1945 – 1971. Indagini
Tra studi, nature morte, soggetti floreali, tramonti e città, un primo sguardo alla “Collezione Minima”.
Comunicato stampa
Il programma espositivo 2012 di “Arte per Voi” inizia il 10 marzo con una retrospettiva sull’opera di Dante Selva, che reca un titolo piuttosto articolato, corredato di un sottotitolo ancora più esteso: 1945 – 1971. Indagini sull’”Officina” di Dante Selva. Tra studi, nature morte, soggetti floreali, tramonti e città, un primo sguardo alla “Collezione minima”. Entrambi meritano un breve chiarimento, che ha a che vedere da una parte col proseguimento delle ricerche sull’archivio e sulla collezione del pittore, dall’altra con la logica con cui nasce questa occasione espositiva. Intanto, il titolo propone un arco temporale piuttosto ampio – 1945/1971 – che tuttavia appartiene soltanto ad una parte, per quanto significativa dell’attività artistica del maestro, che in realtà va complessivamente dal 1932 al 1976. In secondo luogo ricorre il termine “Officina”, una parola cara al pittore, che prende ad utilizzare continuativamente, come testimoniano le informazioni d’archivio, dall’immediato secondo dopoguerra, in sintonia con l’interpretazione del proprio lavoro come attività artigianale e nello stesso tempo con lo spirito profondamente meditativo che attraversa quegli anni della ricostruzione, che non può però dimenticare né tanto meno rimuovere dalla coscienza l’immane tragedia appena conclusa. È possibile apparentare quella parola in tutta la pervasività del suo valore intellettuale e morale con l’ ”Officina” di Elio Vittorini, anche se - per quanto Dante Selva fosse già in quegli anni un aggiornato e attento cultore della letteratura ‘neorealistica’, oltre che un acuto osservatore della vita politica – nel suo minuzioso archivio non si trova traccia di una ‘affiliazione’ certa.
La documentazione degli esiti del lavoro di riordino della collezione e dell’archivio prosegue in questa occasione, dopo i primi due capitoli, dedicati rispettivamente nel 2004 alla sua “Opera incisa” – indagine che allora ritenevo conclusa, ma che poi si è rivelata ancora provvisoria, per la successiva scoperta di altri materiali, che meriteranno presto un nuovo capitolo – e nel 2006 alla presentazione di una selezione di dipinti di paesaggio, naturale e urbano in “Dal paese alla città”.
La necessaria selezione, operata in fase di allestimento espositivo, vuole essere riassunta per temi nel sottotitolo: Tra studi, nature morte, soggetti floreali, tramonti e città, un primo sguardo alla “Collezione minima”. Tra gli “studi” si intuiscono scorci del suo atelier di via San Francesco d’Assisi, ma appaiono anche ricerche in cui sono affrontate forme geometriche e prossime all’astrattismo. In realtà, se si eccettuano le rare testimonianze di dipinti “en plein air” noti per il periodo che precede il 1945, tutti i suoi temi pittorici, compresi i fiori, i tramonti e le città, sono riconducibili alla nozione di ‘studio’ e sono opere rigorosamente eseguite in studio. Tra le composizioni floreali sono frequenti i tralci fioriti, cui sovente conferiva il titolo di “nocchi fioriti”, tra le cui nodosità per un certo periodo fanno la loro apparizione minute figurine e teste umane e animali; esse sono realizzate in parallelo, tra gli anni Cinquanta e Sessanta con la progettazione in grande di mosaici, per residenze private. Non si può dimenticare che ancora in quel periodo e secondo una tradizione che attraversa la prima metà del XX secolo, gli atelier artistici erano piuttosto comunemente anche luoghi di elaborazione diversificata per una clientela che commissionava indifferentemente, accanto ai dipinti, progetti di arredamento, grafica pubblicitaria o bozzetti per la moda.
In mostra compare anche un ridottissimo campionario di dipintini, per lo più oli su tavolette e ritagli di legno, appartenenti alla “Collezione minima”, che ha esordio consapevolmente programmato a partire dal 13 luglio 1957 per proseguire, in alcune centinaia di opere, fino al 1963 e più saltuariamente l’anno successivo e ancora con una ripresa – una decina di quadretti – nel 1972, pur nell’esiguità della selezione vi si possono cogliere gli aspetti della pluralità dei temi e della loro condivisione con quelli delle opere più grandi e l’opportunità di concentrare nelle dimensioni contenute e talvolta ridotte a pochi centimetri di lato, ricerche di valori cromatici e materici che le approssimano alle suggestioni della pittura informale.
Paolo Nesta