La febbre rivoltosa s’accende anche a Napoli. Alleanza tra Madre e Valle: il popolo dell’arte non si ferma. Assemblea permanente o occupazione?

“Oggi abbiamo compiuto un piccolo atto di ribellione. Chi non si ribella scompare“. La frase, luminosa e lapidaria, arriva al margine di una giornata significativa per la comunità partenopea dell’arte e della cultura. A scriverla è il giurista Ugo Mattei, studioso del concetto di “bene comune” e co-estensore dei quesiti referendari sull’acqua. C’era anche lui, […]

Oggi abbiamo compiuto un piccolo atto di ribellione. Chi non si ribella scompare“. La frase, luminosa e lapidaria, arriva al margine di una giornata significativa per la comunità partenopea dell’arte e della cultura. A scriverla è il giurista Ugo Mattei, studioso del concetto di “bene comune” e co-estensore dei quesiti referendari sull’acqua. C’era anche lui, ieri mattina, al Madre, uno dei tanti spazi pubblici che, tra sofferenze, stenti ed exploit rivoltosi, stanno trasformandosi in teatro di uno straordinario e diversificato movimento di protesta nazionale. Una sorta di corrente elettrica alternata, che pare non voler arrestare la sua corsa.
Mattei era tra i relatori dell’incontro organizzato presso il Museo dal collettivo La Balena (lavoratori dello spettacolo e dell’immateriale di Napoli) insieme al Teatro Valle Occupato. Titolo: Contagio imminente! La politica culturale: territorio di dominio o estensione della lotta?
Un’assemblea autonoma a cui erano invitati anche docenti universitari, editori, intellettuali, ma soprattutto alcuni protagonisti di altre esperienze rivoltose in atto lungo lo stivale: il Teatro Coppola di Catania e il Cinema Palazzo di Roma, oltre al Valle, naturalmente, grande supporter dei vari collettivi e movimenti.
Ospiti e pubblico (tra cui artisti, curatori, galleristi locali) si danno appuntamento al Museo, alle 10.30 di ieri, per dare il via all’incontro. Ma i portoni, guarda un po’, sono chiusi. Una scena che ricorda quella del 13 gennaio scorso, quando un gruppo di operatori culturali e di cittadini si ritrovò davanti al Museo Riso di Palermo, sbarrato per volere delle autorità: anche in quel caso una libera assemblea era stata annullata dall’alto, con improbabili scuse di natura amministrativa.
A Palermo l’assemblea non si fece e i manifestanti, inibiti a dovere, se ne tornarono a casa, arrabbiati, delusi, spompati, forse non abbastanza determinati. A Napoli, invece, si decide di procedere: si fa pressing su una guardia giurata piazzata all’ingresso e, alla fine, si entra. Così, ha inizio un acceso e democratico confronto intorno al presente e al futuro degli spazi pubblici per la cultura. In sala c’è anche Eduardo Cicelyn, lo storico direttore licenziato dalla fondazione Donnaregina.

Si va avanti con il dibattito fino al primo pomeriggio, dentro la Sala Polivalente, poi c’è da decidere cosa fare. Restare o abbandonare la nave? Presidiare o prendere tempo? Alcuni sono per l’occupazione, la via radicale che passa per l’utilizzo dei corpi come strumenti di rivendicazione e di riappropriazione. Altri, invece, propendono per la prudenza, soprattutto al fine di tutelate i lavoratori del Museo che rischiano di perdere il proprio posto: custodi, sorveglianti di sala e staff organizzativo, tutti dipendenti della Scabec, società a maggioranza regionale che gestisce i servizi e che è in credito col Museo per per 8 milioni di euro.
Alla fine, si opta per una (momentanea?) moderazione. Aspettare, valutare, capire, discutere, forse mediare. Non si occupa ma si prosegue con assemblee e rendez-vous nei giorni a venire: occorre studiare una strategia che conduca a una reale tutela del “bene comune-museo”, ma soprattutto serve una consapevolezza collettiva che supporti adeguatamente l’azione.
Queste, al momento, le notizie trapelate che siamo riusciti a intercettare. Un comunicato ufficiale dovrebbe giungere nelle prossime ore. Nel frattempo, un’unica evidenza: le città si svegliano, piano piano, e anche i musei sembrano trasformarsi in spazi imprescindibili, da difendere e da scippare alle ingerenze della mala politica. Appartenere a un territorio, oggi, significa forse qualcosa di più rispetto a ieri. Ma dopo l’indignazione, quanta e quale sostanza? Che ne sarà del Madre e, soprattutto, che ne sarà dei neo-indignados dell’arte?

– Helga Marsala

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, giornalista, editorialista culturale e curatrice. Ha innsegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a…

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