A Bologna nello storico Palazzo Bentivoglio c’è una grande voliera con decine di bozzoli di falene
Il progetto è opera dell’artista Giorgio Andreotta Calò invitato dall’istituzione a presentare il mediometraggio ΊΚΑΡΟΣ (Icarus) che racconta l’attività di una colonia di falene ristabilita dall’artista in un padiglione dismesso all’interno del complesso zoologico di Emmen nei Paesi Bassi

Dopo gli artisti John Giorno, Ugo Rondinone e Riccardo Benassi l’estate di Palazzo Bentivoglio a Bologna inaugura con otto serate di proiezione dedicate al mediometraggio ΊΚΑΡΟΣ (Icarus) (2020-21, 30’23”) di Giorgio Andreotta Calò (Venezia, 1979). Così, dal mercoledì al sabato dalle 20 alle 23 fino al 21 giugno 2025, il pubblico è invitato ad accedere a un angolo normalmente nascosto dell’istituzione di origine quattrocentesca, dove si trova una piccola porzione di giardino acquisita di recente e non ancora restaurata.
L’artista Giorgio Andreotta Calò a Palazzo Bentivoglio di Bologna
Qui, tra piante rampicanti e una struttura destinata allo smantellamento, Andreotta Calò ha costruito una voliera temporanea destinata a decine di bozzoli di falene che completeranno la loro metamorfosi nei giorni della proiezione. ΊΚΑΡΟΣ (Icarus), infatti, racconta, l’attività di una colonia di falene ristabilita dall’artista in un padiglione per farfalle dismesso da tempo all’interno del complesso zoologico di Emmen, nei Paesi Bassi. Seguendo le parole dell’entomologo Enzo Moretto e del giovane autodidatta Bart Coppens, Andreotta Calò legge nel rapporto fra maestro e apprendista e nel ciclo metamorfico dei lepidotteri la narrazione del mito di Dedalo e suo figlio Icaro.






La metamorfosi tra mito e realtà nell’opera di Giorgio Andreotta Calò
“La scelta di presentare Ίκαρος (Icarus) negli spazi di nuova acquisizione di Palazzo Bentivoglio coincide con la transitorietà del luogo. Così come nella metamorfosi narrata nel film, anche lo spazio si trasforma in un’espansione del racconto visivo, facendo del giardino una metafora del logos dove ha origine il racconto”, spiega l’artista.
Uno spazio liminale nell’opera di Giorgio Andreotta Calò
Al calare del sole, proprio quando le falene si attivano attratte dalla luce, il pubblico si trova in uno spazio liminale, dove realtà e mito si confondono. È un momento di passaggio, tra giorno e notte, veglia e sogno. E proprio in questa zona d’ombra, tra il possibile e l’apparente, emerge il racconto del volo e della caduta, della conoscenza e dei suoi pericoli. L’opera diventa così la chiave con cui osservare il presente, in un dialogo continuo tra elementi naturali e simbolici. Le falene, con il loro ciclo di trasformazione, incarnano l’eterno ritorno della vita e del rischio, del desiderio di andare oltre i confini imposti.
Caterina Angelucci
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati