Da Ordet a Milano la mostra di un artista “invisibile” curata da un artista
Vecchie lenzuola usate come tele, colori autoprodotti e pennellate dense: così si presentano le opere di Luigi D'Eugenio, l'artista misterioso protagonista nello spazio milanese. A curare il progetto è l'artista Roberto Cuoghi

A inaugurare il nuovo spazio di Ordet a Milano lo scorso 19 febbraio furono le opere di Cosima von Bonin (Mombasa, 1962), approfondendo i temi dell’alienazione, di genere e dell’eccessiva serietà del mondo dell’arte attraverso un approccio multidisciplinare. Dopo di lei, ad abitare gli ampi spazi dell’ex garage in Via Filippino Lippi 4 è LGUDGN71R23D341C, il progetto espositivo che vede protagonista Luigi D’Eugenio, artista contraddistinto dalla sua invisibilità, lavorando da anni nei 25 mq della sua casa – studio senza avere contatti col mondo esterno. Curata da Roberto Cuoghi, la mostra “avviene per tacito consenso, senza aver coinvolto l’autore”, riunendo una selezione di opere pittoriche realizzate tra il 2021 e il 2025 (e visibile sino al 14 giugno).
Chi è Luigi D’Eugenio?
Di Luigi D’Eugenio non sappiamo nulla, se non il suo codice fiscale che dà il titolo alla mostra nel rinnovato spazio espositivo milanese.
“Un uomo che non ha curriculum, che non ha un mercato e che non lo cerca”, si legge nel testo di accompagnamento alla mostra che porta la firma di Cuoghi. Un personaggio che ha pieno controllo dei suoi strumenti e della sua ricerca.
A contraddistinguere la pratica di D’Eugenio è la sua meticolosa routine, ovvero: preparare i colori autonomamente, utilizzare scampoli di vecchie lenzuola a cui sutura la trama con una pellicola di plastica idrosolubile (tecnica che si usa nel ricamo) e attingere nel suo archivio digitale per dipingere. Internet è la sua unica finestra sul mondo, dove osserva e scandaglia ogni tipo di immagine per poi riprodurla.






La mostra di Luigi D’Eugenio da Ordet a Milano
Una donna abbandonata su un divano con una coperta che la avvolge parzialmente, il frame di un video che inquadra il vagare di un cervo in un bosco, il volto di una donna che per metà sorride e per metà è triste. Queste sono solo alcune delle opere che animano i grandi spazi di Ordet. Dipinti scollegati tra loro ma con un denominatore comune: la lentezza della resa.
Una rassegnazione alla vita corrotta e convulsa del mondo esterno, portando tutti a essere omologati e superficiali. Con questa mostra è come se Luigi D’Eugenio invitasse il pubblico a fermarsi e a perdere la concezione temporale e spaziale a cui è abituato, perdendosi nella trama delle pitture cariche di pigmento e di angoscia, la stessa che “da trent’anni l’artista mescola al suo lavoro”, come sottolinea il curatore Roberto Cuoghi.
Luigi D’Eugenio: un artista scollegato dalla realtà ma in connessione con le angosce della contemporaneità
“C’è stata per qualche giorno la possibilità di fare una mostra antologica che avrebbe chiarito qualcosa della complessità del suo lavoro, ma ai vostri curatori preferiti piace cadere sempre in piedi e a Luigi manca qualsiasi entusiasmo promozionale”, spiega ad Artribune Roberto Cuoghi, curatore della mostra. “Avrebbe potuto vendere la mostra almeno tre volte, invece mi ha chiesto come fa a riprendersi i dipinti che abbiamo intelaiato. Gli ho detto che basta togliere le graffette sul retro”.
Valentina Muzi
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