Man Ray – Femmes e Mode au Congo

Informazioni Evento

Luogo
STUDIO MARCONI '65
Via Alessandro Tadino 17, Milano, Italia
Date
Dal al

fino al 18 giugno da martedì a sabato h 10,30 - 12,30 e 15,30 - 19
Dal 20 giugno al 29 luglio da lunedì a venerdì h. 10,30 – 12,30 e 15,30 -19

Vernissage
09/06/2011

ore 19

Contatti
Email: info@studiomarconi.info
Artisti
Man Ray
Uffici stampa
CRISTINA PARISET
Generi
fotografia, personale
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In contemporanea alla mostra in Fondazione Marconi dedicata a The Fifty Faces of Juliet, cinquanta fotografie che Man Ray ha scattato alla moglie Juliet tra il 1941 e il 1955, lo
Studio Marconi ’65 presenta in questa esposizione due serie di fotografie di Man Ray, Femmes e Mode au Congo.

Comunicato stampa

In contemporanea alla mostra in Fondazione Marconi dedicata a The Fifty Faces of Juliet,
cinquanta fotografie che Man Ray ha scattato alla moglie Juliet tra il 1941 e il 1955, lo
Studio Marconi ’65 presenta in questa esposizione due serie di fotografie di Man Ray,
Femmes e Mode au Congo.
La raccolta Femmes, comprende le ristampe di negativi originali degli anni Trenta,
autorizzate e verificate e certificate autografe dalla moglie di Man Ray, Juliet, e pubblicate
in un portfolio da Studio Marconi nel 1981.
Sono ritratti di donne centrati sul volto, sul capo che, come spiega lo stesso Man Ray, è
sintesi totale e sensuale dell’identità e del corpo. “Tutti i sensi sono concentrati nel capo:
gli occhi, le orecchie, il naso, le labbra, la lingua e la pelle che copre tutto con la sua rete
di nervi vibranti… Quando ero studente e ho visto per la prima volta un corpo nudo in una
classe di Copia dal Vero la mia reazione fu di totale disappunto e il mio primo disegno di
nudo scatenò nella mia mente la più aspra critica per il mio insegnante…” e poi ancora cita
André Breton per spiegare il suo specifico interesse per il viso: “Il ritratto di qualcuno che si
ama non dovrebbe essere solo un’immagine cui sorridere ma un oracolo da interrogare”. E
dunque conclude: “Così, in ogni senso, di una donna per prima cosa chiediamo: ha un
testa?”
Nel 1937 Harper’s Bazaar voleva commissionare a Man Ray foto di moda con cappelli.
Man acconsentì ma alla condizione di poter scegliere lui i copricapo. Ecco dunque che
trasformò in cappelli oggetti di uso comune come un cestino per il pane, il mocio per
pavimenti o oggetti fatti con conchiglie. Nacque così la raccolta La Mode au Congo. Le
letture possono essere diverse, la più ovvia è quella d’interpretare queste foto come foto di
moda e non a caso le pose sono volutamente snob, sofisticate, ma al tempo stesso
ironiche. Queste immagini sono anche una nuova interpretazione di ciò che è considerato
moda; la moda come rappresentazione dell’effimero e del transitorio viene negata da Man,
che ribalta i rapporti per sottolineare la storicità del fenomeno. In alcune fotografie, la
modella, ritratta o di profilo o di tre quarti, trova precisi riferimenti nelle raffigurazioni egizie
e il cappello è usato da Man per evidenziare la direzione delle linee compositive, entra nel
gioco strutturale dell’immagine.
Man Ray (Emmanuel Radnitzky) nasce a Philadelphia, il 27 agosto 1890, da genitori ebrei
russi emigrati negli Stati Uniti. Nel 1912 adotterà il nome di Man Ray. Cresce a Brooklyn,
studia nudo presso il Ferrer Center di New York e, dal 1913, frequenta la galleria Photo-
Secession 291 di Alfred Stieglitz, pioniere della fotografia. Realizza le prime opere
d’ispirazione cubista e inizia a dedicarsi alla fotografia. Nel 1913 si trasferisce in una
comunità di artisti a Ridgefield, New Jersey, dove incontra, e sposa, la poetessa belga
Donna Lecoeur che lo introduce ai poeti simbolisti francesi. Nel 1915 Duchamp visita la
comunità e i due iniziano un sodalizio artistico. Torna a New York dove è il principale
promotore del dadaismo newyorkese, crea riviste d’avanguardia, tiene esposizioni.
Nascono in questa fase i primi “oggetti d’affezione”. Insoddisfatto dell’America, finita la
guerra, nel 1921, su invito di Duchamp, si trasferisce a Parigi. Nel 1922 lavora ai suoi primi
rayographs, si dedica alla fotografia e al cinema e collabora con riviste di moda. Vive per
sei anni con la modella e cantante Alice Prin (Kiki de Montparnasse). A Parigi si afferma
come uno dei migliori interpreti della poetica surrealista con dipinti, assemblaggi d’oggetti,
film d’artista e sperimentazioni fotografiche. Dopo lo scoppio della guerra fugge negli Stati
Uniti e nel 1941 si trasferisce a Los Angeles. Sposa nel 1946 Juliet Browner. Si dedica alla
pittura e ai suoi oggetti d’affezione ma di nuovo si sente straniero in patria e nel 1951 torna
a Parigi. La sua fama è consacrata da molte esposizioni e da riconoscimenti internazionali.
Nel 1959 l’Istitute of Contemporary Art di Londra gli dedica un’antologica e nel 1961
ottiene la medaglia d’oro per la fotografia alla Biennale di Venezia. Nel 1963 pubblica la
sua autobiografia. Le sue opere sono esposte nella mostra Dada, Surrealism, and their
Heritage al MoMA di New York nel 1968. Nel 1976 il governo francese gli assegna l'Ordine
per merito artistico. Muore a Parigi nel 1976.