Monet, Tiziano e Bellini, in un colpo solo. Una grande mostra di Stefano Arienti a Milano
Li trovate tra le pareti della galleria di Christian Stein, grazia alla mostra del grande artista contemporaneo Stefano Arienti, che rigenera i maestri del passato attraverso le sue opere incredibili

Se c’è un motivo per essere ancora a Milano in queste giornate estive è perché non avete ancora visto la nuova mostra che illumina le pareti della galleria di Christian Stein. Non che lo spazio abbia bisogno di luce ulteriore: le sue ampie finestre, affacciate in un rigoglioso e lussureggiante giardino interno – pare un giardino mediterraneo – riempiono le sale raggi di sole. Sembra un angolo della Provenza.
Ad accentuare questa rievocazione della Costa Azzurra ci sono le opere – la ragione valida per attardarsi in città, appunto – che traboccano di note fiorite e tocchi di colore cari all’Impressionismo. Subito l’occhio addestrato dalle lezioni scolastiche di storia dell’arte connette l’oggetto dell’osservazione a tele di Monet. Ma non è così. O meglio: Monet è uno degli strati di storia, a cui si aggiunge il gesto, e soprattutto il pensiero profondo, del grande contemporaneo Stefano Arienti (Asola, 1961).

Stefano Arienti e la nostalgia del passato
Sono dunque strati di tempi, storie, luoghi e vicende, quelli che Stefano Arienti mette al centro della sua poetica. Il suo è un lavoro di meticolosa ripresa del passato, che diventa materia viva con cui parlare al presente. L’Arcadia perduta – tale poteva essere considerata l’Impressionismo – rivive nelle sue opere. Si rigenera e fiorisce una seconda volta, anche in un mondo che, con gli interventi spregiudicati dell’uomo sulla natura, ha ormai ben poco di idilliaco. Ma la speranza c’è. E questa si nutre dei materiali giocosi che l’artista sceglie di adoperare, facendosi quasi un bambino immerso nella gioia del creare in libertà.
Stefano Arienti rigenera Claude Monet e l’Impressionismo da Christian Stein a Milano
Il primo – non l’unico – grande maestro che Arienti attualizza nelle sue opere inedite è Claude Monet. I suoi scorci della Provenza e della Riviera Ligure sono le prime cose che balzano allo sguardo appena si entra nella galleria. A partire da riproduzioni fotografiche – profusioni di millefleurs e vegetazione mediterranea – l’artista contemporaneo compone un nuovo strato di significato. E lo fa con innumerevoli pezzetti di pongo colorato, che nella loro matericità paiono davvero riportare in vita l’Impressionismo e la gioia dell’esperire la natura di allora. Pare di sentire i sentori olfattivi del colore a olio steso puro e denso sulla tela. Dell’immagine fotografica e fittizia quasi ce ne si dimentica. Si rivive il camminare e il dipingere en plein air ottocentesco, i lussureggianti giardini di Bordighera e Vétheuil cari a Monet.



Stefano Arienti rigenera Tiziano e Giovanni Bellini
L’Arcadia diventa ancora più vivida spostandosi sul secondo corpus di opere presenti in galleria. Forse meno risaltanti ma altrettanto diffuse e complementari nella creazione di significato. Si tratta di enormi teli antipolvere che Arienti ha dipinto creando un’illusione a metà tra un arazzo, una sinopia e un cartone preparatorio di un affresco. L’effetto conduce ancora più indietro nel tempo, in compagnia dei lavoranti delle botteghe rinascimentali. In pieno secolo d’oro della pittura italiana, quando la Filosofia e le Lettere erano al culmine della riflessione sull’Antico. L’Arcadia e il mito dei Classici erano argomenti frequenti nelle produzioni di allora: fine ultimo di una ricerca insaziabile di perfezione e bellezza. In questo caso, la rilettura dell’artista è fedele – seppur con mezzi contemporanei – alla tecnica della sinopia a spolvero, che restituisce il disegno fine ed elegante dei corpi e delle fronde arboree. Gli originali riprodotti portano la firma di Tiziano e di Giovanni Bellini. Due grandi del Rinascimento veneziano che interpretarono la mitologia dando vita a incantevoli visioni. Ancora una volta, Stefano Arienti riavvolge il nastro nel tempo, creando opere che esprimono il suo amore per la storia dell’arte.
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Emma Sedini
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