Il cielo come spazio condiviso e conteso. Nelle Marche una mostra riflette sul concetto politico di confine 

“Oltre l’ultimo cielo” più che un’esposizione è un gesto collettivo, un grido silenzioso e insieme una domanda che non trova risposta. A Casa Sponge dieci artisti si confrontano con il concetto di confine, tra poetica e politica

Trae ispirazione da un verso del poeta palestinese Maḥmūd Darwīsh il titolo della mostra che presenta – dal 14 luglio al 21 settembre 2025 a Casa Sponge, con inaugurazione domenica 13 alle 12 – le opere di dieci artisti nazionali e internazionali che riflettono sul concetto politico di confine. Oltre l’ultimo cielo, così, diventa più di un’esposizione, ma un gesto collettivo, un grido silenzioso e insieme una domanda che non trova risposta. La mostra, a cura di Francesco Perozzi e Marcella Russo, è un ritorno al progetto già avviato nel 2020 Cielo riservato al Cielo di Gabriele Gaburro, con cui Casa Sponge aveva simbolicamente istituito una no-fly zone sopra la propria sede a Mezzanotte di Pergola, invocando un cielo libero, non sorvegliato né violato. 

La mostra “Oltre l’ultimo cielo” da Casa Sponge

Da quella azione prende forma un’indagine più ampia: il cielo come spazio conteso e condiviso, soglia tra terra e infinito, luogo di tensione, desiderio e possibilità. Le opere sono unite da una tensione ascensionale che invita a sollevare lo sguardo, componendo un unico gesto collettivo. Un’ascesa simbolica, dalla terra al cielo, che non è fuga, ma forma di resistenza poetica e politica”, spiegano i curatori. 

Stefania Galegati, Ci credi, 2020, video still, Courtesy l'artista
Stefania Galegati, Ci credi, 2020, video still, Courtesy l’artista

Il percorso espositivo a Casa Sponge 

La mostra si sviluppa negli spazi domestici e naturali della casa, residenza d’artista e artist-run-space: apre il percorso Mario Consiglio, trasformando finestre e aperture in soglie visive, passaggi tra il dentro e il fuori, l’intimo e il pubblico. Nel giardino, il duo Antonello Ghezzi orienta lo sguardo verso l’alto, avvolgendo oggetti quotidiani in un gesto che unisce e smaterializza le identità. Michele Alberto Sereni ricerca fenditure urbane dove ancora si può respirare, mentre Nobuyoshi Araki lascia che la luce irrompa violenta, tra inquietudine e tenerezza. Giovanni Gaggia, fondatore della stessa Casa Sponge, presenta una coperta ricamata con una domanda in arabo: Com’è il cielo in Palestina? Un’opera corale, ancora in divenire, che diventa atto di cura e responsabilità collettiva. In un altro spazio, gli scatti di Gedske Ramløv evocano un cielo frammentato, visibile solo a pezzi abitato da uccelli che non volano, ma lasciano ombre sulle pareti, come desideri trattenuti. Stefania Galegati porta nel sottotetto le voci del lockdown: un video corale che raccoglie sogni, paure e visioni. Questo è un cielo interiore, affollato di umanità.

Al centro della casa, tra cucina e soggiorno, Davide Mancini Zanchi e Grazia Toderi creano varchi temporali: il primo con costellazioni minime, quasi disorientanti, mentre la seconda spingendo lo sguardo nelle profondità remote dello spazio, per poi riportarlo, con dolcezza, alla terra, alla casa e a ciò che ci tiene vivi. A tessere silenziosamente il percorso, le opere disseminate di Massimo Uberti, recentemente scomparso. La sua ultima installazione, un’altalena dorata sospesa sulla sommità del colle di Mezzanotte, diventa un invito a librarsi, a oscillare tra il reale e il possibile.

Giovanni Gaggia, Oltre l’ultimo cielo, 2025, calciobalilla a due aste con piano stellato, ph Giovanni Gaggia
Giovanni Gaggia, Oltre l’ultimo cielo, 2025, calciobalilla a due aste con piano stellato, ph Giovanni Gaggia

Casa Sponge e un progetto itinerante 

E da Casa Sponge la mostra sarà itinerante, grazie anche alla collaborazione con lo spazio indipendente It’s hard noise di Cremona e della Fondazione Italia Patria della Bellezza e della Fondazione Marche Cultura. “Oltre l’ultimo cielo nasce dal desiderio di Casa Sponge di restituire al cielo la sua funzione immaginativa e collettiva. In un presente segnato da guerre, sorveglianza e fratture, la mostra riafferma il ruolo dell’arte come atto necessario e partecipativo, capace di connettere la dimensione locale, la terra che abitiamo, a quella globale, rappresentata da un cielo che ci sovrasta, senza confini né barriere”, concludono Perozzi e Russo. 

Caterina Angelucci 

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Caterina Angelucci

Caterina Angelucci

Caterina Angelucci (Urbino, 1995) è laureata in Lettere Moderne con specializzazione magistrale in Archeologia e Storia dell’arte presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Oltre a svolgere attività di curatela indipendente in Italia e all'estero, dal 2018 lavora come…

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