Francesco Pedrini – Contemporaneo infinito
Il lavoro di Pedrini si potrebbe definire una catalogazione impossibile della volta celeste tramite il disegno. Fotografie notturne, ricerca negli archivi NASA o in siti di fotografia astronomica, sono fonti di immagini che l’artista utilizza nel tentativo assurdo di ricostruire un tutto.
Comunicato stampa
Francesco Pedrini ritorna alla Galleria Martano con una mostra personale dopo la partecipazione – a novembre 2011 – alla mostra dal titolo “In esplorazione”, organizzata insieme all’Associazione Libri aparte, in cui l’artista presentava Until#5: nove fotografie di una nuvola che scompare, epifania inversa in un luogo dove il nulla e l’infinito si toccano.
Per questa mostra personale, Pedrini ha proseguito nella ricerca che si concentra sulla visione, sulla luce e sul tempo. Lo sguardo dei primi esploratori verso le stelle è stato il timone della scoperta, ma forse prima di tutto guardare le stelle ha significato per l’artista accettare la possibilità di perdersi, e nella perdita capire la potenzialità della vera scoperta.
Il lavoro di Pedrini si potrebbe definire una catalogazione impossibile della volta celeste tramite il disegno. Fotografie notturne, ricerca negli archivi NASA o in siti di fotografia astronomica, sono fonti di immagini che l’artista utilizza nel tentativo assurdo di ricostruire un tutto. Scrive Elio Grazioli nella presentazione della mostra: “…La ragione è il senso stesso del lavoro di Pedrini. Quello che egli trova si manifesta al negativo, per eccesso, per sparizione, per buco, per togliere, o letteralmente per negativo fotografico. L’epifania non è per lui un’apparizione, una presenza, ma un sottrarsi, un collassare, un accecamento”.
Invertire i colori delle immagini astronomiche permette all’artista di “rivelare” e “rilevare” le temperature delle stelle che corrispondono a vari colori e ripercorrere ogni punto e quindi ogni oggetto dello spazio in un tentativo poetico e fallimentare di catalogare tutto l’universo, come quando da piccoli si guardava il cielo e con l’indice puntato si cercava di contare le stelle. “Vivo l’impossibilità di essere contemporaneo, dice l’artista, cioé “con il tempo”, e le stelle in continua differita - visto che vediamo la loro immagine in ritardo a seconda della loro distanza - sono l’esempio di quante possibilità e legami ci sono nello sguardo, nello spazio e nel tempo”.
E per fare esperienza della luce, Pedrini ha fotografato il luogo dove tutti gli specchi dirigono il riflesso del sole per creare energia. Una centrale termo solare nei pressi di Siviglia, un luogo dell’assoluto e quindi inguardabile, dove il nostro sguardo non può reggerne l’intensità. Una struttura progettata scientificamente e razionalmente diviene espressione massima d’architettura di luce, un edificio “sacro” che sfugge alla sua utilità in favore della bellezza e dell’incanto.
Elio Grazioli
Contemporaneo infinito
Francesco Pedrini alla Galleria Martano.
Sul cielo l’uomo ha sempre proiettato la sua visione della vita; a seconda di come lo immaginava, tradiva l’idea che aveva della vita stessa: costellazioni, stelle fisse e stelle mobili, meteoriti, comete, eclissi, per non parlare di armonia delle sfere e di come pensava che fosse costituito – corpi appesi a una volta? buchi dentro la volta stessa? il cielo come un fondale? superficie o profondità? Viene da pensare subito anche alla pittura, all’arte, perché le metafore hanno questo potere di espandersi da un campo all’altro. Come si disegna una stella? Ruggiero Pierantoni vi ha scritto sopra un intero libro; Veja Celmins ce ne ha dato una versione indimenticabile disegnando il cielo nero e lasciando per le stelle il bianco del foglio, dei buchi dunque; molti artisti, Thomas Ruff, Renaud Auguste-Dormeuil, ci hanno dato cieli stellati in formato fotografico.
Kant ha fatto partire da lì la domanda su che cosa sia la bellezza. Il pensiero del “piacere disinteressato”, del “giudizio riflettente” , del “sublime” nasce guardando la volta celeste. Vi si teorizza un piacere legato alla pura rappresentazione, dove “pura”, dice esattamente Kant, sta per “senza concetto”, indimostrabile concettualmente, al di là di qualsiasi presunta dimostrazione definitiva come ci appaiono quelle concettuali.
Bastano questi accenni per introdurre l’opera di Francesco Pedrini, il quale, a noi pare, li riprende tutti rilanciandoli in nuova veste. Innanzitutto, questione per noi di primo piano, ne fa quello che potremmo chiamare un compito impossibile. Evidente in Contemporaneo infinito, dove l’artista rincorre l’irraggiungibile infinità di una mappatura totale del cielo stellato, esso rimane anche negli altri progetti e fin nelle opere apparentemente più semplici. Sta nel portare al limite, nel darsi una regola spropositata rispetto al risultato, nel pretendere di registrare l’irregistrabile. Così Pedrini vuole filmare e fotografare la luce più accecante, o si dà la regola di scattare una sola fotografia in una camminata di dodici ore, impiega una quantità di tempo o di mezzi sproporzionati per ottenere un piccolo disegno. Perché? Perché questo è al tempo stesso necessario e inutile, in senso kantiano, cioè è sublime senza essere enfatico, esibito, e senza essere regressivo, richiamo ai bei tempi di una volta. Pedrini lo fa in tutta tranquillità, come un lato del proprio carattere piuttosto che per acredine dimostrativa. È così che progetta i suoi viaggi o naviga in Internet, è così che dedica il suo tempo a disegnare con pazienza o a camminare per ore nella neve o nel deserto. D’altro canto, dicevamo, è solo così che si raggiunge il luogo più luminoso del pianeta, o si assiste a un’epifania fatta di sparizione, o si coglie lo sprofondare della luce in una buca nel terreno, o si disegna un tornado o un cielo stellato; è l’unico modo, cioè, perché non siano delle mere rappresentazioni di un “concetto”, dicevamo, ma assumano la forma necessaria al senso.
