A guidare l’ingresso nell’ampia sala della Pelanda è la musica di Pēteris Vasks, una composizione per archi, come quelli che, entrando, si vedono fluttuare su uno specchio d’acqua. Pare di essere in un sogno in cui alle variazioni dello stato d’animo corrisponde un mutamento della luce che illumina i violini, su cui sono dipinti volti e scritte: frammenti di una vita. La ricerca di un senso profondo messa in scena da Li Chevalier (Pechino, 1961) si infrange sul baluginio della visione, si screpola sulle superfici sabbiose delle tele in mostra, dissolvendo letteralmente la percezione di unitarietà e di assoluto cara all’Occidente. Individui simili a strappi vagano in solitarie lande e si muovono in un paesaggio dai tratti kandinskiani, un invito ad abbandonarsi alla mutevolezza del pensiero e della visione e a elidere ogni ipostatizzazione umana e lirica, come onironauti sui percorsi non ancora battuti del desiderio.
– Martina Lolli