Non esistono oggetti brutti

Informazioni Evento

Luogo
GALLERIA BIANCONI
Via Lecco 20, Milano, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

Lun-Ven. 10.30 – 13.00, 14.30 – 19.00
sabato su appuntamento

Vernissage
26/11/2015

ore 18

Artisti
Sergio Breviario, Gianni Moretti, Alexandre Arrechea, Daniele Veronesi, Silvia Hell, Via Lewandowsky, Davide Tranchina, HH Lim, Agostino Bergamaschi, Mario Consiglio, Vasco Bendini, Simone Pellegrini
Generi
arte contemporanea, collettiva

La Galleria Bianconi è lieta di presentare il progetto «Non esistono oggetti brutti» che pone in dialogo i linguaggi e le pratiche artistico-curatoriali di Thanos Zakopoulos e Alberto Zanchetta.

Comunicato stampa

NON ESISTONO OGGETTI BRUTTI
Opening giovedi 26 novembre ore 18.00 - 21.00
progetto indisciplinato di Thanos Zakopoulos e Alberto Zanchetta

mostra fino al 09 gennaio 2016
galleria bianconi via Lecco 20 Milano

Alexandre Arrechea,Vasco Bendini, Agostino Bergamaschi, Sergio Breviario, Martina Brugnara, Mario Consiglio, Lorenzo Damiani, Mario Davico, Oppy De Bernardo, Maria Elvira Esacallon, Riccardo Fabbiani, Winfred Gaul, Silvia Hell, Via Lewandowsky, H.H. Lim, Silvia Mariotti, Katia Meneghini, Gianni Moretti, Alberto Mugnaini, Simone Pellegrini, Cheryl Pope, Davide Tranchina, Nanni Valentini, Daniele Veronesi, Alessandro Zambelli.

Il 26 novembre la Galleria Bianconi è lieta di presentare il progetto «Non esistono oggetti brutti» che pone in dialogo i linguaggi e le pratiche artistico-curatoriali di Thanos Zakopoulos e Alberto Zanchetta.

«Non esistono oggetti brutti, basta saperli esporre» è una frase pronunciata da Franco Albini, assunta a magistero di questo progetto. Un artista-designer, Thanos Zakopoulos, e un critico-curatore, Alberto Zanchetta, hanno deciso di selezionare un nucleo di opere conservate nel caveau della galleria Bianconi, nel tentativo di ripercorrere la storia dello spazio espositivo e degli artisti coinvolti nel corso degli anni (Alexandre Arrechea, Vasco Bendini, Mario Davico, Maria Elvira Escallon, Winfred Gaul, Via Lewandowsky, H.H. Lim, Cheryl Pope, Davide Tranchina, Nanni Valentini, Daniele Veronesi). L’allestimento verrà però arricchito da opere, oggetti e materiali forniti direttamente da Zakopoulos e Zanchetta o chiesti in prestito ad altri artisti e designer (Agostino Bergamaschi, Sergio Breviario, Martina Brugnara, Mario Consiglio, Lorenzo Damiani, Oppy De Bernardo, Riccardo Fabbiani, Silvia Hell, Silvia Mariotti, Katia Meneghini, Gianni Moretti, Alberto Mugnaini, Simone Pellegrini, Alessandro Zambelli), proponendo chiavi di lettura differenti rispetto a quanto si conosceva della galleria Bianconi.

Se effettivamente «basta saper esporre», come affermava Albini, è altresì vero che un bell’oggetto nuoce a se stesso qualora sia presentato in modo frettoloso, magari sciatto, finanche insensato. Il concetto di bello e di brutto, così sottile e intercambiabile nelle arti dell’ultimo secolo, pone in risalto il problema sulla presentazione, ossia sulla [di]mostra[zione] al pubblico. Dall’oggetto si passa quindi al processo, al “rito dell’allestimento” che in questo caso si dipana tra associazioni di pensiero e liberi accostamenti. Concepita come un ibrido tra lo storage e la wunderkammer, la mostra si propone sotto forma di grande “assemblaggio” che sfrutta i materiali e i complimenti d’arredo in dotazione alla galleria. Non quindi una semplice collettiva, bensì un progetto che fa leva sull’atteggiamento appropriazionistico e sulla necessità di produrre nuova conoscenza.

Più che un esercizio di stile legato alle metodologie curatoriali, che si limitano a impartire istruzioni per il montaggio, l’esposizione viene affrontata e accettata anche nei suoi errori, ripensamenti, incertezze e debolezze. Organizzate in modo anticonvenzionale, le opere asseconderanno gusti, umori, attitudini e stilemi, nel tentativo di mostrare meglio (o diversamente) cose già viste.

Ancor più che di una mostra, si può parlare qui di una “intenzione” che vuole verificare la sua efficacia, senza porsi il dilemma di ciò che è giusto oppure sbagliato, confrontandosi semmai con ciò che è probabile e altrettanto plausibile. Diversamente, lo si potrebbe definire un progetto “indisciplinato” (piuttosto che interdisciplinare), oppure una “pantomania” (che è il contrario della monomia, vale a dire una “fissazione su tutto”). L’obiettivo finale è quello di ri~scoprire, ri~conoscere, ri~valutare, ri~organizzare, ri~configurare, ri~conciliare, ri~creare, ri~pensare e ri~definire opere, oggetti, spazi, storie, situazioni. In questo senso, Zakopoulos e Zanchetta si assumono i rischi connessi al ruolo di valorizzare l’identità della galleria con incursioni che allo stesso tempo la destabilizzano, ovviando così ai prevedibili standard del contemporaneo.