Così non stupirà che in alcuni casi la forma sia estremamente elaborata, mentre in altri ha l’apparenza della semplicità. Quando la realtà ti si presenta già come avente il significato che hai, non cercato bensì trovato – che è il senso del termine “epifania” –, basta uno scatto, una registrazione, un’appropriazione – stavamo per dire un readymade, se ancora si riesce a ricordare che questo erano i readymade per Duchamp, degli “appuntamenti”. Altrove invece occorre un rovesciamento, un’elaborazione, una formalizzazione, una processualità operativa. La ragione è il senso stesso del lavoro di Pedrini. Quello che egli trova si manifesta al negativo, per eccesso, per sparizione, per buco, per togliere, o letteralmente per negativo fotografico. L’epifania non è per lui un’apparizione, una presenza, ma un sottrarsi, un collassare, un accecamento. Quella che la restituisce dev’essere allora un’immagine che contenga, nel suo processo produttivo, questa negazione. In questo modo, di nuovo, Pedrini non cerca e utilizza il medium adeguato a esprimere un proprio concetto, ma mette i vari media alla prova della sua scoperta.
Non è sublime questo? Questo “piacere negativo”, come lo chiama Lyotard? Questo piacere che rovescia sia il puro godimento dell’entertainment sia la trappola narcisistica dell’impegno pubblico? È la lezione dell’anacronismo dell’azione disinteressata, dell’arte che non applica ma continua a trovare, come per caso, ciò che sperava di poter cercare, e una volta trovato non se ne compiace ma lo rende reale.
Francesco Pedrini
Nato nel 1973 a Bergamo / Born in 1973 in Bergamo (Italy)
Formazione / Education
2009
IUAV, laurea magistrale in produzione e progettazione delle arti visive. Venezia.
2007
Accademia G. Carrara di Belle Arti, Bergamo
Residenze artistiche / Artist residency
2005
Arte e luogo, Progetto interculturale di alta formazione artistica: I.F.A. Mbalmayo Camerun
Mostre personali / Solo exhibitions
2012
“Dilemas contemporáneos de lo visual”, Facultad de Derecho de la Universidad de Buenos Aires, Buones
Aires.
“Tornado-forza 12”, Microgallery(Istituto Italiano di Cultura), Tirana. (a cura di / curated by Stefano Romano
e Eri Çobo).
2011
“Fukinagashi, Mosso dal vento”. Pzza Vittorio Veneto, Bergamo. In collaborazione con Libriaparte.
2008
“Rendering Video…”, Tica (Tirana Institute for Contemporary Art), Tirana. (a cura di / curated by Stefano
Romano).
Mostre collettive / Group Exhibitions
2011
“In Esplorazione” (con la presentazione del libro d’artista “In Esplorazione”, curato da
Galleria Martano e Libriaparte in occasione di Artissima 2011) Galleria Martano, Torino.
“Dissipatio HG”, Chistro di Voltorre, Varese.(a cura / curated by Vera Portatadino).
“Padiglione Accademia”, Biennale di Venezia 2011, Arsenale Nuovo, Venezia.(a cura di/ curated by Vittorio
Sgarbi e Carlo di Raco).
“
La Grammatica del Contemporaneo”, Betta Frigieri Arte Contemporanea, Modena (a cura
di / curated by Marinella Paderni).
2010
“Progetti senza soluzione di continuità”, BOOM BOOM ART GALLERY, Carrara.
“(Un)defined”, Merano Arts Festival, Merano.
“Festival dei matti”, Giorgione film festival, Fondazione Buziòl, Cinema Giorgione Teatro Goldoni, Venezia.
.(a
cura di / curated by Marco Bertozzi).
“In between”, arada tra, MSGSÜ Tophane Culter Center, Istanbul.(a cura di / curated by Antony Muntadas).
2009
“anexhibition”, Fondazione Bevilacqua la Masa, Palazzetto Tito, Venezia. (a cura di / curated by Benjamin
Weil).
“4 ways to”, Zenith Gallery, Biennale TICAB Tirana, Tirana. (evento collaterale Biennale di Tirana).
2008
“Tra/Between”, Jarach Gallery, Venezia. (a cura di / curated by Antony Muntadas).
2007
“Reworking Dissent”, Galleri Rotor, Goteborg. Evento satellite della Biennale di Goteborg, Goteborg. (opera in
catalogo).
“Fotografia”, Galleria Manzoni, Bergamo.(a cura di / curated by Andrea Galvani).
“Arteimpresa”, Esposizione/concorso, Bergamo.
2006
“Dissonanze”, Chiostro Santa Marta, Banca Popolare di Bergamo.
2004
“Corpo e Transizioni”, Galleria del Tasso, Bergamo.
2003
“Sound Fetish”, Biennale di Venezia. (opera sonora, acquisita dal Moma di NY). Prodotta e mixata da Steve
Contemporaneo infinito