Antonello Ottonello – Partire è come un pò…
La Fondazione MACC ha il piacere di presentare PARTIRE È COME UN PO’…, retrospettiva dell’artista Antonello Ottonello, un viaggio nella materia e nella memoria collettiva del Sulcis e la sua anima profonda.
Comunicato stampa
PARTIRE È COME UN PO’…
Antonello Ottonello
Inaugurazione: domenica 16 novembre, ore 11
Dal 16 novembre al 15 marzo 2026
Fondazione MACC, Museo d’Arte Contemporanea di Calasetta
Via Savoia 2, Calasetta (SU)
La Fondazione MACC ha il piacere di presentare PARTIRE È COME UN PO’…, retrospettiva dell’artista Antonello Ottonello, un viaggio nella materia e nella memoria collettiva del Sulcis e la sua anima profonda. A cura di Claude Corongiu e presentata da Efisio Carbone la mostra aprirà al pubblico domenica 16 novembre fino al 15 marzo 2026 negli spazi del Museo d’Arte Contemporanea di Calasetta.
Come sottolinea la presidente della Fondazione MACC, Maria Carla Armeni, “una mostra di Antonello Ottonello è un’occasione importante per ricordare e celebrare uno degli artisti di origini Calasetta più amato e apprezzato in Sardegna. Il titolo allude ad un tema molto sentito dalla comunità, quello del viaggio e del distacco, della malinconia e del ritorno. Momenti di vita che il maestro traduce con sorprendente poesia ricordandoci che la vita è un viaggio collettivo oltre il tempo e lo spazio”.
PARTIRE È COME UN PO’…
Antonello Ottonello al MACC di Calasetta
Ci sono artisti che abitano la propria terra come si abita un destino. Antonello Ottonello (Cagliari, 1948-2021) è uno di questi. La Sardegna, e in particolare il Sulcis, non è per lui semplice origine o paesaggio, ma matrice generativa, luogo di pensiero, ferita e nutrimento. Da Calasetta — paese materno, nido affettivo e mitico — si irradia la sua geografia sentimentale: un arcipelago di memorie e di immagini che comprendono Carbonia, Portoscuso, Portovesme, le miniere di Monteponi e di Ingurtosu, i campi abbandonati, le scogliere che sprofondano in un mare denso di malinconia. È una Sardegna mineraria e poetica, arsa e splendente, sospesa tra sfruttamento e bellezza.
La mostra Partire è come un po’…, allestita al Museo MACC di Calasetta, restituisce la sostanza profonda di questo rapporto. È un viaggio nella materia e nella memoria, ma anche nel sentimento della distanza, nella saudade che abita ogni partenza.
Ottonello ha conosciuto la fuga e il ritorno, la vitalità cosmopolita della Roma teatrale e la contemplazione austera dell’isola. Ne ha tratto un linguaggio ibrido e stratificato, dove il gesto del pittore si fonde con la memoria dello scenografo e l’attenzione per la scena diviene architettura della visione.
Color Pietra: il cuore minerario
Tra i nuclei più intensi della mostra si colloca la serie Color Pietra, dedicata al mondo minerario del Sulcis.
In queste opere, Ottonello non rappresenta la miniera: la rifonda. Raccoglie le pietre, le sabbie, le polveri — residui concreti del territorio — e le impasta con pigmenti naturali fino a costruire superfici che sono al tempo stesso pittura e reliquia, icona e geologia.
L’artista plasma la materia con un gesto quasi liturgico: i frammenti di pietra provenienti dalle viscere di quella terra diventano pigmento e memoria, struttura e racconto. Ogni quadro è un corpo vivo, una stratificazione di memorie in cui si depositano le fatiche del lavoro umano e la lenta, inesorabile metamorfosi del paesaggio.
I tondi Color Pietra non sono solo composizioni materiche: sono confessioni della terra, “documenti” in senso benjaminiano, ma anche preghiere laiche rivolte alla dignità perduta di un mondo operaio.
Le superfici, spesso aspre e fratturate, evocano tanto la forza tellurica della natura quanto la violenza dello sfruttamento. È una materia che si fa canto e ferita insieme.
