Ambiente Dickinson. Poesie sculture nature
A metà tra libro d’arte e testo accademico, la pubblicazione, con le foto delle opere di Matilde Domestico e un saggio di Barbara Lanati, indaga i luoghi in cui visse il “mito di Amherst”, per capire quanto influenzarono la poetessa statunitense.
Comunicato stampa
incontro e presentazione al pubblico del libro "AMBIENTE DICKINSON - poesie, sculture, nature", Ed. Prinp Editoria d'Arte 2.0 con l'autrice Daniela Fargione, l'artista Matilde Domestico, la professoressa Barbara Lanati e l'editore Dario Salani.
A metà tra libro d’arte e testo accademico, la pubblicazione, con le foto delle opere di Matilde Domestico e un saggio di Barbara Lanati, indaga i luoghi in cui visse il “mito di Amherst”, per capire quanto influenzarono la poetessa statunitense.
“Aveva sedici anni, Emily, quando si mise in posa per l’unico ritratto certo di lei esistente, un dagherrotipo del 1846 che ce la consegna seduta su una seggiola, con indosso un abito scuro, i capelli raccolti in una crocchia e un’aria austera. Il braccio destro è posato su un piccolo tavolo rotondo ricoperto da un tappetino persiano su cui giace un libro chiuso. La mano sinistra stringe una rosellina bianca. Un libro, un fiore. I due fattori estremi di un’unica equazione esistenziale.” (Dal capitolo “Il giardino di Emily”).
Ambiente Dickinson, frutto di diverse collaborazioni e intrecci artistici (critica letteraria, poesia, scultura, fotografia), è innanzitutto l’indagine dei vari ambienti in cui visse e operò il “mito di Amherst”, primo dei quali la Homestead paterna, un’enorme casa di mattoni rossi circondata da un ampio giardino. È lì che tra il 1830 e il 1886 si consumò un’esistenza complessa ed enigmatica, capace ancora oggi di generare interrogativi sulle relazioni tra dimora umana, ruoli di genere, natura e scrittura femminile. Tali relazioni, qui affrontate con un approccio ecocritico, intendono dimostrare come la dissacrante poesia di Emily Dickinson fosse un potente veicolo di sovversione della predominante ideologia della domesticità e al contempo sonoro controcanto della retorica del dominio. Ne consegue che, al fine di valutare il suo apporto al discorso sulle interrelazioni tra la natura e la cultura americana del diciannovesimo secolo, occorre collocare la sua opera in una prospettiva di netto contrasto con la tradizione del tempo. Pur non dimostrando mai una piena consapevolezza ecologica, e dunque raramente considerata “nature poet” a tutti gli effetti, Emily Dickinson offrì (come tutti gli ecopoeti secondo le indicazioni fornite da J. Scott Bryson) “una visione del mondo che riconosce il valore dell’interrelazione tra due […] desideri interdipendenti, entrambi tentativi di rispondere all’attuale divorzio tra l’umanità e il mondo più-che-umano”, mondo che la poetessa esplorò dai suoi personalissimi osservatori (le colline e i boschi circostanti, il giardino di casa, la stanza al primo piano) per approdare alla moderna conclusione che tale “conoscibilità” ha limiti che né il patriarcato, né la Chiesa e nemmeno la scienza sono in grado di superare.
(Daniela Fargione)
http://www.prinp.com/?sez=negozio&sub=1&lid=473
http://www.circololettori.it/ambiente-dickinson/