Irene Coppola – Esercizi di memoria

Informazioni Evento

Luogo
FRANCESCO PANTALEONE ARTECONTEMPORANEA
Via Vittorio Emanuele 303 (Palazzo Di Napoli - Quattro Canti) 90133, Palermo, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

Tuesday - Saturday 3 - 7 pm

Vernissage
07/07/2022

ore 18

Artisti
Irene Coppola
Curatori
Agata Polizzi
Generi
arte contemporanea, personale

Mostra personale.

Comunicato stampa

Irene Coppola

Esercizi di memoria

curated by Agata Polizzi

opening 7 July

6 pm

Francesco Pantaleone Palermo

from 7 July to 29 October

opening hours Tuesday - Saturday 3 - 7 pm

via Vittorio Emanuele 303, PA

Testo curatoriale di Agata Polizzi e osservazioni di Irene Coppola

Ma per favore con leggerezza raccontami ogni cosa, anche la tua tristezza

(Patrizia Cavalli)

Lo sguardo verso il Monte Pellegrino, immerso in una luce ambrata, calda, in cui ogni particolare è come irradiato dall’oro: la sabbia, la vegetazione, l’acqua, le case, le barche, persino l’aria sembra di poterla respirare, densa e profumata d’estate, l’aria di Palermo a cavallo tra due secoli, al confine tra due sponde di tempo.

È lo sguardo di Michele Catti (1855 – 1914) il paesaggista raffinato delle memorabili marine di Palermo viste dalla costa Sud della nostra città, quella descritta nelle tante opere della collezione della Galleria d’Arte Moderna di Palermo, la costa di una città che aveva il mare in cuore, che assaporava il sale e che in tutta Europa era famosa per quel paesaggio irripetibile.

Cosa è successo?

Difficile e riduttivo sintetizzare in poche righe l’insensatezza colpevole di scelte politiche ed economiche ottuse e torbide che rendono da decenni la costa Sud attraversata da degrado e abbandono.

Irene Coppola, di una generazione lontanissima dal paesaggista Catti, scava nel passato della sua città, nelle crepe di un paesaggio stravolto, torna sugli stessi passi esplorando con delicatezza e con rispetto la storia di questi luoghi, ripercorre il lungo tratto di tempo che ha contrassegnato la costa e tenta di rileggerne, con il suo sguardo e la sua sensibilità, la storia recente.

L’artista osserva, recupera e interagisce con oggetti e scarti edili trovati lungo la costa, sommersi dalla sabbia compattata dei cosiddetti “mammelloni” del Sacco di Palermo, carichi di memorie scomode della storia urbana, politica e sociale della città, di cui propone un ritratto grottesco nel video Fuoco grande!, espressione tratta dal dialetto siculo “focu ‘ranni” che indica una situazione complicata e difficile da sbrogliare.

La cultura materiale dimenticata, smembrata e sotterrata, viene messa in luce attraverso piccoli spostamenti nei Contro-display che generano nuove corrispondenze sensibili e ludiche tra i residui industriali, ormai privi di una specifica funzione d’uso; come a costituire un vero e proprio archivio vivo di elementi e narrazioni sempre in movimento.

La guaina arenata di una barca si fa monito di questo continuo e necessario sguardo interconnesso, cui l’artista pone l’accento con l’espressione Mi volgo d’attorno, incisa a mano sulla spessa gomma configurata alla maniera del nastro di Möbius, che si trasforma in una superficie non più orientabile, aprendo così alle sue infinite possibilità di lettura.

Allo stesso modo, i frammenti delle maioliche siciliane di antichi pavimenti sversati lungo la spiaggia di Romagnolo vengono recuperati e sagomati dall’artista come preziosi resti di una memoria da riscrivere: Memorabilia (Palermo).

Le macerie poi, quelle degli sfabbricidi delle ville Liberty rimpiazzate dai palazzoni popolari, gli scarti della “malaedilizia” e della speculazione degli anni 70’, diventano ora Saette ora Antenne cromate dalle forme vegetali quasi aliene, luminose, riscattate attraverso la manipolazione lieve dell’artista che se ne prende cura. I ferri, che ricoperti di ruggine sembravano volessero scappare dalla materia da cui erano inghiottiti, ritrovano vigore, sono protesi come tentacoli verso il futuro, verso l’ascolto di storie nuove.

Con la sua pratica attenta e presente nel territorio, Irene lavora con una faticosa eredità e va oltre, guarda lontano, fa tesoro e prende distacco da ciò che non ha funzionato per ricominciare. La sua, è la generazione di ritorno, capace di sentire in qualunque parte del mondo il sapore di casa, che sta nelle persone e nelle strade in cui ci si imbatte.

Se è vero che il viaggio di Irene Coppola parte dalla costa Sud della sua Palermo è vero altrettanto che tira dentro altre memorie, quelle dei viaggi e delle esperienze altrove, di altri mari e di altre coste, di altri dolori e di altre ferite, ma anche di sorrisi e di bambini che, come lei, hanno giocato in riva al mare.

La stretta corrispondenza tra arte-vita consente a Irene di tracciare una mappa emotiva che è fatta di geografie fisiche e di sentimenti sperimentati.

