100 Anni di Cibotto
Nel Centenario della nascita, Rovigo celebra Antonio Cibotto Scrittore, giornalista, uomo di cinema e di cultura. Interpretò il Polesine come nessun’altro.
Comunicato stampa
Se ne è andato in tempo per non vedere un Veneto stravolto dalla modernità: quella terra che amava tanto perché si sentiva radicalmente e totalmente suo figlio. Al ricordo di Gian Antonio Cibotto, semplicemente Toni (anche se lui presentandosi giocosamente alla sua maniera si definiva “conte di Lendinara, duca di Vallier e patrono della Vangadizza”), la Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo si prepara a dedicare una mostra nel centenario della nascita (che cadrà l’8 maggio 2025) a Palazzo Roncale di Rovigo. Con un titolo che ne dà l’impronta: “Gian Antonio Cibotto (1925-2017) – Il gusto del racconto”.
La mostra è promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo con il Comune di Rovigo e l’Accademia dei Concordi, a cura di Francesco Jori. La mostra, che nasce da un’idea di Sergio Campagnolo, sarà curata da Francesco Jori, giornalista, che con Toni Cibotto ha avuto una lunga e intensa frequentazione, ed è diretta da Alessia Vedova.
Sarà al Roncale dal 5 dicembre 2025 al 29 giugno 2026.
Un personaggio decisamente poliedrico: dal giornalismo alla scrittura, dal teatro, al cinema agli eventi culturali, Cibotto ha attraversato la seconda metà del Novecento e il primo scorcio del terzo millennio con una presenza incalzante, tra l’erudito e il popolare, entrambi accompagnati da una vena di pungente ironia ma al tempo stesso di grande attaccamento alla sua terra e alla sua gente. Della quale annotava: “I veneti, questi inglesi trapiantati tra l’arco alpino e la pianura padana, come i loro parenti d’Oltremanica possiedono una virtù magica, un filone consistente di humour”.
La mostra rodigina si propone di offrire ai visitatori un itinerario che ne rivisiterà il suo lungo percorso, a partire dagli esordi che lo videro giovanissimo impegnato da volontario nei soccorsi alle popolazioni colpite dalla devastante alluvione del Po del 1951: esperienza da cui poi sarebbe nato il suo primo capolavoro, “Cronache dell’alluvione”. Da lì una sequenza che lo vedrà impegnato nel giornalismo, nella critica letteraria e teatrale, nella ricca produzione libraria, nella promozione di eventi di rilievo nazionale come il Premio Campiello. Il tutto sullo sfondo della sua Rovigo (incluso il contesto familiare, di alto profilo nella città dell’epoca), cui lo legava un rapporto di amore-odio, e della sua casa in cui custodiva la mitica biblioteca di ben 37mila volumi, tra cui opere con dedica di firme prestigiose.
Sarà in definitiva un’occasione per riassaporare quel “fil rouge” di storie minime che rappresentava la sua vera cifra letteraria: frutto di una meticolosa quanto appassionata ricognizione sul campo, a bordo della sua mitica Mini Minor; “spinto dall’urgenza di testimoniare per rendere giustizia, senza esplicite ambizioni letterarie, ma ricco di un vivo senso morale”, come ha scritto di lui Cesare De Michelis.