Babele: non pervenuta

Informazioni Evento

Luogo
TETHYS GALLERY FINE ART PHOTOGRAPHY
via dei Vellutini, 17r (angolo via Maggio) , Firenze, Italia
Date
Dal al
Vernissage
27/09/2011

ore 18.30

Contatti
Email: info@tethysgallery.com
Artisti
Marco Paoli, Harri Peccinotti, Alessandro Sardelli, Stefano Amantini, Lucia Baldini, Massimo Borchi, Guido Cozzi, Daniele Falletta, Carlo Gianferro, Marco e Saverio Lanza, Sandro Santioli, Sandro Vannini
Uffici stampa
DAVIS & CO
Generi
fotografia, collettiva
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E’ passato un anno da quando tethys gallery ha aperto ufficialmente a Firenze. E oggi con Babele: non pervenuta riassume, attraverso le immagini degli artisti invitati, la ricerca sulla fotografia contemporanea intrapresa in questo breve periodo.

Comunicato stampa

BABELE: non pervenuta
Fotografie di
Stefano Amantini, Lucia Baldini, Massimo Borchi, Guido Cozzi, Daniele Falletta, Carlo Gianferro, Marco Paoli, Pastis, Harri Peccinotti, Sandro Santioli, Alessandro Sardelli, Sandro Vannini, Fabio Zonta

27 settembre – 22 ottobre 2011

inaugurazione: martedì 27 settembre, ore 18.30
(Firenze, Via Maggio 58 r)

comunicato stampa

tethys gallery Fine Art Photography inaugura martedì 27 settembre Babele: non pervenuta, una mostra che raccoglie il lavoro di 13 fotografi: oltre ai tre fondatori di Atlantide Phototravel, Stefano Amantini, Massimo Borchi e Guido Cozzi, ci saranno Lucia Baldini, Daniele Falletta, Carlo Gianferro, , Marco Paoli, Pastis alias Marco e Saverio Lanza Harri Peccinotti, Sandro Santioli, Alessandro Sardelli, Sandro Vannini e Fabio Zonta.

E’ passato un anno da quando tethys gallery ha aperto ufficialmente a Firenze. E oggi con Babele: non pervenuta riassume, attraverso le immagini degli artisti invitati, la ricerca sulla fotografia contemporanea intrapresa in questo breve periodo. Unica galleria privata in città ad occuparsi esclusivamente di questo settore, tethys ospita in quest’occasione alcuni fotografi che già hanno esposto nei suoi spazi, sia in personali che all’interno di collettive, e altri che vi approdano invece per la prima volta. Tutte queste opere andranno a far parte della ricca collezione che la galleria sta via via costruendo.
In questa esposizione, la diversità degli stili e dei temi affrontati darà vita ad una Babele di linguaggi fotografici solo apparente, il cui disegno apparirà chiaro a mano a mano che la somma delle opere andrà a formare un compendio significativo della fotografia contemporanea. Oltre alle opere fotografiche, sarà presentato anche un video realizzato a quattro mani dai fratelli Marco e Saverio Lanza.

I fotografi di Babele

Stefano Amantini, fondatore nel 1991, con Massimo Borchi e Guido Cozzi, di Atlantide Phototravel, agenzia fotografica specializzata nel reportage di viaggio, è presente in questa collettiva con alcuni scatti di White, un progetto dedicato ai paesaggi invernali delle Dolomiti, alla fobia del bianco che le fitte nevicate comunicano, alla forza e alla fragilità, due concetti apparentemente in antitesi, che al tempo stesso questi paesaggi trasmettono. Nata nell’inverno del 2009, nel momento in cui queste montagne sono state nominate patrimonio dell’Unesco, la serie conta attualmente oltre quaranta immagini, che saranno raccolte in futuro in un volume.