Valige: l’assenza, l’esilio, la nostalgia
Con le Valige, Ottonello affronta uno dei temi più persistenti della storia sarda contemporanea: l’emigrazione.
Questi oggetti, apparentemente semplici, diventano nelle sue mani totem dell’assenza, reliquie di partenze collettive e solitudini private.
Ogni valigia è un frammento biografico, una piccola arca della memoria, un contenitore di desideri, paure, ricordi.
In esse si riflette la Sardegna spopolata e dolente, la generazione che abbandona i villaggi del Sulcis dopo la chiusura delle miniere, la disoccupazione, la dissoluzione di un tessuto sociale fondato sul lavoro.
Ottonello trasforma questo dramma in una liturgia visiva fatta di pudore e malinconia. Le Valige non denunciano, ma custodiscono; non gridano, ma meditano.
Nel loro silenzio risuona la frase sospesa che dà titolo alla mostra - Partire è come un po’… - e che volutamente resta incompiuta, perché ogni partenza resta aperta: ferita e promessa insieme.
Poesie visive e cavallini: la leggerezza del mito
Accanto alle opere minerarie e alle installazioni dedicate al viaggio, le poesie visive con i cavallini di terracotta rappresentano la parte più intima e lirica della produzione di Ottonello.
Composte di parole, segni e frammenti, sono spazi di libertà in cui l’immagine si fa linguaggio, la scrittura diventa gesto, e l’ironia si mescola alla tenerezza.
I cavallini riportano l’artista al mondo dell’infanzia e del mito arcaico. Figure totemiche e leggere, realizzate con semplicità quasi rituale, questi piccoli animali di terracotta sembrano evocare il desiderio di movimento, la libertà interiore, ma anche la fragilità di ogni creatura.
Ottonello li plasma con la stessa sensibilità con cui dipinge: con leggerezza, con ironia, con compassione. Sono presenze silenziose, ma colme di vita.
Il mare e le tarlatane: la soglia del visibile
Nell’ultimo ciclo di lavori dedicato al mare, Ottonello ritorna al materiale che ha segnato l’inizio del suo percorso artistico: la tarlatana, il tessuto leggero usato in teatro per creare illusioni di profondità e trasparenza.
In pittura, la tarlatana diventa filtro poetico: diaframma tra il mondo reale e quello immaginato, soglia attraverso cui la luce si infrange e si dissolve.
Sospese tra pittura e tessitura, le opere marine sono paesaggi mentali più che descrittivi: l’artista vi deposita la propria idea di sogno e di distanza.
Il mare, in Ottonello, non è mai soltanto un tema iconografico; è piuttosto una metafora della memoria e dell’oltre, del desiderio e del ritorno.
Attraverso la tarlatana, egli sembra voler trattenere l’impercettibile, catturare il respiro dell’acqua, dare forma all’evanescenza.
Un’estetica della ferita e della rinascita
L’opera di Antonello Ottonello si colloca al crocevia fra linguaggio e materia, tra teatro e pittura, tra gesto e contemplazione.
È un’arte che nasce dal contatto diretto con la terra, ma che non rinuncia alla dimensione visionaria.
Il suo sguardo, come quello dei grandi interpreti del Novecento isolano - da Ciusa Romagna a Casula, da Sassu a Delitala - sa coniugare denuncia e poesia, introspezione e universalità.
Ottonello non rappresenta la Sardegna: la reinventa, ne ascolta il respiro, ne decifra le crepe.
In ogni opera si avverte una tensione tra la durezza della materia e la leggerezza del pensiero, tra la ferita e la cura.
Il suo è un linguaggio che sa essere civile e spirituale, ancorato alla realtà e insieme proiettato verso una dimensione poetica più ampia.
Partire è come un po’… non è solo una mostra: è un commiato e un ritorno, un dialogo con la memoria collettiva del Sulcis e con la sua anima profonda.
Nel MACC di Calasetta, paese amato e custodito nel cuore dell’artista, le opere ritrovano il loro respiro originario: quello di una terra antica, ferita e luminosa, capace ancora di generare bellezza dalle sue stesse cicatrici.
Efisio Carbone