Nella sua prima personale alla galleria Francesco Pantaleone a Palermo, l’artista racconta tutto questo attraverso sculture, fotografie, un’opera video e un’installazione a pavimento dove coriandoli di maioliche polverizzano atmosfere passate. Presenta opere fatte di elementi esteticamente seducenti ma taglienti come atti poetici. Sono desideri di un altro sguardo sul mondo.

“Esercizi di memoria” è un groviglio meraviglioso di considerazioni sulla città di Palermo, complicata, amata, magnetica, ma è soprattutto lo sguardo di una giovane artista donna che osserva con piglio ciò che accade e ciò che è accaduto, portando queste sensazioni, non sempre facili da gestire, come un bagaglio pesante e prezioso, un bagaglio di chi sa che per andare avanti occorre sapere chi siamo, sapere cosa non vogliamo essere, sapere che sono i piccoli, inesorabili gesti a tracciare il cambiamento.

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Curatorial text by Agata Polizzi with observations from Irene Coppola

But, please, gently tell me everything, even your sadness

(Patrizia Cavalli)

The view toward Mount Pellegrino is immersed in a warm amber light. Every detail seems irradiated with gold: the sand, the vegetation, the water, the houses, the boats. The very air seems to breathe; the dense and summer-scented air of Palermo at the turn of the century, at the frontier of two temporal shores.

It is the gaze of Michele Catti (1855–1914), the painter of refined and memorable seascapes that contemplate Palermo from the city’s south coast, the coast depicted in many of his works in the collection of Palermo’s Galleria d’Arte Moderna: the coast of a city with the sea in its heart, which savoured the ocean’s salt and which was famed throughout Europe for that inimitable landscape.

What happened?

It would be difficult and reductive to compress it into a few lines. For decades, shameful, senseless and murkily obtuse politico-economic choices have condemned the south coast to degradation and desolation.

Irene Coppola, belonging to a generation far removed from that of the landscapist Catti, scours the past of her city. In the cracks of a landscape torn asunder, she retraces Catti’s steps, delicately and respectfully exploring the history of the same environments. She reexamines the long arc of time that has left its mark on the coast, attempting to read its recent past afresh through her own gaze and sensibility.

The artist observes, salvages and interacts with objects and industrial refuse found along the coast, buried in the compacted sand of the so-called mammelloni – ‘mounds’ – dating from the reckless postwar construction boom known as the Sack of Palermo. Coppola uses this repository of the city’s uneasy urban, political and social memory to offer a grotesque civic portrait in the video Fuoco grande! – its title derived from the expression ‘focu ‘ranni’ (‘big fire’), which in Sicilian dialect denotes a complicated situation, one difficult to defuse.

Forgotten, dismembered and buried material culture is brought to light through small repositionings in Coppola’s Contro-display, generating new sensory and ludic relationships between fragments of industrial debris, now devoid of any specific function; as if to constitute an authentic living archive of ever-shifting elements and narrations.

The jetsam of a boat’s rubber cladding serves as an admonition, urging this necessarily continuous and interconnected gaze, emphasised by the artist through the expression Mi volgo d’attorno – ‘I look around myself’ – hand-carved into its dense surface. Wrought into a Möbius strip, the rubber becomes a no-longer orientable surface, thereby opening onto infinite possible interpretations.

In the same way, the artist has recovered and remodelled many of the fragments of old Sicilian majolica, once used to pave floors, strewn across Romagnolo beach. In Memorabilia (Palermo), she renders them the precious relics of a memory still awaiting its rewriting.

The ruins of gutted art nouveau mansions, too. Usurped by housing projects, cast off by ‘malaedilizia’ – malconstruction – and the rampant speculation of the 1970s, they have now become the works Saette and Antenne. The buildings’ waste is redeemed and revived, coloured by the luminous, vegetal and near-alien forms that emerge from the artist’s subtle manipulations. Rusted reinforcing iron, which had seemed desperate to flee the material in which it was engulfed, is reinvigorated. It extends tentacle-like toward the future, toward the hearing of new stories.

With her meticulous and regionally-conscious practice, Irene elaborates and reaches beyond her city’s difficult inheritance. She gazes into the distance, rehabilitating past failures even as she distances herself from them and begins anew. Hers is the generation of revival, one equipped to recognise the taste of home in any part of the world; a home that dwells in people, streets and chance encounters.

If it is true that Irene Coppola’s journey departs from the south coast of her own Palermo, it is equally true that she summons other memories: those of voyages and experiences elsewhere, of other seas and other coasts, other pains and other wounds – but also of joy. She recalls the children who, like her, have played at the seashore.

The close bond between Irene’s art and life allow her to trace an emotional map of physical geographies and of sentiments experienced.

In her first solo exhibition with FPAC, the artist narrates all this through sculpture, photography, a video work and a floor installation in which confetti of majolica reduce past atmospheres to powder. She presents works made from aesthetically seductive elements that nonetheless cut like poetry. They are the desire for another gaze upon the world.

Memory Exercises is a marvellous tangle of considerations on the city of Palermo – complicated, beloved, magnetic – but it is above all the gaze of a sharply observant young female artist attuned to what has transpired and what is still transpiring. She bears the weight of these sensations, not always easy to master, as a heavy burden and yet a precious one. It is the burden of those aware that we need to know who we are in order to continue onward. We need to know who we do not want to be. We need to know that small, inexorable gestures are the ones that will outline the change.