Lucia Baldini, fotografa toscana, da sempre porta avanti un suo progetto di ricerca legato all’onirico. Ha lavorato per oltre 12 anni con Carla Fracci e ha collaborato con festival e compagnie di teatro, danza e musica. Si è lasciata coinvolgere dalla cultura del tango che l’ha portata a realizzare quattro libri e grazie all’incontro con Carlo Mazzacurati si è appassionata al mondo del cinema. Le foto esposte da tethys appartengono alla sua Tangomalìa. Di tutte le musiche del Novecento – è stato detto – la più consolatoria è il tango, perché il suo finale è una certezza. E forse sta davvero qui il senso di questa seduzione lunga un secolo. Su questa malìa, i suoi miti, il suo linguaggio, il suo rapporto con la danza, la musica e la poesia, si muovono le foto di Lucia Baldini.

Massimo Borchi, fondatore di Atlantide Phototravel, inizia la sua carriera professionale nel 1987 collaborando con testate italiane ed internazionali e realizzando libri fotografici, pubblicati in numerosi paesi. Negli ultimi anni la sua attenzione si focalizza principalmente sulle realtà urbane. Nella mostra vengono esposte alcune opere tratte da POSTMETROPOLIS, un work in progress che analizza 15 megalopoli contemporanee. Il lavoro vuole interpretare i cambiamenti architettonici e paesaggistici causati dal repentino inurbamento di milioni di persone. Le immagini prendono forma dal territorio fotografato, alla ricerca di segni comuni e facendo provocatoriamente emergere in città spesso lontanissime tra loro le stesse tracce, contraddizioni, visioni.

Guido Cozzi, il terzo dei fondatori di Atlantide, fin da giovanissimo si appassiona alla fotografia, che diventa la sua professione nel 1987. Per l'editoria specializzata ha realizzato centinaia di servizi fotografici di carattere geografico, etnografico e turistico. Oggi alterna campagne fotografiche per i grandi archivi internazionali, a ricerche personali sul territorio, nelle quali sperimenta diversi stili narrativi. Per BABELE: non pervenuta sceglie alcune immagini di Botteghe, una testimonianza sullo stato dell’artigianato fiorentino all'inizio del terzo millennio, tra eccellenza e fragilità. Il progetto consiste nel documentare metodicamente e con stile rigoroso i luoghi di lavoro degli artigiani nella loro quotidianità, senza nessuna manipolazione di oggetti o luci. L'artigiano è assente, anche se se ne intuisce la presenza, la bottega è vuota, silenziosa testimone della graduale rarefazione dei lavori tradizionali e, con loro, della secolare cultura del “saper fare”.

Daniele Falletta, giovane fotografo fiorentino, ha lavorato nel campo della moda e della pubblicità. Accanto a questa professione, ha intrapreso un percorso artistico rivolto al paesaggio e agli aspetti del quotidiano che l’ha portato a sviluppare due progetti in particolare: Linea di confine e Sotto Controllo. Nel primo affronta l’aspetto naturalistico e i grandi spazi, evidenziando la maestosità dei paesaggi, dove l’orizzonte è protagonista e traccia una linea di confine che determina gli equilibri tra cielo, mare e terra, elementi la cui stabilità è fondamentale per garantire la continuità e lo sviluppo dell’uomo e della natura. Il secondo, invece, nasce da una riflessione sulla vita quotidiana, in cui ogni nostra azione è sorvegliata e monitorata senza il nostro consenso e spesso senza la nostra consapevolezza. L’evoluzione tecnologica ha permesso e intensificato le possibilità di controllo sulla vita delle persone: comunicazioni telefoniche, internet, telecamere di sorveglianza, tutto è un potenziale occhio che ci spia. Il progetto fotografico, trasforma persone comuni, immerse nel loro quotidiano, in protagonisti inconsapevoli di queste immagini.

