A San Gimignano c’è uno spazio d’arte indipendente. Con due mostre da non perdere 

Da una parte con un confronto espositivo tra l’opera di Davide Rivalta e Michelangelo Consani, dall’altra la personale del giovane Bekhbaatar Enkhtur: le due mostre di IE edificio 57 offrono prospettive sorprendenti sull’arte contemporanea italiana e internazionale

Se fino ad oggi parlando di San Gimignano, l’associazione mentale più ovvia ci avrebbe fatto pensare immediatamente alla Galleria Continua che qui 35 anni fa ha saldamente piantato le sue radici, IE edificio 57 diventa l’alternativa indipendente e complementare in materia di progettualità espositive in città 

Bekhbaatar Enkhtur, Tempra, installation view a IE edificio 57, San Gimignano, 2025
Bekhbaatar Enkhtur, Tempra, installation view a IE edificio 57, San Gimignano, 2025

Cos’è IE edificio 57 

Nato dall’idea di Michelangelo Consani (che ne dirige la programmazione) di fondere uno spazio espositivo progettuale con una sorta di prolungamento del proprio studio e con lo scopo di creare un dialogo diretto non solo tra le opere esposte ma lasciando emergere i rapporti di amicizia, stima e complicità sottesi all’ormai ventennale avventura tra i sentieri impervi dell’arte di Consani. IE è la traduzione in morfema del suono di una parola o meglio un kangji che in Giappone è usato per descrivere la casa inquanto edificio, immobile, struttura, e non come luogo degli affetti familiari. IE edificio 57 prende vita e forma occupando gli spazi di una classica abitazione medievale, una sorta di casa torre, formata da piccoli volumi abitativi sovrapposti tra loro, un ambiente caldo e accogliente che restituisce le atmosfere di quella che un tempo doveva essere la vita in questo luogo.  

Personal Jesus. La mostra di Davide Rivalta e Michelangelo Consani a San Gimignano 

Personal Jesus, questo il titolo del progetto espositivo preso in prestito da una hit del 1989 dei Depeche Mode ispirata nella genesi e nei riferimenti alla storia di Elvis e Priscilla Presley. Il brano mette in luce un aspetto molto importante legato alle relazioni sociali e più precisamente a quelle amorose, tant’è che il Gesù citato non è necessariamente il simbolo religioso ma “l’altro”, qualcuno che può assurgere a ruolo di guida, punto di riferimento o finanche elemento salvifico e di speranza. Varcando la soglia d’ingresso, l’unico rumore è quello dello scricchiolio del pavimento in legno al passaggio dei visitatori, l’atmosfera è raccolta e attraverso un’arcata per un terzo murata, per rinforzare il piano superiore, scorgiamo la prima opera. 

Michelangelo Consani, A Specific Weight to Lift, installation view a IE edificio 57, San Gimignano, 2025
Michelangelo Consani, A Specific Weight to Lift, installation view a IE edificio 57, San Gimignano, 2025

L’opera di Michelangelo Consani da IE edificio 57 

Un Cristo di bronzo, sospeso con due cavetti d’acciaio ad una di quelle strutture metalliche solitamente utilizzate per sostenere il dondolo da giardino, senza braccia e privato della croce che si offre inerme allo spettatore. Il titolo dell’opera è Un peso specifico da sollevare (A Specific Weight to Lift) di Michelangelo Consani (Livorno, 1971), fusione in bronzo di un Cristo che ha “dismesso” la croce per ri-farsi uomo, proiettandosi quasi in una dimensione atletica, instagrammabile che lo rende umano. 

Davide Rivalta, Chimpanzee, installation view a IE edificio 57, San Gimignano, 2025
Davide Rivalta, Chimpanzee, installation view a IE edificio 57, San Gimignano, 2025

L’opera di Davide Rivalta da IE edificio 57 

Dalla parte opposta, invece, una presenza silenziosa ma copiosa che sembra osservarci attentamente, si tratta di un’altra scultura in bronzo, uno Chimpanzee accovacciato di Davide Rivalta (Bologna, 1974) che pare volerci interrogare rispetto alla situazione nella quale ci siamo trovati. L’animale seppur ripreso in una posizione “classicamente” in linea con la specie, assume un atteggiamento antropomorfo che incontra il Cristo fatto uomo, innescando un dialogo serrato fatto di riflessioni profonde che vanno a smuovere quei concetti tanto cari alla religione quanto alla scienza fino a creare in questa direzione un cortocircuito di senso tra le opere. Ne emerge un intreccio di significati che ribaltano il folle esercizio artistico subordinandolo ai contingenti accadimenti odierni, dove l’assenza di cultura, di pensiero e di riflessione critica del nostro tempo, mescolata all’egoismo individuale si ibridano ad un quadro desolante di un’umanità che all’uso della terra ha sostituito l’usura, e al rispetto dell’uomo il diritto della forza. La storia (che si ripete) a questo punto ribolle, come sempre accade quando il suo artifex, l’uomo, regola la sua vita sul registro animale. 

Bekhbaatar Enkhtur, Mangusta, installation view a IE edificio 57, San Gimignano, 2025
Bekhbaatar Enkhtur, Mangusta, installation view a IE edificio 57, San Gimignano, 2025

Tempra. La mostra di Bekhbaatar Enkhtur a San Gimignano 

Al piano superiore dell’edificio invece si dipana la mostra di Bekhbaatar Enkhtur (Ulaanbaatar, 1994) a cura di Gabriele Tosi. Il percorso espositivo presenta una serie di nuove opere realizzate per l’occasione che fondono simboli comuni della superstizione o della fortuna con simboli di fede piuttosto che a quelli laici, filtrati da una sensibilità mistica tipicamente orientale per mettere a nudo i modi in cui gli esseri umani cercano di comprendere il mondo che li circonda. Partendo da un racconto antico, forse inventato, l’artista mette in scena il proprio immaginario fortemente influenzato da credenze e mitologie che attraversano la logica e il pensiero razionale. Perciò se Inalchuq, governatore di Otrar (una delle più fiorenti Vie della Seta 1218-30) prende forma di un delicato disegno su un piccolo foglio d’argento, le due lamine di ottone lavorate con la tecnica dello sbalzo vengono informate da un disegno di Serpente l’una e di una Mangusta l’altra. Entrambi gli animali, originari dell’Asia e dell’Africa appartengono in maniera importante alle simbologie tibetane, tant’è che se il serpente è simbolo di cattiveria, tradimento, peccato ma anche di rinascita e rigenerazione; la mangusta (uno dei pochi predatori a resistere al veleno dei serpenti) assurge a simbolo di astuzia, coraggio, ricchezza materiale e spirituale. Nella sala accanto invece altre due sculture realizzate stavolta con cera d’api impastata con la sabbia da lettiera del gatto, riportano la pratica dell’artista ad una dimensione più intima legata alla quotidianità domestica, alla ritualità ma anche alla laboriosità operaia delle api. Significati e significanti che insieme ai materiali e agli accadimenti del caso diventano segni di espressione per ciò che potenzialmente è inesprimibile. 
 
Gino Pisapia 

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Gino Pisapia

Gino Pisapia

Classe 1981, Gino Pisapia è critico d’arte e curatore indipendente, indaga e si occupa di ricerca sulle ultimissime esperienze artistiche, vive e lavora a Firenze. Nel 2006 si è laureato in Storia dell'arte Contemporanea all'Università di Napoli, nel 2007 ha…

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