Dopo quasi due anni, il Padiglione Italia di Massimo Bartolini alla Biennale fa ancora parlare di sé (riflessioni sul catalogo) 

Massimo Bartolini e Luca Cerizza tornano sul loro Padiglione Italia della Biennale Arte di Venezia 2024, curando un catalogo in due movimenti e invitando di nuovo all’ascolto

Quando il Padiglione Italia aprì le porte a Due qui/To Hear durante la Biennale Arte 2024, molti misero istintivamente a confronto l’apparente vuoto della prima tesa con l’intensità visiva che aveva caratterizzato il lavoro dell’edizione precedente, firmato da Gian Maria Tosatti ed Eugenio Viola. La rarefazione di Massimo Bartolini – attraversata da una lunga canna d’organo sulla cui estremità aleggiava la figura pensante del Bodhisattva – si opponeva alla densità industriale della fabbrica evocata da Tosatti. Due maniere antitetiche di riempire lo spazio, entrambe capaci di imprimersi come esperienze profonde, in edizioni consecutive, una rara continuità qualitativa nella storia recente del Padiglione Italia. Eppure, al di là dell’impatto immediato dato dalle due soglie, la partecipazione di Bartolini e Cerizza si articolava ben oltre la dialettica fra pieni e vuoti. Il progetto si espandeva infatti nel Giardino della Vergine attraverso un programma pubblico esteso per tutta la durata della Biennale: performance, letture, incontri, momenti d’ascolto collettivo. Parallelamente, la dimensione editoriale accompagnava la mostra fin dal suo avvio. Una guida pubblicata da Electa – arricchita da poesie, favole e storie – introduceva il visitatore al percorso espositivo. A questa seguirono gli spartiti delle musiche concepite per il Padiglione, restituendo l’importanza centrale del suono nel lavoro di Bartolini. Il catalogo edito da Quodlibet nel 2025 arriva come ultima tappa di questo sistema di propagazioni: una sorta di terza (o quarta) tesa, un’ulteriore estensione del Padiglione che si deposita nel tempo lungo dell’editoria. 

Massimo Bartolini, Audiance for a tree, 2024
Massimo Bartolini, Audiance for a tree, 2024

Come suonano il La e il La bemolle sulle copertine del catalogo del Padiglione Italia 2024 

I due volumi che compongono il catalogo riprendono la struttura bipartita del Padiglione: due corpi distinti in stretto dialogo, come le due Tese della Vergine. Anche la scelta cromatica rinvia direttamente all’allestimento. Il verde e il viola sulle due copertine, che nel Padiglione accompagnavano e orientavano lo sguardo del visitatore, derivano dalla corrispondenza fra frequenze sonore e colori proposta da Alexander Scriabin nel 1911; nella sua tavola, infatti, il La e il La bemolle – entrambi centrali nel lavoro di Bartolini – trovano la loro traduzione in queste due tonalità. La stessa coppia cromatica ritorna all’interno dei libri, non come semplice accento grafico, ma nel colore dei testi, applicando al dispositivo editoriale la logica sinestetica da cui era guidata la costruzione dell’intero progetto. 

Due qui/To Hear, copertina
Due qui/To Hear, copertina

Volume primo: Due qui/To Hear 

Il primo dei due volumi è dedicato alle opere del Padiglione Italia e raccoglie gli apparati che ci si aspetta da un catalogo di mostra: le immagini degli interventi nelle due Tese, la pianta del Padiglione, l’elenco delle opere con tutte le loro caratteristiche. Nelle fotografie emerge con chiarezza quella trama di simmetrie percepibile anche dal vivo. È particolarmente evidente nella grande installazione Due qui (2024), nella quale i tubi innocenti compongono le canne di un organo diffuso in una geometria memore dei giardini barocchi all’italiana. A questi contenuti si affiancano una serie di testimonianze degli autori che hanno accolto l’invito all’ascolto. Sono testi brevi e registrano l’esperienza senza interpretare l’opera. David George Haskell descrive con precisione la presenza del Bodhisattva: “La testa è leggermente inclinata in avanti e una gamba poggia sull’altra, nella posizione del mezzo loto. La mano destra è sollevata. In segno di benedizione? […] Intorno a me una folla di visitatori. Il bodhisattva assorbe l’energia irrequieta e ingorda delle fotocamere dei cellulari”. Carlos Basualdo introduce invece l’idea che il Padiglione non sia governato da un percorso lineare: “[…] l’artista ha spiegato che non c’è un itinerario univoco nella mostra, ed è pertanto possibile accedere anche dal giardino o uscire dalla sala dove si trova la statuetta del bodhisattva. Immagino che questa scelta abbia a che fare con una concezione ciclica del tempo […]”. Le descrizioni dell’infrastruttura fisica dell’installazione sono puntuali, ma ogni voce si inoltra poi in una diversa modalità di ascolto dell’esperienza sonora: c’è chi ne registra l’effetto su di sé, chi osserva come il suono modifichi la dinamica collettiva del pubblico, chi si concentra sulla qualità quasi respirante dello spazio. Il volume si chiude con il testo del curatore, Luca Cerizza. Anche qui lascia il passo al visitatore prima di proporre una sua lettura, e introduce il Padiglione raccontando la performance Audience for a Tree (2024), nella quale “[…] una cinquantina di persone di diversa età sono state “piantate” nella terra fino alle caviglie, a formare un cerchio intorno a un grande ciliegio”. 

Due qui/To Hear, If we only had ears, copertina
Due qui/To Hear, If we only had ears, copertina

Volume secondo: If only we had ears 

Il secondo volume si apre con un testo di Luca Cerizza nel quale viene ripercorsa la pratica di Bartolini a partire dalla sua relazione con l’ambiente naturale, mediata dal suono e dalla musica. Da qui prende corpo la struttura del libro, modellata sul public program sviluppato durante Due qui/To Hear. Le quattro sezioni che lo compongono – non una documentazione puntuale, ma un’antologia costruita nello spirito di quel programma – raccolgono materiali eterogenei: conversazioni, interventi e poesia ampliano il campo di riflessione e danno voce a chi l’artista ha scelto, coerentemente, di ascoltare. La prima sezione, “Politica dell’ascolto”, mette a fuoco l’ascoltare-in-relazione all’altro e la sua centralità nei processi dialogici e democratici. “Fiducia nello sfondo” interroga invece il nostro rapporto con la natura, quel suo emergere quando ci si dispone a una postura passiva e più ricettiva. “Meditazione in-azione” concentra l’attenzione sul movimento inverso: ciò che accade quando l’orecchio si orienta verso l’interno. L’ultima parte, “Fai per me”, affronta i dispositivi storici e contemporanei da cui, come reminiscenze, sono modellate le macchine sonore di Bartolini. Tra una sezione e l’altra compaiono opere dell’artista riunite per affinità e non secondo un criterio cronologico, ricordando come ciascuno dei nuclei tematici trova riscontro nelle traiettorie del suo lavoro. In questo modo il secondo volume non si limita a conservare il Padiglione nel tempo, ma restituisce la logica aperta del progetto, per cui l’ascolto è pratica condivisa e dispositivo critico. 

Mattia Caggiano 

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Mattia Caggiano

Mattia Caggiano

Mattia Caggiano (Asti, 1999) è un giovane critico e teorico dell'arte, con base a Venezia e Torino. Il suo lavoro si concentra su temi legati all'installazione ambientale e all'interazione tra l'opera d'arte e il contesto circostante. Attraverso un approccio ricco…

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