Carlo Gianferro, romano, è un fotografo da sempre attento ai temi sociali legati alle minoranze etniche, alle persone e alle comunità più indifese che ritrae nei loro ambienti domestici con stile rigoroso e inconfondibile. I suoi lavori hanno ottenuto numerosi riconoscimenti internazionali tra i quali il 1° premio nella categoria Ritratto al World Press Photo 2009. Gypsy Interiors è una raccolta di ritratti realizzati tra gli zingari delle comunità Moldave e Rumene che raccontano l'intimità quotidiana di queste allegre, esuberanti, rumorose persone. E' un ritratto corale, collettivo di un popolo che vuole mostrare di essere riuscito a trovare e costruire finalmente un posto e un futuro degno all'interno della nostra società senza perdere i valori tramandati verbalmente e con il cuore dai propri antenati.

Marco Paoli, artista che vive e lavora a Firenze, espone alcune opere tratte dal progetto Ballads, costituito da una serie di immagini ottenute attraverso procedimenti di sovrapposizione di immagini fotografiche e pittoriche. Multiesposizioni e altre tecniche contribuiscono a ridefinire l’immagine di partenza – spesso una fotografia di viaggio – modificandola con successive stratificazioni, velature, ossidazioni fino a farle perdere ogni legame con la realtà iniziale per assumere nuova vita e significato. Come scrive, Philippe Daverio, a proposito di Ballads,“…Sarebbe sbagliato considerare le immagini di Marco Paoli al pari delle sovrapposizioni che ricercava la fotografia d’avanguardia negli anni futuristi di Bragaglia, quando si tentava con la pellicola unica di inseguire il movimento, senza tenere conta del fatto che la pellicola molteplice in successione stava già inventando la cinetica del cinema. È più vicino, il lavoro di Paoli, agli esperimenti parigini del surrealismo quando la coesistenza delle immagini sulla medesima carta apriva la mente a una dimensione che si doveva sviluppare in un’altra realtà. Ma il suo lavoro è sostanzialmente un tentativo ben riuscito di giocare con la confusione della memoria, e come tale è un autentico esercizio poetico.”

Pastis è un progetto nato dalla collaborazione di Marco e Saverio Lanza, al quale lavorano insieme dal 2005. Marco è fotografo, collabora con agenzie e redazioni internazionali, ha esposto in varie mostre in Italia e all’estero, tra le quali al Metropolitan Museum di New York e alla West Zone Gallery di Londra, e ha pubblicato con West Zone Publishing di Londra il libro “The Living Dead”. Saverio è musicista, ha scritto musiche per pubblicità, cortometraggi e per i quattro album della band di cui era cantante e chitarrista. Ha lavorato come arrangiatore e produttore per vari artisti italiani e ha realizzato alcuni album.
Mentre Marco già appendeva fondali nelle città, in spiaggia, nei musei, nelle vetrine, davanti ai quali camminano passanti, inconsapevoli protagonisti di un set fotografico, Saverio registrava le voci e i suoni della strada, di barboni e di immigrati, dando ad essi la sua dimensione musicale, rendendoli anche qui involontari protagonisti. Un modo comune di vedere la realtà che ha permesso a due mestieri diversi di fondersi in una forma espressiva a quattro mani: Pastis. Ne esce una finestra sul mondo ricca di stupore, emozione e senso dell'umorismo che denota un'autentica simpatia per l'umanità e la leggerezza di chi sa scrutare per pura curiosità.

Harri Peccinotti è il fotografo inglese che, a partire dagli anni Sessanta, ha rivoluzionato per sempre la rappresentazione del corpo femminile. Fu il primo ad utilizzare modelle nere per i suoi scatti e, in un celebre calendario Pirelli del 1968, ambientato sull’isola tunisina di Djerba, per la prima volta fotografò il capezzolo di una donna. Personaggio profondamente eclettico, Harri Peccinotti fu musicista, ideatore di copertine discografiche e letterarie, reporter, art director (tra gli altri di Flair e Vanity Fair), pioniere e trendsetter. La sua storia è raccontata nel libro "H.P. Harri Peccinotti”, pubblicato nel 2008 da Damiani Editore. tethys gallery ha ospitato lo scorso giugno una personale di Peccinotti, un excursus dei suoi 40anni di carriera, che ha riscosso un grande successo di stampa e di pubblico.

