Il campione paralimpico che ama disegnare. Intervista a Simone Barlaam
Due grandi passioni con qualche punto in comune: questo sono il nuoto e il disegno per Simone Barlaam, vincitore di 4 ori paralimpici. Lo abbiamo intervistato in vista di un workshop artistico che terrà a Milano durante il BAM Winter Festival, quest’anno dedicato ai valori paralimpici
Milanese, classe 2001, il nuotatore Simone Barlaam è uno dei grandi protagonisti dello sport paralimpico italiano (di oggi e di sempre): 4 volte oro alle Paralimpiadi, 23 volte campione del mondo. Ha iniziato a nuotare da piccolo per necessità: nato con una malformazione congenita del femore destro, la sua situazione si aggrava nel momento del parto a causa di una frattura. Dodici gli interventi subiti da bambino, tra infezioni ossee e il rischio di perdere l’arto, rimasto sottosviluppato rispetto alla gamba sinistra. Tra terapie e riabilitazioni, il nuoto è un’attività fondamentale. E diventa presto una passione vera e propria. Ma non c’è solo lo sport nelle giornate di Barlaam, che fin da piccolo – come ci ha raccontato – ama disegnare. Proprio questo amore lo ha portato a far parte del programma Olympian Artists promosso dal Museo Olimpico a Losanna e a essere il protagonista del workshop che il 21 dicembre 2025 si terrà a Milano a BAM, un progetto di Fondazione Riccardo Catella, in occasione del BAM Winter Festival.
Simone Barlaam a BAM Winter Festival
Il BAM Winter Festival è l’evento che Fondazione Riccardo Catella dedica all’inverno e che quest’anno è incentrato sui valori paralimpici, in vista dei Giochi Olimpici e Paralimpici Invernali Milano Cortina 2026. Come spiega Francesca Colombo, Direttrice Generale Culturale di BAM – Fondazione Riccardo Catella: “BAM Winter Festival rappresenta un momento speciale del programma BAM FAIR PLAY 25/26, ideato per avvicinare il pubblico ai Giochi Invernali di Milano Cortina 2026 attraverso l’incontro tra cultura, sport e arte. Siamo felici di avere con noi Simone Barlaam, non solo un grande campione paralimpico nazionale, ma anche un artista visivo, capace di dialogare con la comunità tramite il linguaggio dell’arte. La sua partecipazione non sarà solo simbolica: condurrà un workshop creativo con il pubblico, permettendo a grandi e piccoli di dar forma concreta ai valori Paralimpici – coraggio, determinazione, ispirazione e uguaglianza – attraverso un gesto artistico condiviso, grazie anche alla collaborazione con il Museo Olimpico a Losanna e il programma Olympian Artists”.

Intervista a Simone Barlaam
Quando e come nasce la tua passione per il disegno?
È una passione innata. Racconto spesso l’aneddoto di quand’ero in ospedale, tra i vari interventi della mia infanzia, ed ero immobilizzato dalla testa ai piedi, ingessato, e dovevo affrontare mesi di degenza. Allora, giocavo con varie console di videogiochi, ma mi facevano salire troppo i battiti e le pulsazioni, e questo mandava in allarme tutto il reparto. Facevo preoccupare gli infermieri che venivano ad accertarsi come stessi: io stavo bene, solo che quei giochi mi facevano salire i battiti, perché ero molto concentrato. Quindi, mi sono dovuto trovare un hobby un po’ più tranquillo. Mi piace dice che è da lì che ho iniziato a disegnare, ma in realtà l’ho sempre fatto e mi è sempre piaciuto – sono quelle cose innate che non sai spiegare.
Essendo una passione innata e che porti avanti ancora, che ruolo ha per te oggi questa pratica, che di fatto non è la tua professione primaria?
Al momento la sto approfondendo anche dal punto di vista tecnico: come nel nuoto, anche nel disegno mi sto allenando. A Roma sto frequentando un’accademia specializzata in direzione artistica, che prepara a tutte quelle professioni dall’artista di storyboard al concept artist. Spero di mettere delle fondamenta solide a questa mia passione che fino a oggi è stata, appunto, solo una passione, un mio modo per evadere la quotidianità e la sua frenesia.
