Diego Tonus – Artist’s Proofs

Informazioni Evento

Luogo
SPAZIO CORDIS
Via Andrea Doria 21/A 37138, Verona, Italia
Date
Dal al
Vernissage
27/06/2019

ore 18,30

Artisti
Diego Tonus
Curatori
Jessica Bianchera
Generi
arte contemporanea, personale
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La ricerca artistica di Diego Tonus si focalizza sulla riproduzione come strumento di indagine per mettere in discussione sistemi di controllo e strutture di potere del nostro quotidiano.

Comunicato stampa

La ricerca artistica di Diego Tonus si focalizza sulla riproduzione come strumento di indagine per mettere in discussione sistemi di controllo e strutture di potere del nostro quotidiano. Sia che l’artista usi il video o la scrittura giornalistica (in cui il montaggio permette di raccontare nuovamente un’esperienza individuale attraverso la sua alterazione), la voce (precise tecniche di tono e modulazione possono influenzare la reazione inconscia dell’ascoltatore) o la performance e la scultura (in cui uno specifico soggetto e la sua storia vengono indagati attraverso la loro replica), la sua ricerca analizza l’equilibrio fra le modalità del racconto e il suo contenuto, mostrando in quanta misura esse siano innanzitutto strumenti di potere e di manipolazione sia del pubblico che dell’oggetto/soggetto.
Artist’s Proofs – a Spazio Cordis dal 27 giugno al 10 agosto 2019 – presenta due serie di lavori tra le più importanti nella ricerca di Tonus: Fragments of a Conversation with a Counterfeiter e Processing Authorities, scegliendo però di ragionare non sulle opere finite, bensì sulle prove d’artista. La mostra invita a interrogarsi sul processo, sul retroscena, sul making of di un’opera, riflettendo così non solo sul concetto di copia come strumento per analizzare un originale (tema centrale di entrambe le serie in mostra), ma anche sul significato del rapporto tra prodotto finale e prova d’artista. Nel lavoro di Tonus il processo creativo e di ricerca che conduce all’opera dura spesso anni e riveste un’importanza fondamentale: un lento processo maieutico in cui non solo si concentrano lo studio empirico e l’indagine sul campo, ma in cui, soprattutto, si realizza il passaggio dalla riflessione intellettuale all’opera, all’esperienza tangibile, al rapporto con l’altro. Per questo motivo gli oggetti prodotti in questa fase rivestono un’importanza cruciale: non si tratta di abbozzi da scartare in favore del risultato finale, ma sono degli ibridi, delle opere vere e proprie che portano con sé i segni del processo di creazione stesso. Sono il primo frutto tangibile della ricerca, i tasselli di un’azione in fieri, capaci di svelare il primo approccio autentico dell’artista con la materia e con la creazione di pensiero. Questi ibridi contengono una tensione che si ritrova nella loro natura potenziale, nel tendere verso l’opera e nell’interrogare il rapporto fra valore artistico/culturale e valore economico dell’opera stessa. In una società fatta di merci e di prodotti finiti, è convenzione non scritta che sull’oggetto finale debba concentrarsi l’intero valore dell’opera, ma di quel lungo processo di osservazione e di quel continuo procedere per tentativi, errori e perfezionamenti, cosa rimane? Che valore hanno l’idea e il suo progressivo farsi e disfarsi? La prova d’artista è soggetto, oggetto o copia ante litteram dell’opera d’arte?
Nel caso di Processing Authorities (2013-2018) distinguere gli originali, dalle copie, dalle prove d’artista è quasi impossibile. Si innesca, in questa matrioska di passaggi successivi, un ambiguo cortocircuito in cui la copia è il prodotto finale di un processo di studio e analisi dell’originale di cui la più vera testimonianza è proprio la prova d’artista. La serie si evolve a partire da un anonimo e singolare gruppo di martelli di legno di proprietà dell'Istituto Internazionale di Storia Sociale (IISH) di Amsterdam. Questi oggetti sono appartenuti a presidenti e capi di commissioni di movimenti rivoluzionari ed emancipatori di tutta Europa (movimenti sindacali, azioni di propaganda, organizzazioni agricole, gruppi religiosi, commissioni contro l’alcolismo, movimenti esperantisti, associazioni sportive, movimenti femministi, per citarne alcuni). Negli anni, molti sono pervenuti in maniera quasi casuale all’Istituto, ma nessuno aveva mai approfondito la loro provenienza e la loro storia. Dopo un lungo periodo di osservazione e studio (sia in archivio sia seguendo le vicende di ogni martello fino a incontrare in alcuni casi i presidenti e i leader dei movimenti che li avevano commissionati o usati per emettere sentenze) e con l’intenzione di mostrarli per la prima volta al pubblico come una collezione, Tonus ha realizzato accurate repliche di 53 martelli, creando non tanto delle copie, ma dei “nuovi originali”, che si costituiscono come una collezione di voci pronte per essere riascoltate, ripensate e ridiscusse sia in quanto opere, sia, soprattutto, in quanto strumenti di esercizio del potere e di rappresentazione visiva dell’autorità. In mostra 10 prove uniche d’artista testimoniano la ricerca dei materiali, lo studio della tecnica di scultura e incisione, la riflessione sul ruolo di questi oggetti silenziosi che portano ancora con sé l’eco di un suono perentorio e definitivo.
Fragments of a Conversation with a Counterfeiter (2018-2019) è invece il risultato di una conversazione sulla trasformazione e il trasferimento di valore che mette in discussione l’assunzione di valore di tempo e spazio in un momento storico di crisi generalizzata. La serie deriva da un presunto dialogo tra Diego Tonus e un falsario (anonimo per ovvie ragioni) in cui emergono pensieri controversi relativamente ai sistemi contemporanei che trattano la definizione del concetto di valore. Ogni opera del ciclo è la traduzione visiva da parte dell'artista di questa conversazione: oggetti, azioni e parole del falsario, frammenti della sua pratica di riproduzione e mimesi del valore originale, allusioni alle modalità di trasporto, alle tecniche di elusione dei sistemi di controllo e soprattutto riflessioni sul suo rapporto con il concetto di unicità. Ogni opera è presentata in co-autorialità con il falsario stesso, di cui estrema sintesi è A moment of darkness, calco 1:1 della sua persona. Appropriandosi del pensiero del contraffattore, del suo agire, delle sue impronte digitali, l’artista mette in discussione il concetto di falsificazione e di proprietà intellettuale, arrivando a registrare le opere della serie come segreti commerciali presso l’Ufficio Benelux per la Proprietà Intellettuale così da poter attivare, eseguire e infine condividere con un pubblico internazionale i segreti che custodiscono. La prova d’artista in questo senso acquista un valore ancora maggiore laddove incarna il lento costituirsi di un rapporto di reciproca fiducia tra l’artista e il suo insolito complice.