Al Guggenheim di Venezia la prima grande mostra dedicata alla produzione ceramica del grande Lucio Fontana. Il video
Si intitola “Mani-Fattura: le ceramiche di Lucio Fontana” la mostra che segna una tappa fondamentale per la rilettura dell'artista italo-argentino, riunendo circa settanta opere provenienti da importanti collezioni private e pubbliche
Attraverso un percorso che abbraccia quattro decenni e due continenti, il progetto espositivo Mani – Fattura: le ceramiche di Lucio Fontana, ospitato negli spazi della Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, invita a scoprire l’altro volto dell’artista dei celebri “tagli”. Curata dalla storica dell’arte Sharon Hecker, la mostra riunisce circa settanta opere provenienti da importanti collezioni private e pubbliche (e visibile sino al 2 marzo 2026).
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La mostra sulle ceramiche di Lucio Fontana alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia
Noto per le tele spazialiste che hanno rivoluzionato il concetto di pittura, Lucio Fontana trovò nella ceramica un terreno di sperimentazione. Fin dagli Anni Venti, tra Argentina e Italia, l’artista sviluppò un linguaggio che intrecciava arte e artigianato, tradizione e modernità. L’argilla, con la sua duttilità e vitalità primordiale, divenne per il medium ideale per un dialogo fisico e diretto con la materia. Le sue ceramiche rivelano una tensione costante tra gesto e forma, tra controllo e spontaneità. In opere come Ballerina di Charleston (1926) o Medusa (1938-39), la materia si fa viva, intrisa della stessa energia che Fontana avrebbe poi canalizzato nei suoi Concetti spaziali.

Lucio Fontana: un percorso tra storia e tecnica a Venezia
Ogni periodo riflette un diverso contesto storico e culturale: l’Italia fascista degli anni Trenta, l’esilio argentino durante la guerra, il ritorno nel dopoguerra e il dialogo con l’architettura e il design della Milano in ricostruzione. Sculture, fregi, oggetti d’arredo e piatti decorativi si alternano in un racconto che mette in luce la molteplicità della sua ricerca. Il film Le ceramiche di Lucio Fontana a Milano, realizzato dal regista Felipe Sanguinetti, accompagna la mostra e guida lo spettatore tra le opere site specific concepite dall’artista per edifici milanesi, restituendo la dimensione pubblica e urbana del suo lavoro.
L’argilla in Fontana è contenitore di sperimentazione vitale
“Fra il suicidio e il viaggio ho scelto il secondo…” scriveva Fontana, e la ceramica rappresentò per lui quel viaggio incessante nella vita e nella materia. In Mani-Fattura emerge un artista intimamente umano, che trova nell’atto di modellare la creta un modo per riaffermare la propria presenza nel mondo. Le sale dedicate ai ritratti femminili – da Teresita Rasini a Milena Milani – rivelano la componente affettiva e tattile della sua pratica, mentre la varietà delle superfici, lisce o graffiate, smaltate o grezze, testimonia una libertà inventiva che supera le convenzioni. Come sottolinea la curatrice Sharon Hecker, “l’argilla in Fontana è contenitore di sperimentazione vitale, di molteplicità e fertilità”.
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