La creatività è un atto ribelle. Intervista al fumettista Alessandro Baronciani
Alessandro Baronciani è il fumettista ospite del nuovo magazine Artribune. Nell'intervista si parla di disegno, di comunicazione, di musica e di ribellione. La sua storia inedita per Artribune, invece parla “solo” di amore

Fumettista e illustratore, cantante di una band punk hardcore, inventore di storie e di modi per comunicarle. Chiamatelo come volete, a noi basta il suo nome: Alessandro Baronciani (Pesaro, 1974). Lo leggiamo da sempre, e ci è sembrato il momento giusto per farci due chiacchiere.
Intervista al fumettista Alessandro Baronciani
Cosa significa per te essere fumettista?
Significa raccontare una storia a una persona che non conosco e che mi legge e mi ascolta come se ci conoscessimo da una vita. Può essere un racconto fantastico, a colori, in bianco e nero, fotocopiato. È qualcosa che tieni tra le mani, in cui entri dentro. Quindi, essere fumettista è uno che entra dentro gli altri.
Sei uno dei fumettisti più amati del panorama italiano: qual è stato l’evento che ti ha fatto avvicinare al mondo della nona arte? Quando è scattata questa passione?
Sicuramente la musica punk, i concerti nei centri sociali, l’autoproduzione. Così ho imparato a fare le cose con il “do it yourself”: se non lo faccio io, chi dovrebbe farlo per me? La passione per il fumetto è nata in edicola, dove ho passato tanti anni a leggere gratis i fumetti. Mi ero fatto assumere all’età di otto anni dall’edicolante e mi facevo pagare in fumetti. Ne portavo a casa uno, ma li leggevo tutti quanti. I miei fumetti preferiti erano Asterix, Dylan Dog, Charlie Brown, e poi un giorno arrivarono in edicola i manga, e con i manga anche Mondo Naif: una serie di solo tre numeri con storie ambientate a Bologna con ragazzi della mia età! È stata un’epifania. Lì ho scoperto Davide Toffolo, che è stata la persona con cui questa passione è diventata un gioco serio.
E la musica in tutto ciò, che ruolo gioca?
Suonando negli Altro ho girato tutta l’Italia. Ho scambiato le mie storie a fumetti fotocopiate (oggi raccolte in Una storia a Fumetti edita da Bao Publishing) con tantissime persone nel giro della musica punk, ancora prima di frequentare festival di fumetti. Suonare era un bellissimo modo per girare l’Italia dormendo nei divani di amici che organizzavano concerti, a volte in casa, altre volte sul palco dove avevamo suonato perché non c’era un altro posto dove dormire. Mi ricordo mille posti diversi: case afose di campagna, divani letto, divani non-letto, bagni sulle scale… una volta abbiamo dormito in un campo di ulivi. Era novembre ed eravamo in tour con i Fine Before You Came in Salento, non si sentiva un rumore intorno a noi, né auto, né sirene. Ho pensato: “Cosa ci faccio qui? Lontano da casa più di 600 km. Come ci sono arrivato qui? Con la mia musica!”.
Quando ho cominciato a pubblicare i libri, ho continuato a girare l’Italia andando per librerie e festival. Spesso in auto, molte volte in treno. Poi con l’auto a metano. E oggi posso dire di conoscere e di avere un ottimo senso di orientamento in quasi tutte le maggiori città e capoluoghi di provincia dello Stivale.