Sandro Santioli è uno dei fotografi italiani più conosciuti e apprezzati nella fotografia di paesaggio, anche se nel corso della sua lunga carriera si è occupato anche di reportage e fotografia creativa. Ha realizzato oltre 40 mostre personali in Italia, Germania, Francia, Repubblica Ceca, Svizzera e Stati Uniti e partecipato a numerose collettive.
Iceland from above, realizzato tra l’estate del 2009 e quella del 2010, è uno spettacolare ritratto dell’Islanda dall’alto. Le immagini di Santioli testimoniano l'unicità di un’isola, dove il paesaggio sembra quello del giorno della creazione.

Alessandro Sardelli, nato a Firenze, vive e lavora a Mercatale Val di Pesa. Decoratore da quattro generazioni, dopo una lunga esperienza pittorica si avvicina alla fotografia, proseguendo con questo mezzo il suo percorso artistico. In Città nuova, serie fotografica ispirata dal desiderio di riappropriamento dell'esperienza e della tradizione, l'artista studia minuziosamente le componenti dell'architettura fiorentina per poi ripresentarle in composizioni, città nuove appunto, che non perdono di vista l'identità storica della città e che quindi non si abbandonano alla globalizzazione dell'architettura contemporanea.

Sandro Vannini, fotografo professionista dal 1980, vive tra Viterbo ed Il Cairo.
Dopo aver spaziato dai reportage di illustrazione a quelli etnografici, dall’architettura alla montagna, ed aver visto il suo lavoro pubblicato sulle riviste di maggior prestigio, ha iniziato nel 1997 uno straordinario lavoro di documentazione del patrimonio archeologico egiziano che forma oggi il più vasto archivio di immagini sull’Egitto a livello mondiale.
 A secret voyage rappresenta la sintesi di questo enorme lavoro di ricerca e documentazione dove le più avanzate tecnologie digitali, tra cui ricostruzione virtuale e filmati video, rappresentano la nuova frontiera per narrare e descrivere i misteri e gli splendori del periodo faraonico, le forme dell’arte copta ed il fascino dell’arte islamica, fino alle contraddizioni dell’Egitto contemporaneo.
Insieme al celebre archeologo Zahi Hawass, Sandro Vannini ha realizzato una serie di libri fotografici pubblicati in tutto il mondo, quali The Royal Tombs of Thebes, Tutankhamon, Lost Tombs of Thebes e, appunto, A Secret Voyage.

Fabio Zonta, nella sua pluridecennale carriera di fotografo, si è occupato di architetture e oggetti di design, oltre che della documentazione del lavoro di artisti italiani e stranieri, fino ad approdare negli ultimi anni ad una personale ricerca sul tema dell’atomismo democriteo.
Le immagini di Zonta si concentrano sulla ripresa ravvicinata degli elementi naturali che sembrano rappresentare al meglio il continuo esaurirsi e rigenerarsi della vita nei processi riproduttivi. Cactus, Paeoniae e Chrysantema sono i titoli eloquenti delle serie di fotografie dedicate ai fiori omonimi, tutti immortalati nel fugace istante che separa la massima fioritura dal successivo appassimento, mentre in Levità fanno la loro comparsa i soffioni, ancor più effimeri nella loro inconsistenza. Zonta rappresenta i suoi soggetti con una precisione scientifica, gli elementi naturali sono predisposti per un’analisi rigorosa da parte di uno sguardo che s’interroga sui processi della natura. L’oggetto si colloca sempre in posizione di primissimo piano rispetto all’obiettivo, che nel singolo istante dello scatto ne restituisce l’infinita complessità costitutiva, con una definizione cristallina.