Intersezioni 7 – Daniel Buren
Un progetto inedito in due sedi con cinque nuove installazioni realizzate per il Parco.
Comunicato stampa
Dopo il successo ottenuto al Grand Palais di Parigi in occasione di Monumenta 2012 (oltre 300 mila spettatori), Daniel Buren approda al Parco Archeologico di Scolacium come protagonista di Intersezioni 2012.
L'attesa rassegna, giunta alla settima edizione, tra gli appuntamenti culturali più importanti della stagione estiva, si caratterizza quest'anno per l'inedito progetto del maestro francese che ha voluto intervenire all'interno del Parco di Scolacium con cinque grandiose installazioni concepite specificatamente per il luogo consentendone una rinnovata lettura. Com'è già avvenuto nelle precedenti edizioni, il progetto coinvolge anche il museo MARCA di Catanzaro. Entrambi gli appuntamenti sono curati da Alberto Fiz, Direttore Artistico del MARCA.
Costruire sulle vestigia: impermanenze. Opere in situ (Construire sur des vestiges, d'un éphémère à l'autre. Travaux in situ) è il titolo dell'evento espositivo che s'inaugura venerdì 27 luglio alle ore 19,30 per rimanere aperto sino al 14 ottobre 2012.
Intersezioni 2012 è organizzato dalla Provincia di Catanzaro con la collaborazione della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Calabria, il patrocinio della Regione Calabria - Assessorato alla Cultura e di Sensi Contemporanei - Ministero dello Sviluppo Economico.
"Intersezioni, insieme, al MARCA, rappresenta un punto di riferimento imprescindibile della nostra programmazione culturale e anche in una situazione di generale difficoltà la nostra amministrazione si è impegnata con determinazione per dare vita ad un appuntamento che ha assunto un particolare significato nel contesto culturale e artistico del territorio.", spiega Wanda Ferro Presidente della Provincia di Catanzaro con delega alla Cultura. "La miglior prova del nostro successo è il coinvolgimento di uno dei maggiori protagonisti della scena internazionale come Daniel Buren che ha fatto del Parco il luogo di un progetto unico e irripetibile che solo qui si potrà ammirare."
Come afferma Alberto Fiz, "la nuova edizione di Intersezioni è un punto di approdo per un evento di anno in anno sempre più ambizioso. In quest'occasione, Buren ha sviluppato un sincretismo con le vestigia antiche annullando la distanza temporale tra il mondo antico e quello contemporaneo. Un intervento, il suo, radicale e coraggioso dove appare evidente come sia il Parco di Scolacium a provocare l'opera la quale esiste solo in stretta relazione con il contesto ambientale. Si tratta di una vera e propria svolta anche rispetto agli altri importanti progetti realizzati in questo luogo."
La mostra coinvolge i centri nevralgici del Parco con una serie d'interventi concepiti specificatamente per la Basilica, il Foro, il Teatro romano e l'uliveto.
La Basilica viene illuminata da vetrate in plexiglas rosse e blu che la riportano ad un immaginario utopico in un'alternanza magica e imprevedibile di luci e ombre. "Per me il colore è pensiero puro, dunque totalmente indicibile. Tanto astratto quanto una formula matematica o un concetto filosofico", ha scritto Buren.
Il Foro, invece, è oggetto di una fantastica ricostruzione dove Buren reinventa un colonnato formato da 53 elementi in legno partendo dai frammenti esistenti. In questo caso il luogo dell'archeologia appare come l'elemento ispiratore di un progetto architettonico che sfida il tempo e lo spazio.
Di natura del tutto eccezionale è, poi, lo spettacolare intervento ideato per il Teatro dove Buren ha concepito una struttura specchiante di oltre 30 metri di lunghezza e di oltre tre metri d'altezza che, collocata al centro, permette di raddoppiare l'immagine dell'antica costruzione sviluppando un contesto visivo del tutto straniante dove la percezione del luogo subisce una progressiva trasformazione riflettendo e nello stesso tempo occultando lo spazio. Ci si trova di fronte all'impermanenza dello sguardo che assorbe i dati di una realtà virtuale.
Buren, poi, è apparso particolarmente affascinato dall'uliveto che circonda il Parco creando una perfetta integrazione con i luoghi della storia e, per quest'occasione, ha progettato un'installazione di oltre 20 elementi che abbraccia gli ulivi evidenziandone le caratteristiche e la peculiarità nel suggestivo ambiente del Parco di Scolacium.
Come afferma Buren: "Le mie installazioni permettono sia d'accentuare le linee di forza già esistenti all'interno del Parco, riempire dei vuoti, come nel caso della Basilica, replicare forme geometriche semplici, disegnare delle linee nello spazio, rilevare le altezze, come nel caso del Teatro, o ancora, rintracciare delle colonne che non sono mai esistite, come avviene nel Foro."
