Gli italiani della Galleria Continua festeggiano i loro primi 20 anni in Cina
In concomitanza con il Gallery Weekend Beijing 2025 e per il suo ventesimo anniversario nel Paese, lo spazio diretto da Luna Peng Yongyi tiene una grande collettiva di artisti cinesi, italiani e internazionali. Ne parliamo con lei, facendo il punto sul lavoro fatto in questi due decenni per avvicinare i due mondi

Era il 2005 quando Mario Cristiani, Lorenzo Fiaschi e Maurizio Rigillo, spinti dalla grande amicizia e reciproca stima con l’artista cinese Chen Zhen (Shanghai, 1955 – Parigi, 2000), sbarcarono con Galleria Continua a Pechino. La scelta ricadde sul nascente 798 Art District, e la galleria di San Gimignano aprì all’interno di un ex spazio industriale Anni Cinquanta di mille metri quadri (e 13 metri di altezza), la cui identità originale venne rispettata con il restauro, creando uno spazio unico anche all’interno del popoloso contesto contemporaneo del distretto. Nel maggio 2005 lo spazio venne inaugurato con una collettiva di 16 artisti da cinque continenti: il risultato fu l’inizio di una connessione profonda tra Italia e Cina, sopravvissuta alle crisi economiche globali e alla pandemia e affiancata dall’Associazione Arte Continua, arrivando oggi a celebrare il suo ventesimo anniversario.

Il successo di Galleria Continua a Pechino
Continua è stata la prima galleria italiana ad aprire nella capitale cinese con l’obiettivo di promuovere l’arte contemporanea internazionale (e italiana) in una nazione dove era ancora poco conosciuta, spingendo sia gli artisti sia il pubblico a uscire dalla propria comfort zone. Il successo di questa scommessa si è dimostrato allora, come nel corso di questi vent’anni: difficile dimenticare le grandi mostre pechinesi di Ai WeiWei, Antony Gormley, Daniel Buren, Pascale Marthine Tayou, Anish Kapoor, Kader Attia e Michelangelo Pistoletto.
Ora, in concomitanza con il Gallery Weekend Beijing 2025 e per l’anniversario, lo spazio diretto da Luna Peng Yongyi tiene una nuova, grande mostra che unisce artisti cinesi, italiani e internazionali, Time knows the answer to art. Superando l’ingresso, dove campeggia il grande scatto operaio di Zhuang Hui, ci accoglie il wallpaper di Giovanni Ozzola sotto cui si riuniscono i colorati sketch di Buren, le sculture metalliche di Loris Cecchini, un’opera storica di Chen Zhen e il grande silicone di Sun Yuan & Peng Yu; nelle varie stanze (su più piani) troviamo quindi gli specchi di Pistoletto, una scultura in ferro di Gormley e un disco di Kapoor, e poi ancora le luci di Rehberger e gli scatti di Gu Dexin, i video di Kan Xuan e di Op de Beeck, la grafite di Serse e l’inchiostro di Qiu Zhijie.












L’intervista con la direttrice di Galleria Continua a Pechino
Avete creato un legame inedito tra Cina e Italia, qualcosa che prima non esisteva: qual è lo stato dei due panorami artistici nei rispettivi confronti?
Si può fare per il rapporto tra Italia e Cina lo stesso discorso che facciamo per la relazione tra Oriente e Occidente: la reazione che c’è stata qui per l’arte occidentale è molto positiva, più positiva rispetto a quella dei collezionisti occidentali per l’arte cinese, e più ampia.
E per l’arte contemporanea italiana in particolare?
Anche grazie al lavoro che abbiamo fatto in questi vent’anni, l’interesse per l’arte italiana in Cina si è consolidato e ha raggiunto un gran numero di persone: abbiamo seminato tanto tempo fa, e ora è come se ci fosse un albero. In generale, l’arte italiana è molto conosciuta e apprezzata, e si può dire che per molti sia familiare. Viaggiando e avendo conosciuto anche altri Paesi, devo dire che ho trovato il pubblico cinese particolarmente curioso, e con una mentalità aperta: vogliono conoscere e studiare.
Gli occidentali hanno meno interesse nei confronti dell’Oriente?
Ho questa sensazione, sì, e non solo per l’arte contemporanea. Forse c’è anche meno abitudine: noi già da piccoli studiamo l’inglese, così come la vostra storia e la vostra musica.
La cosa potrebbe cambiare secondo te?
Molto dipende dalla situazione internazionale. In questo momento in Cina c’è una situazione particolare, la cui politica in questo momento ci aiuta. Noi ci speriamo molto, perché ci sono tanti artisti bravi e anche molto diversi. Come dice Pistoletto, “Love Difference”.

La reazione del mercato cinese all’arte occidentale e italiana
Il mercato cinese come sta reagendo alle opere internazionali?
Come mercato stiamo sempre crescendo in termini di interesse per gli artisti internazionali e italiani. In vent’anni di presenza in Cina, abbiamo collaborato con numerosi musei locali per organizzare mostre di artisti internazionali: ricordiamo, fra tanti esempi, le mostre pionieristiche di Antony Gormley a Changsha e Qingdao, l’irripetibile esposizione di Anish Kapoor al Tempio Imperiale di Pechino, Chen Zhen al West Bund di Shanghai, Hans Op de Beeck al Powerlong e Giovanni Ozzola al Fosun Art Center, sempre a Shanghai, Tobias Rehberger a Fosun Foundation di Chengdu, e molte altre.
Ci sono degli italiani, magari meno famosi, che piacciono ai collezionisti cinesi?
Se vogliamo fare un esempio, Giovanni Ozzola vende bene, anche le sue opere non costano poco, ma anche Loris Cecchini.
Entrambi sono nella vostra grande collettiva al 798.
Sì, è una mostra a cui teniamo molto, c’è un po’ tutta la nostra storia. La storia è un’arte, dopotutto. Anche per questo abbiamo tenuto lo spazio nella sua forma originale Bauhaus quando abbiamo aperto. I ricordi per noi sono proprio l’anima, e anche l’Italia vive della sua storia. Siamo molto felici di come sia venuta la mostra, ci abbiamo lavorato molto con il curatore cinese Yu Ke.
Come la sta accogliendo il pubblico cinese?
Ho già ricevuto molti messaggi: sta piacendo moltissimo.
E come saranno i prossimi vent’anni?
Andremo avanti senza fermarci mai, sempre con passione. Come dice il nostro nome, Continua: continueremo così.
Giulia Giaume
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