Il fumetto di Alessandro Baronciani
Sin dai tuoi esordi hai amato sperimentare – basti pensare al tuo primo lavoro: una sorta di fumetto postale che gli abbonati potevano scrivere, partecipando in maniera attiva attraverso l’invio di lettere.
Mi piace trovare nuovi modi per raccontare una storia. All’inizio non volevo pubblicare i miei fumetti, volevo trovare dei lettori. E dato che le mie storie non erano storie che un editore avrebbe voluto pubblicare in edicola, ho inventato una specie di abbonamento postale. Chiedevo dei soldi in anticipo e poi spedivo a casa per posta – non elettronica – i miei fumetti. Questo mi ha dato la possibilità di avere dei “follower” quando ancora non esistevano i social. Avevo dei lettori abbonati che mi seguivano per un anno intero. Per me era importante che se qualcuno, per caso, mi trovava a un festival hardcore e comprava una mia storia, io avrei potuto continuare a dargli le mie storie anche un anno dopo! Così ho trovato prima di un editore dei lettori; e quando hai già dei lettori è più facile trovare un editore.
E sono arrivati i libri, quelli veri…
Col tempo sono usciti Quando tutto diventò Blu, e Le ragazze nello studio di Munari, dove la sperimentazione non è stata più nel modo in cui spedire i miei fumetti ma nelle invenzioni che si trovano nel libro. Spesso l’idea veniva da una domanda a cui non trovavo risposta, tipo: perché i fumetti sono sempre stampati con il colore nero? Il mio posso stamparlo con il colore blu? Bruno Munari aveva usato un sacco di invenzioni cartotecniche nei libri per bambini, cosa succede se li inserisco in un libro per grandi? Ho fatto un libro insieme a Colapesce che è stato un viaggio in Sicilia scritto a quattro mani. Girando per le città d’estate, fotografando tutto e inventandoci insieme un modo diverso per promuovere il libro: i concerti disegnati.
Anche pubblicazioni indipendenti?
Esatto, quando ho scritto delle storie poco adatte al mercato editoriale, ho creato un crowdfunding online dove ho venduto il libro ancora prima di pubblicarlo, anzi, prima ancora di disegnarlo. Così sono nati Come Svanire Completamente, Monokerostina e RagazzaCD. Questi libri sono tutti “in scatola”, ora quasi introvabili e a prezzi altissimi nelle aste online; sono stati un vero banco di prova per me, anche a livello editoriale, perché ho seguito tutta la fase di stampa e ho acquisito tante competenze tipografiche e non solo! Ti dico solo che ho dovuto fare un contratto con Poste Italiane per poter spedire i pacchi direttamente dal Centro Smistamento Master – che è il posto dove entrano i furgoni dei corrieri. Io ci andavo con la mia Sandero. Ho fatto amicizia con tutti all’ufficio postale, e il giorno che il direttore è andato in pensione mi ha invitato al rinfresco insieme a tutti gli altri possessori del contratto “grandi spedizioni”! Dalle storie si entra in altre storie e i libri, ancora oggi, hanno nel loro dna un modo per entrare nelle persone.
Fare fumetti nell’epoca di internet
Per fare fumetti oggi, basta essere soltanto bravi a disegnare, o bisogna inventare modi sempre nuovi per comunicare il proprio prodotto?
“Comunicare” e “prodotto” di per sé sono termini commerciali, no? I fumetti sono merce. Le storie dentro i fumetti no. Oggi è molto difficile inventarsi nuovi modi per venire fuori perché una volta c’erano più possibilità – difficili, ma c’erano! Adesso ce n’è una sola, gigantesca, più grande di qualsiasi cosa potessimo avere in passato: si chiama Internet, che ti dà tutto e in modo semplice. Ma lo fanno tutti e lo facciamo tutti lì sopra. E dovevamo capirlo subito che la parola “piattaforma” capovolta si legge “formapiatta”. È quasi tutto indistinguibile e niente rimane nella testa per più di un mese.
E come se ne esce?
Per avere più “comunicazione” e “prodotti” ci devono essere più voci diverse che mandano segnali diversi per avere dei buoni risultati. Perché, oggi, le tue canzoni sono nello stesso streaming dove ci sono Jovanotti, Fedez e i Bad Religion. Mentre una volta un negozio di dischi interessato alla musica indipendente e alternativa riusciva ad avere le copie del tuo disco perché si fidava di un giornalista che scriveva in una rivista musicale alternativa. Oggi ci dimentichiamo anche di mettere “like” a una cosa che ci piace. Per quanto riguarda il disegno: in generale, le nuove generazioni sono molto più brave a disegnare di quanto lo eravamo noi alla loro età.

La scena del fumetto italiano
Sei una delle voci più influenti e trasversali di questa disciplina, dunque la domanda ti spetta: qual è la situazione del fumetto nel nostro Paese oggi?
Domanda difficile. C’è tanta offerta. Tanti manga, tanti libri di autori esordienti. Tantissime cose belle. Ma si sono fermati i lettori. Perché escono così tanti fumetti, tante quante sono le serie tv che escono ogni giorno sui nostri laptop lasciati accesi sopra i letti prima di andare a dormire. I manga, ad esempio, escono a raffica. Si fa fatica a seguire tutte le serie che escono in fumetteria. Se pensi a un quattordicenne, con pochi soldini, che comincia a leggere una serie, al massimo ne comprerà due, mentre ne escono altre venti nuove. E quando c’è tanta roba e si fa fatica a leggere, hai bisogno di una cosa che non esiste più: qualcuno che recensisce! Non ci sono più riviste o blog di appassionati che fanno recensioni, e che dicano cosa vale la pena leggere e cosa no. Ci sono tante persone che “promuovono” fumetti online, mentre non ci sono più persone che danno una lettura di quello che hanno letto con competenza e passione.
La creatività è ancora un atto ribelle?
Sì, la creatività è un modo diverso di vedere le cose. È un disturbo. E di solito chi disturba è un ribelle. La maggior parte delle persone segue un modo lineare con cui si fanno le cose perché si sono sempre fatte in quel modo. Il creativo no, una porta e una finestra al piano terra sono la stessa cosa: dei modi per uscire. A un meeting di fisica, Gianni, bassista degli Altro, e oggi stimato scienziato internazionale, dopo aver risolto un calcolo matematico a una conferenza, si sentì dire da un professore presente: “Tipicamente questo passaggio di calcolo si fa in un altro modo”. Gianni rispose: “Di ‘tipicamente’ non ho niente in testa”.
Il fumetto di Alessandro Baronciani per Artribune
Il fumetto che hai disegnato per Artribune di cosa parla?
Il mio fumetto si intitola Le Ali, Il vuoto. È una canzone d’autunno. Parla di come colmare il vuoto in una persona che chiede a sé stessa come uscire da una relazione. Questa persona è in vacanza. Forse da sola, forse è scappata. Lo chiede a sé stessa, lo chiede all’unica persona che le è rimasta: Chat Gpt. Essere soli in una relazione, essere immersi in questo mare che ti sputa fuori. E trovare un modo nella notte per evadere attraverso la seduzione. Mi piace il grande formato di Artribune, e mi piacciono un sacco gli autori che sono stati pubblicati negli anni. Sono molto contento di finire anch’io qui sopra, in questo formato “grande”.
Alex Urso
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