Le Affinità di Confine

Una mostra fotografica al Magazzino delle Idee di Trieste dal 3 luglio esplora un secolo di architettura transfrontaliera attraverso dittici visivi che rivelano connessioni, divergenze e memorie condivise.
Comunicato stampa
Una mostra fotografica al Magazzino delle Idee di Trieste dal 3 luglio esplora un secolo di architettura transfrontaliera attraverso dittici visivi che rivelano connessioni, divergenze e memorie condivise. La mostra si inserisce all’interno del programma di “GO! 2025&Friends”, il cartellone di eventi - collegato al programma ufficiale di “GO!2025 Nova Gorica - Gorizia Capitale europea della Cultura” - che coinvolge tutta la regione Friuli Venezia Giulia.
Trieste, 2 luglio 2025 – Esplorare i linguaggi architettonici sviluppatisi tra Friuli Venezia Giulia e Slovenia, territori separati da confini mutevoli, ma uniti da stratificazioni storiche, culturali e politiche, non per raccontare una storia esaustiva dell’architettura nella dimensione transfrontaliera, quanto per proporre un confronto visivo e critico tra edifici emblematici, facendo emergere affinità, divergenze e contaminazioni.
È questo l’obiettivo della mostra Le Affinità di Confine. Architetture tra Friuli Venezia Giulia e Slovenia, curata da Luka Skansi e Paolo Nicoloso, con le fotografie di Roberto Conte e Miran Kambič, che si aprirà al pubblico il 3 luglio 2025 nel suggestivo spazio del Magazzino delle Idee, affacciato sul porto di Trieste.
Sviluppata a partire da una proposta di Guido Comis dell’Ente Regionale per il Patrimonio Culturale del Friuli Venezia Giulia (ERPAC), la mostra si inserisce all’interno del programma di “GO! 2025&Friends”, il cartellone di eventi - collegato al programma ufficiale di “GO!2025 Nova Gorica - Gorizia Capitale europea della Cultura” - che coinvolge tutta la regione Friuli Venezia Giulia.
L’architettura è qui letta come espressione di miti identitari, poteri e memorie collettive. I curatori rifiutano una narrazione univoca: preferiscono il metodo del dittico, accostando oltre cinquanta coppie di edifici costruiti nei due paesi, raggruppati per epoca, funzione o tematica.
Dall’epoca austro-ungarica fino alla Jugoslavia socialista, passando per le stagioni dei modernismi e dei regionalismi, fino alle più recenti tendenze, la mostra fa emergere sia specificità locali che influenze transnazionali, sottolineando la porosità dei confini culturali.
Elemento centrale è la dialettica tra edifici “gemelli” per funzione, ma diversi per linguaggio, ideologia o contesto. Un esercizio critico e visivo, arricchito dallo sguardo esperto dei fotografi, capaci di restituire attraverso l’immagine sia il contesto urbano che il dettaglio materico.
I dittici presentano edifici della stessa tipologia e ripercorrono tre momenti: gli anni a ridosso della Prima guerra mondiale, il periodo tra le due guerre, e i decenni dal secondo dopoguerra fino alla caduta del Muro di Berlino e alla nascita della Repubblica Slovena. Un percorso visivo e concettuale affidato alle fotografie di Roberto Conte e Miran Kambič, due maestri del racconto dello spazio costruito.
L’architettura è così riaffermata come fatto vivo: non solo documento storico, ma parte integrante del nostro presente, capace di incidere sul paesaggio e sulla coscienza collettiva. La mostra invita a riflettere sul costruito come testimonianza viva di convivenze, tensioni e identità condivise.
I fotografi sono stati chiamati a ripensare i punti di vista nella prospettiva del confronto. L’esclusività dell’inquadratura o dell’architettura lascia spazio al dialogo visivo, alla dialettica tra forme, materiali e ideologie.
“Essa è viva, rappresenta un fatto fisico – spiegano i curatori – che con la propria forma, dimensioni, spazialità, relazioni urbane o ambientali partecipa al tempo presente. È un’espressione culturale che si trasmette e si radica nelle nostre menti anche senza che ce ne accorgiamo”.
Accompagna la mostra un elegante catalogo che documenta il lavoro di ricerca transfrontaliero stampato per i tipi di Gaspari Editore.