Iacopo Giannini

Informazioni Evento

Luogo
CENTRO CULTURALE INTERNAZIONALE ENGEL
Piazza Campioni 1, Viareggio, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al
Vernissage
22/01/2022

ore 17

Artisti
Iacopo Giannini
Curatori
Bruto Pomodoro
Generi
fotografia, personale

Nuova mostra del noto fotografo toscano Iacopo Giannini organizzata e curata da Bruto Pomodoro.

Comunicato stampa

Si inaugura sabato 22 gennaio 2022 alle ore 17, nei locali della galleria d’arte “Engel” in P.zza Campioni a Viareggio, la nuova mostra del noto fotografo toscano Iacopo Giannini organizzata e curata da Bruto Pomodoro.

Le 11 fotografie selezionate, presentate in questa nuova rassegna espositiva di Iacopo Giannini, segnano un nuovo punto di partenza nella ricerca artistica del giovane fotografo toscano.
Abbandonate le esperienze precedenti, dove la figura umana era protagonista, in questo nuovo ciclo di lavori, forse per necessità di sintesi stilistica o di nuove forme espressive, il paesaggio è l’elemento dominante di uno story telling che narra il rapporto fra due elementi naturali, la pietra e l’acqua appunto, le loro interrelazioni e metamorfosi, arrivando ad esplorare infine gli interventi antropici sui blocchi di calcarinite che determinano, qui come altrove, architetture casuali.
Il rapporto di Giannini col paesaggio circostante lo discosta da quel tipo di relazione estetica che spesso connota il lavoro di altri suoi colleghi, da Vieri Bottazzini a Jack Curran, che attraverso il loro lavoro registrano ombre, luci e colori di scenari naturali, fissandoli (o meglio documentandoli) in quell’attimo preciso dello scatto che li blocca in un loop temporale che non consente mutazioni di sorta.
Nelle foto di Iacopo si avverte invece la necessità di un racconto che va al di là del singolo scatto: il rapporto occhio-fotocamera non è quindi puramente estetico ma si arricchisce di un valore aggiunto che raramente si ritrova nella fotografia paesaggistica.
Indagare con l’obbiettivo quello che è frutto di metamorfismi che si susseguono nelle diverse ere geologiche, il rapporto di forze naturali in perenne conflitto fra loro, l’erosione dell’acqua che con la sua invisibile forza livella qualsiasi panorama, determinando così la conformazione del territorio su cui viviamo, non è certo cosa facile e di solito è patrimonio dei soli geologi, capaci di leggere l’ambiente attraverso lo studio dei diversi strati sedimentari.
Giannini invece, con la sua peculiare sensibilità, ha la capacità e la forza di accompagnare lo spettatore attraverso un percorso in cui la forza degli elementi e del lavoro umano modificano l’ambiente che ci circonda.
Per assonanza, le foto di Iacopo in qualche modo si inseriscono in quel rapporto investigativo sulle forze naturali che si riflettono nel lavoro dell’americano Mitch Dobrowner, in special modo nei lavori intitolati “Storms”.
Anche la scelta del bianco e nero non è casuale: è anzi funzionale alla lettura delle sue opere.
Unitamente alla scelta dei tempi lunghi, in special modo per gli scatti che documentano l’azione del mare sulle rocce circostanti nelle foto intitolate Erosion, il bianco e nero riporta lo spettatore alla drammaticità delle forze ataviche della natura, con una lettura impietosa che inchioda l’occhio dell’osservatore allo spettacolo rappresentato.
Il colore è un mezzo che in questo contesto distrae e confonde, un diversivo estetico di cui Giannini non ha bisogno e che quindi abbandona.
Ma inevitabili, proprio per la scelta del bianco e nero, sono i riferimenti iconografici delle tre opere dove interviene il lavoro umano sulla pietra: mi riferisco ai tre scatti intitolati rispettivamente The arch, Water basin e Human cut.
Curiosamente, laddove la mano dell’uomo interviene sul panorama circostante, si creano paesaggi antropici connotati da curiose e inquietanti architetture, che rimandano a una lettura simbolista delle opere di Iacopo, molto vicina ad alcuni dipinti di Böcklin.
Ma è la presenza dell’acqua, che fluisce e attraversa questi anfiteatri magici, che ricorda quanto transitoria e impermanente possa essere questa lettura, poiché niente resiste alla forza dell’elemento fluido.
Ed ecco quindi che in altre tre opere, intitolate Fluidity, il movimento acqueo sulle rocce circostanti appare più morbido e il paesaggio appare pacificato, quasi che la forza delle acque, esaurito il suo compito distruttivo, si conceda un attimo di pausa.
A corollario di questo gruppo di nove immagini, come prodromo ed epilogo di questo racconto fotografico, aprono e chiudono la mostra le due opere Rock’s gash e Waves, che introducono lo spettatore ai gruppi sequenza prima illustrati.
Se in Waves i movimenti liquidi del mare in primo piano sono messi a confronto con il landscape montuoso dello sfondo e con le nubi cariche di pioggia del cielo, in un rapporto di sequenzialità circolare dove la dinamica delle acque parte dalla terra, risale in cielo e ritorna al mare, nello scatto Rock’s gash, attraverso uno squarcio nel nero assoluto della cornice, l’occhio viene immediatamente catturato dalla stratificazione dei sedimenti che compone i grandi blocchi di pietra calcarea che si stagliano contro il cielo.
Ma anche questi monoliti giganteschi – i geologi insegnano – si sono creati grazie agli incessanti movimenti delle correnti marine e in ere future andranno a scomparire, grazie all’incessante lavorio delle acque, secondo la massima eraclitea del panta rei.
Aspettando nuove future narrazioni del paesaggio attraverso gli scatti di Giannini, rimaniamo oggi affascinati dalla rappresentazione artistica di forze dirompenti del nostro meraviglioso universo naturale.