Giò Minola – Sinfonia per segno-forma-colore
La Fondazione Mudima e Gino Di Maggio sono lieti di presentare la mostra personale dell’artista Giò Minola – Sinfonia per segno-forma-colore. Opere 1960- 2018.
Comunicato stampa
Minola ha fatto della ricerca e del culto del segno - calligrafico e pittorico - una costante del suo percorso umano e professionale, ricerca che ha condotto con pazienza e tenacia, senza mai perdere di vista l’obbiettivo finale: permettere alla propria immaginazione di esprimersi liberamente, sino ad espandersi e librarsi in una dimensione altra, di pura creatività.
L’esito è una pittura originale che proprio dal segno prende avvio e attraversa i decenni, come ben illustrano le opere in mostra, in una visione sempre personalissima del mondo, che trascende qualunque classificazione: lettrismo, astrattismo, surrealismo, informale, categorie alle quali Minola fa riferimento, diventano strumenti nelle mani di chi quei movimenti li ha conosciuti e sperimentati in prima persona, e, al contempo, possiede la sensibilità e la tecnica per reinterpretarli, e ne dispone liberamente.
L’artista ha saputo, con sapiente e consapevole disinvoltura, educare il segno grafico ed esaltarne le potenzialità grazie al recupero della calligrafia “a mano alzata” con pennino e china, esercizio condotto studiando da autodidatta sui libri del XVII e XVIII secolo, portato, da virtuoso, a livelli altissimi. Ha plasmato il segno di ispirazione barocca in volute e arzigogoli raffinatissimi, sino a farli diventare lemmi di un linguaggio contemporaneo tra tradizione e innovazione, personale cifra stilistica, e persino elemento tecnico e creativo del quale si è avvalso nella sua lunga carriera di pubblicitario di successo.
Parallelamente ha continuato a coltivare l’esercizio pittorico, arricchendolo costantemente grazie ad un archivio di colti riferimenti alla storia dell’arte, su tutti Mirò, Kandinskij, Pollock. Riferimenti che affondano le radici in una frequentazione straordinaria di artisti e intellettuali nella Torino del II Dopoguerra, in primis il grande critico francese Michel Tapié, che da subito ne colse le doti e ne ispirò le scelte: esperienze che ha saputo tesaurizzare e fare proprie. Su di esse ha innestato il proprio innato talento di scrittura e ne ha fatto Arte, sino ad armonizzare segno, forma e colore, tracciando con grazia e intensità la propria strada verso una inesausta ricerca del Bello.
Paola Stroppiana
Giò Minola (Torino, 1933) vive gli anni della formazione nella Torino del II Dopoguerra in un ambiente culturalmente stimolante, caratterizzato dalla frequentazione di artisti e intellettuali, tra i quali Italo Cremona, Carlo Mollino (che nel 1945 realizzerà il progetto d’interno di Casa Cesare e Ada Minola), Giosuè Calierno, Bruno Pontecorvo, conosciuti grazie alla madre Ada Malnati Minola, pittrice, musa di artisti e creatrice di gioielli-pezzi unici. Alla fine degli anni ’50 Giò conosce il critico francese Michel Tapié di Ceyleran (Senouillac, 1909 - Parigi 1987), che nel marzo del 1960 inaugura a Torino l’International Center of Aesthetic Research (ICAR), galleria d’arte contemporanea e centro culturale. Tapié propone al giovane Giò, appassionato di pittura e calligrafia, di illustrare il suo testo Philosophiques e lo introduce a Maurice Lemaître e Isidore Isou, fondatore nel 1946 del Lettrismo, movimento artistico basato sul gioco delle parole usate non per il loro significato letterale e semantico ma come puri segni grafici. Con i Lettristes Minola, che nel frattempo ha trasferito le calligrafie su carta a dipinti anche di grandi dimensioni, espone alcuni suoi lavori al Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris nel 1966 e nel 1968. L’anno seguente partecipa all’esposizione “Spazi astratti” organizzata da Tapié alla Galleria Cortina di Milano insieme ad altri artisti informali come Fontana, Mathieu, Tapies, Acccardi. Del 1974 la sua personale all’ICAR, per il quale cura diverse pubblicazioni. Molte le collaborazioni con altri artisti, tra i quali lo scultore Miguel Berrocal. Nel 1975 collabora con Egidio Costantini, fondatore della celebre “Fucina degli Angeli”, alla realizzazione di sculture in vetro di Murano che espone a Venezia nel 1978.
Negli anni successivi la sua pittura si afferma con la partecipazione a mostre internazionali in Germania, Francia, Italia e Giappone. Parallelamente prosegue la sua attività di pubblicitario: tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 realizza alcuni manifesti per la stagione lirica del Teatro Regio di Torino.
Sue opere sono esposte in numerose mostre personali e collettive in Italia e all’estero.