“Vogliamo fare come l’Italia”. La Spagna vuole abbassare l’iva sulle opere d’arte contemporanea

Quello spagnolo rappresenta il sesto mercato dell’Unione Europea, ma da tempo vive in uno stato di crisi e di perdita di competitività. Il quadro

In Spagna, l’IVA culturale è rimasta al 21%. Dopo l’iniziativa dell’estate scorsa del governo italiano di abbassare il tasso per l’acquisto di beni artistici al 5,5%, dal primo gennaio 2026 anche in Portogallo all’arte sarà applicata un’aliquota ridotta al 6 %. In Spagna, dunque, la questione è complessa per un settore che, sulla carta, rappresenta il sesto mercato dell’Unione Europea, ma che da tempo ormai vive in uno stato di crisi e di perdita di competitività.

 A Madrid la protesta del Consorzio nazionale dei galleristi

Per questo, il Consorzio nazionale delle gallerie spagnole si è riunito a Madrid per lanciare il manifesto Iva cultural Ya!, iniziativa congiunta alla quale hanno aderito più di 1500 artisti, con ampia ripercussione sulla stampa nazionale. Tra i firmatari figurano grandi personalità come Miguel Barceló e Luis Gordillo, e nomi come Ignasi Aballì, Sandra Gamarra e Francesc Torres, che hanno rappresentato la Spagna nelle ultime edizioni della Biennale di Venezia. Nel corso di un’affollata conferenza stampa al Circolo di Bellas Artes, il manifesto è stato letto da Teresa Solar Abbad – giovane artista spagnola con notevole presenza internazionale – e da Jordi Teixidor, figura di riferimento per la pittura astratta e Premio nazionale di Arti plastiche. Tra i partecipanti alla riunione anche Manuel Segade, direttore del Museo Reina Sofia, e Maribel López, direttrice della fiera ArcoMadrid, che hanno espresso il loro supporto morale al settore. 

La pressione dei galleristi sul governo spagnolo per salvare un settore in crisi 

Il nostro è un ennesimo tentativo di far pressione sul governo, affinché anche in Spagna si voti in Congresso una riforma della legge sull’Iva culturale”, spiega Enrique Tejerizo, titolare della Galleria F2 di Madrid insieme a Paloma González e membro della giunta del Consorzio nazionale, che riunisce otto organizzazioni di galleristi di tutta Spagna. La direttiva 2022/542 del Consiglio Europeo permette, infatti, ai Paesi membri di applicare un’aliquota ridotta sull’Iva, tra tante cose, anche di opere d’arte, antichità e oggetti da collezione.“Un paio d’anni fa ci siamo seduti intorno a un tavolo con i rappresentanti del Ministero della Cultura e delle Finanze per discutere del tema. Purtroppo, però, dall’ultima edizione di Arco, nella primavera scorsa, le trattative si sono interrotte” prosegue Tejerizo, di F2. “Siamo rimasti gli ultimi in Europa con una tassazione così alta e subiamo la concorrenza sleale delle gallerie di Paesi come Belgio (Iva al 8%), Germania (Iva al 7%), Francia (Iva al 5,5%) e Italia (Iva al 5%) e fra poco anche dal Portogallo (Iva al 6%)”. Oramai, non si tratta più solo di equiparare l’aliquota Iva tra gallerie e artisti, le cui vendite dirette già da tempo sono tassate solo al 10%. È urgente sostenere un settore che sta affogando per la continua perdita di concorrenzialità e che scivola rapidamente verso l’irrilevanza sui mercati internazionali. 

Il silenzio dei Ministeri della Cultura e delle Finanze spagnoli

Il mondo dell’arte unito accusa il ministero di Cultura di immobilismo e di silenzio, denunciando il disinteresse totale per le arti plastiche nelle scelte politiche della legislatura. Secondo indiscrezioni, però, il ministro Ernst Urtasun, portavoce di Sumar (la sinistra socia del governo Sánchez), sarebbe favorevole all’adeguamento della misura fiscale, mentre a opporsi sarebbe invece il ministero competente delle Finanze. “Sarebbe opportuno che il nostro ministro delle Finanze si riunisse con i suoi omologhi europei, che hanno adottato già tale misura fiscale, per valutarne i pro e i contro anche in ambito nazionale”, suggerisce con toni pacati Luis Valverde, titolare della galleria Espacio Minimo di Madrid. “Nel caso in cui il governo decida di non adottare una misura di sinistra, come l’Iva culturale ridotta, è importante che si spieghino con chiarezza le ragioni di tale scelta”.

Gallerie come centri di produzione culturale

Il manifesto Iva cultural ya! è frutto di una rivendicazione storica, che vede il settore unito per riconoscere pubblicamente l’impegno delle gallerie, che oggi non svolgono solo il ruolo di agenti e commercianti d’arte, ma in molti casi anche di veri e propri centri di produzione culturale, con una programmazione simile ai musei, gratuita e di libero accesso. Come gesto di rottura, Luis Valverde propone infatti che tutte le gallerie spagnole interrompano tale attività culturale e chiudano al pubblico in segno di protesta. “Espacio Minimo rappresenta in Spagna artisti stranieri come la portoghese Ana Vidigal e l’argentina Liliana Porter”, conclude Valverde. “Acquistare opere di Liliana è oggi molto più conveniente farlo dai suoi rappresentanti in Francia, come nel caso di Ana a Lisbona”. 

Una concorrenza sleale ingiusta

La questione non riguarda dunque solo le gallerie spagnole, che non possono più sostenere la concorrenza dei prezzi durante le fiere dell’arte, ArcoMadrid per prima. Sembra, infatti, che alcune gallerie straniere aprano filiali a Madrid, Barcellona o Valencia, dove ai clienti applicano il regime fiscale più favorevole del Paese di origine. “Nel libero mercato della comunità europea, nessuno controlla dove sia avvenuta la vendita…”, commentano dal Consorzio. “C’è poi anche il caso dei musei pubblici, che per affrontare acquisti di opere importanti, talora sono costretti a richiedere vari preventivi di spesa, scegliendo l’offerta più vantaggiosa che, per ovvie ragioni fiscali, non è quella di una galleria spagnola.  In Spagna esiste, del resto, una forte discriminazione anche tra arti visive e altri settori della cultura: “Per esempio, gli spettacoli dal vivo e le arti sceniche investono in produzioni come noi, ma per le loro attività l’Iva è ridotta al 10%”, conclude Enrique Tejerizo, che qualche anno fa è stato anche presidente dell’associazione Arte Madrid. In Spagna tutti, tranne il governo, sembrano capire che una riduzione congrua dell’aliquota Iva beneficerebbe l’intero settore: faciliterebbe le vendite in galleria, aumenterebbe il gettito fiscale dello Stato e genererebbe nuova creatività artistica per il futuro.

Federica Lonati

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Federica Lonati

Federica Lonati

Federica Lonati (Milano, 1967), giornalista professionista italiana, dal 2005 vive a Madrid. Diploma al Liceo Classico di Varese e laurea in Lettere e Filosofia all’Università Cattolica di Milano, si è formata professionalmente alla Prealpina, quotidiano di Varese, scrivendo di cronaca,…

Scopri di più