#MeToo: come il mondo dell’arte guarda la rivolta delle donne? L’opinione di Patrizia Asproni

L’opinione di Patrizia Asproni, Presidente del Museo Marino Marini, che lancia una proposta al Mibact e anche al prossimo governo, in vista delle elezioni politiche del 4 marzo 2018.

#MeToo. Anche io. Che significa: anche io ho subito molestie, anche io sono stata o stato importunato, anche io ho subito pressioni, soprattutto sul mondo del lavoro. Un fenomeno, questo, cominciato con l’ormai famigerato caso Harvey Weinstein lo scorso ottobre e poi ricaduto a cascata su tutto il mondo dello spettacolo. Sembrava una moda passeggera, o un ghiribizzo del momento e invece in nome del #MeToo sono cadute un sacco di teste. Anche quelle più blasonate, di attori come Kevin Spacey, il protagonista di House of Cards. E mentre la lista si allunga con accuse a Dustin Hoffman, Stan Lee, James Franco, Woody Allen e addirittura il mago David Copperfield, anche il mondo dell’arte (e della moda) viene toccato dagli scossoni del #MeToo. Finiscono infatti nel ciclone, in un fenomeno che non ha più bisogno di molte presentazioni, personaggi come Chuck Close (al quale è stata addirittura cancellata la mostra alla National Gallery of Arts) Mario Testino, Terry Richardson, in un effetto domino senza precedenti e che sta cambiando completamente il rapporto tra uomo e donna, anche nel corteggiamento. Voi che ne pensate? Quarta tappa con le opinioni dal mondo dell’arte. Dopo Teresa Macrì  Serena Fineschi, Roxy in the Box, Lucia Veronesi, ora tocca a Patrizia Asproni, Presidente del Museo Marino Marini, dire la sua.

Che idea ti sei fatta del movimento #MeToo? Che posizione assumi rispetto a questo spontaneo movimento di idee e alle denunce che ne sono seguite? Cosa ne pensi?

Penso che sia diventato una sorta di outing collettivo positivo. Trovo che il movimento delle donne che hanno deciso di denunciare sia una presa di posizione intelligente e collettiva. Come si è scoperto, è evidente che le donne che hanno subito questo tipo di assalti, hanno sempre vissuto tutto ciò in totale solitudine, come una cosa da occultare. Insomma, mi è piaciuta questa presa di posizione collettiva che ha dimostrato che le donne hanno maturato una coscienza di sé e che ha cancellato anni di vergogna. Gli intoccabili come Weinstein improvvisamente sono diventati dei giganti dai piedi d’argilla, perché hanno costruito la loro fama sulla vergogna femminile. Il movimento è nato nel mondo dello spettacolo e poi si è sparso a macchia d’olio. Diciamo che lo star system ha aiutato il fenomeno ad uscire. Ma poi è diventato universale.

Siamo appena entrati nel 2018, a tuo parere nel sistema dell’arte e della cultura italiano le donne sono considerate allo stesso livello degli uomini?

No, si sta cominciando a guardare solo adesso alle donne artiste e alle loro opere, uscendo da anni di occultamento, oserei dire di damnatio memorie. Ho letto un libro interessante di una antropologa americana, Rosalind Miles, intitolato Who cooked the Last Supper? (Chi ha cucinato l’ultima cena?), con riferimento naturalmente al Cenacolo di Leonardo. Ma quando si pensa a quella immagine, nessuno riflette mai su chi ha messo in tavola quel cibo: naturalmente una donna! Il libro contiene molte altre informazioni divertenti: ad esempio la Miles scrive che molta letteratura in archeologia ha fatto un salto di qualità con l’ingresso delle donne nella disciplina. Molti oggetti che non erano stati identificati negli scavi, sono stati poi individuati dall’occhio femminile (utensili di ambito familiare ai maschi sconosciuti). Oggi credo che ci sia una ripresa, una riconsiderazione del ruolo della donna nell’arte, penso ad esempio a Maria Lai, una grande donna artista che ha fondato la sua fortuna su medium femminili. Nella mia veste di Presidente del Museo Marino Marini, ho voluto una dedica speciale a Marina Marini, nata Mercedes, che ha cambiato il nome in Marina per meglio identificarsi con il marito e che ha voluto fortemente il museo.

E all’estero?

All’estero ci sono meno problemi. L’ Italia è un paese ancora maschilista, purtroppo. Ce lo dicono i dati. Tutti sostengono che se le donne aumentassero nel lavoro, aumenterebbe anche il PIL di parecchi punti. Non capisco come questo non sia ancora chiaro.

Credi che certi comportamenti nel tempo abbiano subito dei cambiamenti di rotta, ad esempio con l’avanzare delle nuove generazioni? I più giovani rispettano maggiormente le donne?

Secondo me si, soprattutto perché oggi i giovani viaggiano e hanno altri punti di vista. La pressione della famiglia tradizionale si è affievolita. I giovani di oggi sono no gender e credono nell’uguaglianza. Forse è una presa di coscienza, forse è semplicemente il tempo che avanza.

Cosa vorresti che questa rivoluzione di pensiero e di atteggiamenti portasse ad esempio nel mondo dell’arte e della cultura?

Vorrei che a seguito delle prossime elezioni il governo fosse composto da un 50 % di uomini e un 50 % di donne. Lo stesso in Parlamento. 50 e 50, non una di meno. Vorrei che l’arte e la cultura dedicassero sempre più attenzione alle grandi artiste e alla riscoperta di ciò che hanno fatto, con un recupero anche storico di quello che le donne sono state per l’arte e la cultura. E lancio la proposta di un capitolo particolare del MIBACT, che persegua le pari opportunità culturali e artistiche.

Santa Nastro

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Santa Nastro

Santa Nastro è nata a Napoli nel 1981. Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università di Bologna con una tesi su Francesco Arcangeli, è critico d'arte, giornalista e comunicatore. Attualmente è vicedirettore di Artribune. È Responsabile della Comunicazione di FMAV Fondazione…

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