E come riesci a conciliare l’interesse per il disegno con il nuoto?
Spesso mi è capitato di mettermi lì a disegnare, a scarabocchiare sul foglio bianco, iniziando tardi la sera fino alla mattina presto: allenandomi le mattine, quando sono al massimo carico di allenamento, non è l’ideale… È un po’ difficile conciliare le due cose, però adesso sto disegnando bene o male tutti i giorni per l’accademia. Mentre prima era qualcosa di più sporadico: quando volevo disegnare, disegnavo.
La scelta di frequentare un’accademia è stata fatta anche con uno sguardo al futuro, per il “dopo” rispetto alla carriera sportiva?
Sì, mi piacerebbe tanto far diventare questa passione una vera professione, ma bisogna anche vedere come andranno le cose in futuro. Dieci anni fa il mio pronostico su quello che sarebbe stata la mia vita oggi sarebbe stato sbagliato e probabilmente lo sarebbe anche quello che faccio ora per i prossimi dieci anni. Anche perché c’è da considerare l’imprevedibile evoluzione del mondo creativo a causa dell’elefante nella stanza, cioè l’intelligenza artificiale. Per ora l’accademia di disegno è una cosa che sto facendo per migliorare me e le mie capacità tecniche, però non nego che non mi dispiacerebbe farne una professione in futuro.
Nella giornata organizzata da BAM condurrai un workshop con adulti e bambini, per cui sarà un’azione collettiva. È la prima volta che ti approcci a un progetto del genere o hai già avuto modo di affrontare situazioni analoghe?
Sarà la seconda volta, perché ho già tenuto un workshop al Museo Olimpico a Losanna in occasione della Settimana Olimpica lo scorso ottobre. In quell’occasione, insieme a dei bambini abbiamo creato una nuova versione dei cinque cerchi olimpici e dei tre agitos paralimpici. Ogni bimbo realizzava il proprio fiocco di neve colorato, e sono tutti diversi: ogni fiocco di neve, ma anche ogni bambino. Insieme li abbiamo tagliati – e siamo arrivati a quasi 400 fiocchi – e li abbiamo uniti per ricreare le sagome dei cerchi e degli agitos.
Cosa ci dobbiamo aspettare, invece, per il workshop a BAM?
Sarà sempre un’attività collettiva, ma useremo delle tele raffiguranti le icone degli sport paralimpici inseriti su un fondo neutro e i partecipanti potranno disegnare o scrivere qualcosa che li lega allo sport o ai valori paralimpici, ma anche alla neve e alla montagna.
Credi che l’arte e il disegno possano dialogare? Come?
Ci sono tanti punti in comune senza ombra di dubbio, perché, come dicevo prima, dal punto di vista prettamente tecnico, sia lo sport che l’arte – qualsiasi essa sia: il disegno, ma anche la fotografia o la musica – richiedono tanta attenzione e tanta pratica. La pratica è necessaria per migliorarsi ed essere in grado di vedere le cose da un punto di vista diverso, con degli occhi diversi. Per capire cosa c’è che non va nella nuotata o nel disegno a volte devo avere degli approcci diversi, non convenzionali. Poi, c’è tanta passione in entrambe le cose, perché sono fatte di momenti che in qualche modo ci estraniano dalla quotidianità. Viviamo in un mondo dove siamo sempre più legati alla tecnologia – e anche nel caso dello sport e dell’arte la tecnologia ha un ruolo importante –, per cui servono dei momenti fuori dal nostro tempo in cui siamo completamente immersi in quello che stiamo facendo. Con il nuoto e il disegno il cervello è completamente immerso in quello che sto facendo: non penso al cellulare, a cosa farò dopo, a cosa stavo facendo ieri. Secondo me, questo è un bel punto in comune tra sport e arte.
Vittoria Caprotti
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