopravvivenze, avulse da ogni contesto culturale. Ne ascolta le voci. Le scompone e le ricompone. Del passato non ricerca un’immagine ferma e immutabile. Recupera l’antichità in maniera rapsodica.
Da questa idea nascono le sue sculture più recenti, che ricordano da vicino rovine. Forse pescate dagli abissi marini, ecco divinità acefale, la cui bellezza originaria è resa irriconoscibile da una selva di stratificazioni (“Venus and Neptune”, 2023). Ed ecco esercizi fisiognomici non privi di rimandi autobiografici imperfetti (“Elysian Fields”, 2022-2025).
“A Napoli si può vivere una nuova, emozionante esperienza artistica. “Elysian Fields” di Jim Dine è un percorso espositivo unico nel suo genere, dal sapore internazionale come ormai la nostra città è abituata ad ospitare. Castel Nuovo, simbolo per eccellenza del capoluogo campano, si apre a un dialogo innovativo con l’arte contemporanea, presentando un contesto eccezionale dove la storia incontra la modernità, in un confronto suggestivo tra le opere già presenti nella trecentesca Cappella Palatina, nella piccola Cappella delle Anime del Purgatorio e nella Sala dell’Armeria, e le installazioni pop del maestro americano. La poetica di Jim Dine si sposa con una visione mirata a proiettare Napoli nel panorama mondiale dell’arte contemporanea, in un abbraccio tra passato e futuro che definisce il carattere stesso della città: è la Napoli della storia e dell’innovazione, sempre pronta a farsi spazio nel dialogo globale delle idee culturali”.
Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli
“Queste teste in gesso sono state realizzate nel mio studio a San Gallo, in Svizzera, negli ultimi tre anni. Sono ritratti che ho inventato e ritratti che ho sognato, provenienti dalla storia e dal mondo antico. Ci sono anche amici perduti e frammenti della mia vita di anni fa nei boschi del Vermont. Il gesso è il mio materiale preferito per il modo in cui si sente tra le mie mani”.
Jim Dine, artista
Dati tecnici delle opere
Elysian Fields
2022-2025
23 teste di gesso
Dimensioni variabili
The Gate where Venus sleeps
2025
Bronzo e acciaio
255 x 176 x 470 cm
Venus and Neptune
2023
Bronzo
202 x 185 x 104 cm
Flowers
2022
Bronzo
215 x 130 cm
Big Lady on a Beaver’s stump
2021
Bronzo
289 x 101 x 122 cm
Small bird with tool
2024
Bronzo policromo
100 x 65 x 74 cm
Il programma Napoli Contemporanea
“Elysian Fields” si inserisce nel programma di mostre e installazioni urbane “Napoli contemporanea”, inaugurato nel 2023 con “Questi miei fantasmi” di Antonio Marras, che da allora ha visto susseguirsi progetti pensati appositamente per gli spazi pubblici da protagonisti dell’arte del nostro tempo. Dall’opera “Lacrime di coccodrillo”, realizzata da Francesco Vezzoli per le Prigioni di Castel Nuovo, alla monumentale “Venere degli stracci” di Michelangelo Pistoletto, allestita in Piazza Municipio, fino ai lavori prodotti da Chiara Passa, Davide Quayola, Auriea Harvey e Bianco-Valente per il “MetaPan”, spazio immersivo tridimensionale nel metaverso. E ancora: “Io contengo moltitudini” di Marinella Senatore, “Tu si ’na cosa grande” di Gaetano Pesce, la mostra personale di Mimmo Jodice “Napoli metafisica”, importante omaggio a uno dei più poetici e alti interpreti di Napoli “Silent Hortense” di Jaume Plensa, e l’opera “OH!” realizzata da Marcello Jori per Piazza Mercato, visitabile fino al 5 ottobre 2025.
Concepito per creare una relazione diretta con la città, il programma di mostre e installazioni urbane ne rafforza la vocazione al contemporaneo grazie alle opere di artisti di alto profilo - nazionali e internazionali e di differenti generazioni - e ai loro interventi in piazze, strade, chiostri, quartieri della città.
Biografia dell’artista
Jim Dine (nato il 16 giugno 1935) è un artista americano noto per la sua produzione artistica variegata, che include pittura, scultura, incisione e disegno. La sua arte presenta spesso motivi ricorrenti come cuori, attrezzi, accappatoi e sculture classiche, fondendo il suo simbolismo personale con colori vivaci e superfici riccamente testurizzate. Profondamente influenzato dall’inconscio, il suo lavoro esplora la memoria, l’identità e la psicologia, creando connessioni tra la sua esperienza personale e archetipi universali. Oltre alle arti visive, Dine è anche un affermato poeta, con la pubblicazione di diverse raccolte di poesie, e ha integrato il linguaggio nella sua pratica artistica. Le sue opere fanno parte delle collezioni di importanti musei a livello mondiale, tra cui il Museum of Modern Art (MoMA) di New York, la Tate di Londra e il Centre Pompidou di Parigi, consolidando la sua eredità di artista contemporaneo tra i più riconosciuti e influenti della sua generazione.