Le disabilità invisibili e il corpo come archivio nella mostra di Vittorio Valigi a Milano 

Il progetto dell’artista nasce da una esperienza personale di elaborazione intima nella relazione con i cambiamenti del proprio corpo e prolunga una raccolta fondi a sostegno della ricerca oncologica dell’Ospedale Pediatrico Meyer di Firenze

Per la prima volta, il designer e visual artist Vittorio Valigi (Perugia, 1996) apre al pubblico il suo studio, H4X, con la mostra “Flesh and Metal: A Prosthetic Decade”, presentata in anteprima a novembre presso Display Spazio, con un testo di Giulia Giudici. La mostra sovverte il formato espositivo tradizionale attraverso un riallestimento nello spazio di lavoro dell’artista, offrendo ai visitatori materiali letterari e cinematografici da approfondire al proprio ritmo, in uno spazio svincolato dal concetto di ‘evento’.  

Il progetto per l’Ospedale Pediatrico Meyer di Firenze  

Il progetto prolunga inoltre la raccolta fondi a sostegno della ricerca oncologica dell’Ospedale Pediatrico Meyer di Firenze. Accanto al lavoro di Valigi, la mostra include installazioni nate in collaborazione con NM3, Armature Globale, (AB)NORMAL e Swedish Girls, dando adito a una visione condivisa dove diverse discipline convergono e dialogano. Dieci anni fa, l’artista ha subito un intervento chirurgico per la sostituzione di una parte del femore colpita da cancro con una protesi artificiale. Con lo scopo di sensibilizzare sulle disabilità invisibili, Valigi mette a nudo un’elaborazione intima della propria esperienza, riflettendo sul dolore, la perdita e l’accettazione di un cambiamento radicale.  

Le disabilità invisibili nel progetto di Vittorio Valigi 

Indagando l’interazione tra corpi organici ed elementi industriali, l’artista rivolge il proprio sguardo alla cultura pop, richiamando suggestive rappresentazioni rétro di cyborg, androidi e replicanti: esseri in parte umani e in parte macchine. Nel tentativo di definire la propria umanità in relazione ai sistemi tecnologici da cui è sempre più dipendente, Valigi esplora il concetto di non essere più “né un essere fisso, né un individuo indipendente e isolato” (R. Braidotti, 2013), ma di evolversi nella costante interazione con componenti non umane. 

La mostra da Display Spazio 

L’ideazione della mostra presso Display Spazio prevede la stesura di moquette rosso cremisi che spezza la precisione clinica dello spazio, occupato da opere in acciaio e alluminio dalle geometrie austere. Queste incisioni visive sembrano lacerare il tessuto morbido come un bisturi su un muscolo tenero. L’unico elemento di simile tonalità all’interno del progetto è “Fleshwelding” (2024), una scultura stampata in 3D, sviluppata in collaborazione con Armature Globale: una replica della protesi metallica originale di Valigi, fusa con la forma della lama di un coltello Kukri. L’opera evoca così una scomoda e persistente sensazione di angoscia e dolore, ispirandosi al film splatter Tokyo Gore Police (2008) di Yoshihiro Nishimura. Come in numerosi altri esempi del genere sci-fi o cyberpunk, dove corpi potenziati diventano armi, anche qui l’ibrido è potenza più che limite. Sono queste le visioni in cui Valigi, un po’ ironicamente, trova conforto, rileggendo il trauma attraverso l’immaginario. L’archivio personale dell’artista –saggi di filosofia cyborg, DVD, trattati sull’integrazione corpo-macchina e fumetti di fantascienza– è accessibile al pubblico su “RESEARCH TABLE” (2024), un’opera creata in collaborazione con (AB)NORMAL, che funge sia da installazione che da espositore.  

Le opere in mostra nello studio di Valigi 

Una stampa ingrandita della radiografia della protesi di Valigi è montata su un monolite d’acciaio, simile a un banco ottico o a un illuminatore medico. “X-TRUTH”, realizzata con NM3, assume il ruolo di rivelatore e da narratore del proprio destino. L’atmosfera clinica è rafforzata da “GOD CHOSE YOU”, installazione creata con Swedish Girls, che richiama le sedute da sala d’attesa. L’opera deve il suo impatto visivo alle parole incise al laser che le danno il titolo, e che citano una frase rivolta da una psicoterapeuta all’artista durante la chemioterapia. Lungo il bordo di uno dei sedili, in sottile corsivo, si leggono invece le parole “live every day like it’s your last”. Per Valigi queste affermazioni tradiscono punti di vista stereotipati e apparentemente contraddittori: da un lato, la rinuncia ad avere autonomia e controllo sul proprio corpo, e la resa a un qualche disegno divino; dall’altro, l’eccessiva semplificazione di una circostanza complessa e l’obbligo di mostrarsi sereni anche nella malattia. 
Rifacendosi alle visioni del transumanesimo di un futuro potenziato ed esteso, “FLESH AND METAL: A Prosthetic Decade” esamina l’unione tra organico e artificiale, la “zona nebulosa del non-umano” (E. Thacker, 2011) e le prospettive post-umane, nonché la crescente dipendenza delle forme di vita dall’evoluzione tecnologica. La mostra, indipendente e autogestita, è frutto di anni di ricerca che fondono in modo inequivocabile i linguaggi delle arti visive e del design d’avanguardia e non commerciale, abbracciando i valori della creatività collettiva.

Paola Shiamtani 
 
Traduzione dall’inglese di Giulia Giudici  

Milano// fino al 30 giugno 2025 
FLESH AND METAL, A Prosthetic Decade”, Vittorio Valigi 
H4X studio 
Via Ennio 19/3  
Su appuntamento: 
dalle 10:00 – 18:00 
 
Libri consigliati: 

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