A Roma 100 opere raccontano l’arte e l’amore tra Antonietta Raphaël e Mario Mafai

A 50 anni dalla scomparsa di lei e 60 da quella di lui, Villa Torlonia dedica alla coppia di artisti del Novecento una grande mostra ricca di ritratti (anche inediti) che raccontano il loro rapporto ben oltre il sodalizio artistico

A cinquant’anni dalla scomparsa di Antonietta Raphaël e a sessanta da quella di Mario Mafai, il Casino dei Principi di Villa Torlonia a Roma con la mostra Un’altra forma di amore vuole rileggere questi due autori, considerati tra i protagonisti delle vicende artistiche del Novecento. Cento tra quadri, sculture e disegni che fanno rivivere l’intenso e complesso rapporto tra i due. Lei s’incarna nel colore, nel sogno, esprime vitalità; lui è luce, è fatto di memoria, è venato di malinconia.

Mario Mafai e Antonietta Raphaël: le ragioni della mostra

Forse è utile ricordare che ci sono state altre retrospettive dedicate a Mario Mafai (Roma, 1902 – 1965) e Antonietta Raphaël (Kaunas, 1895 – Roma, 1975). Basti ricordare quella bresciana del 2005 – Casa Mafai – curata da Fabrizio D’Amico e Marco Goldin. Ai realizzatori della mostra è sembrato importante riprendere il filo del discorso, convinti che il lavoro e la vita di questi due artisti, fosse un patrimonio importante da offrire al pubblico.

La “Scuola di via Cavour” nella mostra a Villa Torlonia a Roma

Mario e Antonietta si incontrano nel 1925. Nel periodo in cui il primo, insieme al compagno Scipione (Gino Bonichi), frequenta la Scuola libera del nudo.
A loro si unisce Antonietta, appena arrivata da Parigi, destinata a svolgere un ruolo decisivo all’interno del sodalizio che passerà alla storia come la Scuola di Via Cavour. Definizione che risale a Roberto Longhi. All’interno del gruppo la vitalità e il coraggio della Raphaël permettono a Scipione di manifestare la sua inclinazione fantastica e visionaria. E, a Mafai, la natura più lirica e interiore della sua arte. 
Raphaël si sente poi attratta dalla scultura e si reca a Londra per consolidare l’ispirazione. E lo può fare staccandosi da Mafai. “Perché se tu sei vicino non ho il diritto di dipingere” – gli scriverà lei nel 1931.

Antonietta Raphael, Ritratto di Mario Mafai
Antonietta Raphael, Ritratto di Mario Mafai

I due ritratti di Mario Mafai e Antonietta Raphaël

Nel Ritratto di Mafai del 1928 di Raphaël, Mario è raffigurato in uno spazio ristretto, con il camiciotto da pittore mentre osserva furtivamente Antonietta. Tutta l’immagine esprime disequilibrio: la posizione pendente della figura del pittore, le pennellate rugose e i colori disarmonici che scavano la superficie. A sua volta anche lui sta delineando a penna il ritratto della compagna appoggiandosi ad un traballante piano di lavoro. Le ginocchia che sembrano toccarsi, l’accentuazione del drappo simile ad un sipario, la statuetta della violinista in precario equilibrio sulla finestrella, la barba lunga e i capelli scomposti di Mafai, accentuano la precarietà della raffigurazione.
Nel ritratto di Antonietta nello studio del 1934 di Mafai, invece, che apre il percorso della retrospettiva, la donna è ripresa come una regina al centro del quadro. Non è il semplice ritratto di un’artista, ma sembra incarnare la seduzione di una donna dominante. Da notare la luce dorata che impregna lo studio dell’artista e scivola sulle opere. Si tratta nel complesso di immagini che raccontano anche altro. Che rivelano tra le righe il loro significato latente. Non mancano lungo il percorso espositivo i due autoritratti del 1928, che dicono molto della coppia: frontale energico, tracimante oltre i limiti della tela, quello di Antonietta; sentimentale, sfuggente di tre quarti, con il palmo appoggiato ad una tempia, il volto di Mario.
“È difficile vivere insieme per due artisti” annota lei nel 1939. E Mafai scrive nel 1942: “quando tu mi dici che non puoi amare niente di più che il tuo lavoro, io ne potrei essere geloso, ma ti capisco e allora si è formata un’altra forma di amore che è piena di armonia venata di sottili nostalgie, e che ha qualche cosa di sublime”.

Le sculture di Antonietta Raphaël in mostra a Roma

Una sala intera è dedicata alla scultura di Raphaël, che dagli anni Trenta si dedica con passione all’arte dello scalpello. Ogni singola creazione nasce da una lenta rielaborazione. Idee concepite in precedenza si concretizzano in pietra o in bronzo venti, trenta anni più tardi. Quindi, più che per un impatto cronologico, la sua scultura si impone per nuclei tematici. Di chi vuole meditare, attraverso il processo creativo, sui momenti significativi dell’esistenza: la percezione di sé, la nascita, i rapporti amorosi e affettivi, la morte, il dolore e la paura.

Mario Mafai, Ritratto di Antonietta
Mario Mafai, Ritratto di Antonietta

Il percorso espositivo della mostra

Con questi focus come premessa, le intenzioni curatoriali hanno strutturato l’iter espositivo in sette sezioni tematiche. La prima ha un’impostazione storica e inquadra i primi importanti anni con le opere di Mafai, Raphaël e due opere del loro collega Scipione. Nella seconda, la sala delle vedute al piano terra, ci sono le sculture di lei, inclusi alcuni inediti ritrovati da poco, che mettono in risalto la tematica del rapporto tra femminile, maternità-creazione e fuga, senza escludere il mito. Tra le opere in mostra anche l’Angoscia n.2 (1936-1963), qui esposta per la prima volta. Nella terza, sempre al piano terra, la sezione Intermezzo musicale con alcune opere a testimonianza della passione condivisa da Antonietta e Mario per la musica, riscontrabile in diverse opere. Come ad esempio, i dipinti Natura morta con chitarra (1928) di Raphaël e La lezione di piano (1934) di Mafai. La quarta propone Una silenziosa sfida. È il momento del confronto tra i due. Anche se condividevano alcuni temi, disegni ritratti autoritratti nudi e nature morte, hanno poi adottato stili divergenti. Soluzioni formali lontane. Nella quinta, la sala centrale del primo piano, si privilegia Mario Mafai e il suo slittamento dal figurativo all’astratto. Dai primi Anni Trenta, alla fase espressionista delle Fantasie. Dalla vena realista dei Mercati del Dopoguerra, alle indagini astratte e informali degli ultimi anni. Se la sesta appartiene ancora lei, con dipinti e sculture per spiegare la sua complessa identità, nell’ultima saletta, infine, si conclude con un suo solo quadro, Mario nello studio (Omaggio a Mafai) del 1966Un’immagine che racchiude tutta l’energia di una vita passata a sfidarsi e amarsi.

Fausto Politino

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Fausto Politino

Fausto Politino

Laureato in Filosofia con una tesi sul pensiero di Sartre. Abilitato in Storia e Filosofia, già docente di ruolo nella secondaria di primo grado, ha superato un concorso nazionale per dirigente scolastico. Interessato alla ricerca pedagogico-didattica, ha contribuito alla diffusione…

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