17 artisti si confrontano sul tema del colore. La mostra a Roma
Il colore nelle sue più diverse accezioni è al centro di “Amore chiama Colore”, mostra con cui la Fondazione D’Arc inaugura la nuova stagione espositiva proponendo un dialogo tra artisti diversi per generazione e background
Scegliere di fare una mostra sul colore nel 2025 non era facile né, tantomeno, scontato; proprio, paradossalmente, per la popolarità del tema, troppo spesso usato come facile scappatoia in esposizioni improvvisate, per giustificare l’accostamento di opere ben poco affini le une alle altre. Invece, alla Fondazione D’Arc, la scelta del colore come tema della mostra di apertura della seconda stagione espositiva, non ha nulla di scontato, acquistando la valenza di un atto coraggioso, una presa di posizione in un periodo buio, resa ancora più esplicita dall’altro sostantivo che ne formula il titolo Amore.
La mostra di apertura della stagione autunnale alla Fondazione D’Arc di Roma
Proprio dall’omonima opera di Piero Dorazio, del 1956 mutua il titolo, Amore chiama Colore, l’esposizione che, a cura di Giuliana Benassi, presenta per la prima volta una selezione di nuove acquisizioni di artisti come John Armleder, Monia Ben Hamouda, Ross Bleckner, Samuel Nnorom e Odili Donald Odita; accostate a opere già in collezione di autori come Alfonso Fratteggiani Bianchi e Tadasky e alle incursioni di artisti invitati per l’occasione, come Josè Angelino, Pablo Atchugarry, Giacinto Cerone, Michela de Mattei, Federica Di Carlo, Pascale Marthine Tayou, Genuardi/Ruta, Giulio Turcato e Austin Young. Autori accomunati da una profonda e sfaccettata ricerca sul colore inteso non solo come strumento tecnico ma anche come mezzo per evocare stati d’animo e significati ulteriori.

La mostra “Amore chiama colore” nelle parole della curatrice della Fondazione D’Arc
Come spiega la curatrice: “La mostra, innescando un vibrante dialogo tra le opere, esplora il rapporto intimo degli artisti con il colore attraverso diverse prospettive, tra cui quelle emotive e scientifiche. Partendo da una riflessione sull’opera del ’56 di Dorazio e sull’importanza universale del colore nell’arte, il percorso, andando ben oltre le proprietà tecniche della materia, ne indagai i possibili significati, dalla dimensione emotiva a quella politica. In particolare”, ha continuato, “il focus è sul rapporto intimo e personale che ogni artista ha con il colore, analizzandone le diverse visioni, legate alla pittura, all’emotività, a questione politiche, sociali e scientifiche”.
Le opere in mostra alla Fondazione D’Arc di Roma
E per offrire una lettura più ampia possibile delle questioni cromatiche, nonché l’opportunità di immergersi dentro le maglie più recondite e private delle riflessioni degli artisti presentati, Giuliana Benassi ne ha raccolto le testimonianze sul loro rapporto con il colore, attraverso interviste e documenti d’archivio. Una ricerca che si è tradotta in un percorso dinamico che vede il colore mutare costantemente accezione, da elemento primario, “espressione di una visione soggettiva della realtà” nella pittura astratta e concreta del, qui citato, Piero Dorazio (Roma, 1927 – Perugia, 2005), di Giulio Turcato (Mantova, 1912 – Roma, 1995) e di Tadasky (Giappone, 1935 – New York, 2024); al colore come materia che apre la strada a diverse modalità di sperimentazione, con i pigmenti in purezza nel lavoro di Alfonso Fratteggiani Bianchi (Umbria, 1952), con le spezie in Monia Ben Hamouda (Milano, 1991) e con i tessuti e materiali autoctoni in Samuel Nnorom (Nigeria, 1990); fino ad interpretarlo come un dato politico e sociale nel lavoro di Pascale Marthine Tayou (Camerun, 1967).
1 / 6
2 / 6
3 / 6
4 / 6
5 / 6
6 / 6
Percezione, plasticità e musicalità del colore in mostra a Roma
La percezione cromatica è al centro delle opere di José Angelino (Ragusa, 1977), Federica Di Carlo (Roma, 1984) e Michela De Mattei (Roma, 1984), che la declinano rispettivamente in rapporto alla scienza, all’emotività dei sentimenti e alle reazioni fisiche a stati d’animo alterati. È invece la materia cromatica come possibilità plastica il focus dei lavori di Pablo Atchugarry (Uruguay, 1954), che nella sua scultura in bronzo laccata in rosso ne esalta volume e tridimensionalità e, all’opposto, in quella di Genuardi/Ruta (Palermo, 1984 / Siracusa, 1986) che giocano, invece, sull’annullamento della spazialità.
Il colore vivo si fa confronto, corpo a corpo fisico in Giacinto Cerone (Melfi, 1957 – Roma, 2004) e gesto pittorico in John Armleder (Ginevra, 1948). Ross Bleckner (New York, 1949) ne esalta il valore simbolico come veicolo di trasmissione delle emozioni; mentre Odili Donald Odita (Nigeria, 1966) ne indaga le connessioni con la musica, facendo del suo lavoro una sorta di pentagramma cromatico. Infine, Austin Young (Nevada, 1966), con il suo intervento site specific lavora sullo spazio coinvolgendo direttamente gli spettatori. Insomma, un percorso che, componendosi come uno sfaccettato coro di voci, ci ricorda l’umana grandiosità nel saper sviluppare una sempre sorprendente creatività a partire da un’uguaglianza di origine, bisogni e necessità.
Ludovica Palmieri
(Grazie all'affiliazione Amazon riconosce una piccola percentuale ad Artribune sui vostri acquisti)
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati