A Taipei c’è una biennale d’arte che approfondisce il “desiderio”. Nelle sue mille sfumature
La Biennale dell’isola di Taiwan, quest’anno giunta alla 14° edizione e intitolata Whispers on the Horizon, intreccia passato e presente, creando un dialogo tra le opere dei 54 artisti invitati e una selezione di quelle custodite nella collezione del Taipei Fine Arts Museum che la ospita
Dedicata a una riflessione sui temi del desiderio, della memoria e della transizione, e ispirata alla complessa storia di Taiwan, segnata dal dominio coloniale, dalle identità mutevoli e dalle radicali trasformazioni politiche, la 14° edizione della Biennale di Taipei, curata da Sam Bardaouil e Till Fellrath, intitolata Whispers on the Horizon, accoglie 54 artisti provenienti da 35 Paesi negli spazi del Taipei Fine Arts Museum.
Il concept della 14° Biennale di Taipei
Nel concepire Whispers on the Horizon, i curatori si sono ispirati a tre oggetti letterari e cinematografici che fanno parte dell’immaginario collettivo degli abitanti di Taiwan: una marionetta dal film The Puppetmaster (1993) di Hou Hsiao-Hsien, un diario dal racconto My Kid Brother Kangxiong (1960) di Chen Yingzhen e una bicicletta dal romanzo The Stolen Bicycle (2015) di Wu Ming-Yi. Oggetti evocati in quanto rappresentativi delle memorie di ciò che è stato perso, preso o lasciato indietro; che ricordano come il desiderio abbia a che fare tanto con l’assenza quanto con la presenza, con ciò che cerchiamo e con ciò che già portiamo dentro di noi. Come indicato dal titolo il tema di quest’anno indaga il desiderio in quanto pulsione umana duratura che si spinge oltre il possibile, sapendo che non reggerà mai, e che tuttavia si rifiuta di cedere. Il filo che collega il desiderio all’immaginazione e al cambiamento è insieme personale e collettivo, fragile e ribelle. In particolare, questa Biennale esprime il desiderio di parlare del futuro con un tono di silenziosa insistenza piuttosto che di proclamazione aperta. Whispers (sussurri) evoca la fragilità della comunicazione: voci che resistono anche nel silenzio, storie che persistono nonostante la cancellazione. Horizon (orizzonte) segna il confine tra ciò che è noto e ciò che si spera. Insieme, suggeriscono che il più debole mormorio può ridisegnare la distanza e il più piccolo gesto può rimodellare il modo in cui immaginiamo il mondo.

La mostra al Taipei Fine Arts Museum di Taiwan
Dipinti, sculture, installazioni, opere su tessuto, video; la Biennale esplora vari linguaggi espressivi amalgamati in un una composizione allestitiva che ha l’ariosità di un giardino zen oscillante fra sogno e realtà. La prima parte della Biennale è dedicata a opere che esplorano le profonde connessioni tra dedizione, memoria e resilienza. Lavori che riflettono su come conservare la memoria, sottolineando anche il valore della tradizione artigiana in tal senso. Tra questi, la francese Sylvie Selig, nei suoi ricami, reinterpreta temi mitologici legati alla metamorfosi; mentre il tailandese Korakrit Arjunodtawchai crea uno spazio rituale immersivo in cui lutto, memoria e fede si intrecciano e coesistono tra suoni e luci scintillanti. Nella seconda parte l’attenzione della mostra si focalizza su temi quali modernità, rappresentazione e appartenenza condivisa. Le opere esposte ripercorrono come la storia dell’arte moderna sia stata plasmata da un desiderio di percezione, interpretazione e connessione; fra i lavori più significativi figurano i luminosi dipinti paesaggistici di Chen Cheng-po (1895-1947), realizzati negli Anni Venti e Trenta, che presentano il paesaggio mutevole di Taiwan al crocevia di epoche e incarnano un dialogo fra tradizione locale e modernità globale. Infine, il percorso si chiude indagando il corpo inteso come il mezzo della testimonianza e della possibile trasformazione; significativa la fotografia Secret Talk (1956) di Hsu Ching-po (1930-2021) che nella Cina maoista ritrae due uomini in circospetto dialogo, con una bicicletta che li separa e al tempo stesso li avvicina, riflettendo i temi ricorrenti della ricerca e della perdita.
L’allestimento chiaro e inclusivo della Biennale di Taipei
L’architettura espositiva, appositamente concepita per questa edizione, prevede divisori tessili al posto di pareti solide. Elementi sospesi che fungono da soglie permeabili, disposti in modo da consentire la visuale tra le gallerie e creare un ritmo di visibilità e connessione. Questa strategia spaziale riecheggia le sottocorrenti tematiche della Biennale, invitando il visitatore a un’esperienza fluida e contemplativa. Inoltre, testi concisi alle pareti agevolano la visita, offrendo al pubblico un contesto chiaro e una spiegazione per ogni opera, e rendendo, al contempo, accessibile il concept alla base dell’esposizione.
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Biennale di Taipei: l’occasione per creare un dialogo tra passato e presente
La Biennale intreccia opere contemporanee con quelle della collezione del Taipei Fine Arts Museum; circa trenta di queste sono infatti distribuite lungo il percorso della mostra, in dialogo sia con nuove commissioni sia con le opere già esistenti. Un’ampia selezione di fotografie che copre il periodo fra gli Anni Trenta e Ottanta del Novecento costituisce un sottile filo conduttore che attraversa la Biennale, riecheggiandone i tre punti di partenza concettuali: il burattino, il diario e la bicicletta. Le opere della collezione creano le altre risonanze formali e tematiche; dimostrando di essere non semplici reperti storici, ma elementi in grado di suscitare il desiderio nelle sue varie sfumature, unendo continuità e trasformazione. Un approccio curatoriale che promuove un dialogo intergenerazionale fra coloro che hanno plasmato il panorama culturale di Taiwan e coloro che, con lo stesso spirito d’indagine, affrontano la realtà contemporanea.
Niccolò Lucarelli
Taipei // fino al 29 marzo 2026
Whispers on the Horizon – 14a Biennale di Taipei
TAIPEI FINE ARTS MUSEUM
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