Un dialogo con il passato, dunque, che trova nell'opera di Buren un nuovo e imprevedibile spazio visivo.
A tutto ciò si aggiunge un'altra installazione concepita specificatamente per il Parco, Cabane éclatée aux 4 couleurs: travail in situ, di 4x4x4 metri. Si tratta di un nuovo lavoro basato sulla relazione spazio-colore che fa parte della serie Cabane éclatée iniziata nel 1975. Sono strutture esplose al loro interno che si aprono al vuoto e assorbono il luogo che le circonda condividendone l'esistenza. Le Cabane non sono né un oggetto né un decoro, ma un luogo fruibile e abitabile che ogni volta consente una nuova verifica. Proprio questo concetto di luogo connesso appare il punto di riferimento dell'esposizione al MARCA dove viene proposta La cabane éclatée aux plexiglas colorés et transparents: travail situé che in questo caso entra in relazione con lo spazio chiuso sviluppando un nuovo approdo visivo dove il museo diventa parte dell'opera.
La mostra è accompagnata da un catalogo in italiano e inglese edito da Silvana Editoriale con testi di Maria Grazia Aisa, Daniel Buren, Bruno Corà, Alberto Fiz e Hans-Ulrich Obrist.
Intersezioni dal 2005 ha ospitato alcuni dei maggiori esponenti della scultura italiana e internazionale quali Stephan Balkenhol, Tony Cragg, Wim Delvoye, Jan Fabre, Antony Gormley, Dennis Oppenheim, Mimmo Paladino, Michelangelo Pistoletto, Marc Quinn e Mauro Staccioli.
Nota Biografica
Artista di fama internazionale, Daniel Buren (1938) ha ricevuto nel corso della sua lunga carriera molti riconoscimenti e premi fra i quali il Leone d'Oro alla Biennale di Venezia del 1986 e il Premium Imperiale per la pittura della Japan Art Foundation nel 2007.
Dopo gli studi all'Ecole des Meteris d'Art e all'Ecole Nationale Supérieure des Beaux-Arts di Parigi, a metà degli anni Sessanta inizia a realizzare interventi pubblici, installazioni e mostre in tutto il mondo. Buren ha condotto una serie di esperimenti agli inizi della sua carriera artistica sul confine tra pittura, scultura e cinema. Alla sua prima personale alla Galleria Apollinaire di Milano nel 1968 seguono la partecipazione alla 5th International Exhibition al Guggenheim di New York nel 1971 e a Documenta V curata da Harald Szeemann nel 1972 che ne afferma il prestigio nell'ambito dell'arte concettuale. Innumerevoli i lavori permanenti che testimoniano la sua ricerca: tra questi lo spettacolare Les Deaux Plateaux (1985-86) nella Corte d'onore del Palais-Royal a Parigi; Sens dessus Dessous (1994) al Parc des Célestins di Lione, 25 Porticos: The Color and its Reflections a Tokyo nel 1996, Puente de la Saliva sull'omonimo ponte adiacente al Guggenhiem Museum di Bilbao nel 2007 sino a Excentrique(s) al Grand Palais di Parigi nel 2012.
Daniel Buren opera in situ, ovvero progetta e crea opere pensate su misura per un determinato luogo e un determinato pubblico, uniche e irripetibili. Lo fa dialogando con l'architettura di musei e gallerie, ma anche intervenendo direttamente in spazi urbani come piazze, giardini, ponti. Valendosi di uno "strumento visivo" invariabile - l'alternanza di strisce verticali bianche/colorate di 8,7 centimetri - Buren indaga da oltre 35 anni i rapporti fra l'opera d'arte, il luogo in cui prende corpo e lo spettatore. Al centro della sua proposizione vi sono, quindi, tematiche relative alla visibilità dell'opera e alla definizione del suo statuto, la volontà di rovesciare i modelli dati mediante la moltiplicazione dei punti di vista, il capovolgimento delle prospettive attraverso interferenze visive, nonché il tentativo, di volta in volta rivisitato e aggiornato, di interagire (in osmosi o in modo conflittuale) con lo spazio di intervento. Nei suoi lavori realizzati in situ, pittura, tessuto, legno, metallo, specchio, vetro, carta sono abbinati a formare opere a parete oppure complesse strutture ambientali, intese a proporre una lettura critica dell'oggetto d'arte, con riferimento alla sua storia disciplinare e culturale (scultura, pittura, monocromia, opera d'arte, .), alla codificazione del contesto (museo, spazio pubblico, .), al rapporto con il fruitore.
Nel 1975 ha realizzato la sua prima Cabane Eclatée che ha rappresentato un punto di svolta ed accentuato l'interdipendenza tra l'opera e il luogo dov'è situata, attraverso un sottile gioco di costruzione e decostruzione.