Dalla Liguria al Giappone. Il Sol Levante va sia in scena che in mostra a Genova
La messinscena teatrale del romanzo “La ragazza dello Sputnik” di Murakami è anche l’occasione per riscoprire i tesori conservati nel Museo d’Arte Orientale E. Chiossone, custode della più importante collezione italiana d’arte nipponica
Sputnik Sweetheart è il titolo dell’adattamento teatrale di La ragazza dello Sputnik (edito in Italia da Einaudi nel 2001 con la traduzione di Giorgio Amitrano) dello scrittore giapponese Haruki Murakami realizzato dall’attore e regista Francesco Biagetti (classe 1997), anima del Collettivo Aruanda, composto da alcune/i ex-allieve/i della Scuola Mariangela Melato del Teatro Nazionale di Genova, ente che ha meritoriamente deciso di produrne questo primo spettacolo, andato in scena dal 16 al 23 dicembre scorso ma la cui scia prosegue fino al 31 gennaio 2026 grazie a una virtuosa collaborazione con il Museo d’Arte Orientale E. Chiossone, diretto da Aurora Canepari.

Di che cosa parla “La ragazza dello Sputnik – Sputnik Sweetheart”
Il romanzo, e lo spettacolo, sono incentrati sul rapporto fra il narratore – un maestro elementare di cui non sappiamo il nome completo ma solo l’iniziale K. – e un’aspirante scrittrice, Sumire, estrosa e confusa, tanto sulla propria identità quanto sulla propria reale vocazione. K. ha un’amante, Nimura, madre di uno dei suoi alunni; mentre la vita di Sumire è scossa dall’incontro con una donna più matura, Myu, un’imprenditrice che, dietro la facciata di fascinosa sicurezza, nasconde un trauma mai davvero superato. Sumire diventa l’assistente personale di Myu e l’accompagna in un viaggio di lavoro in Europa: l’Italia, Parigi e infine la Grecia. E proprio qui, mentre le due si concedono qualche giorno di vacanza in un’isola, Sumire scompare. Myu contatta K. che subito la raggiunge in Grecia ma della loro comune amica non riescono a trovare alcuna traccia. Il narratore torna allora in Giappone e riprende la sua monotona routine finché con una telefonata che pare arrivare da una dimensione altra ovvero parallela, Sumire gli confessa quanto lui sia imprescindibile per lei: non tanto un amore passionale forse, quanto una profonda e fatale affinità elettiva. K. e Sumire, suggerisce Murakami, sono inseparabili “compagni di viaggio” – questa la traduzione del termine russo Sputnik – anche allorché non fisicamente vicini… Due solitudini che riescono ad annullarsi soltanto nel loro incontro.

Com’è costruito lo spettacolo Sputnik Sweetheart
Una cabina telefonica, uno scivolo, alcune panchine: elementi scenici realistici che, compresenti sul palcoscenico immerso in una costante semi-oscurità, concorrono a definire una dimensione onirica e atemporale, caratteristiche ulteriormente sottolineate dal ricorso a maschere-origami dalla forma di gatto – animale in fondo mai pienamente conoscibile e simbolico, assai caro alla cultura giapponese – indossate dagli attori – Nicoletta Cifariello, Bianca Mei, Davide Niccolini, Alfonso Pedone, Federica Trovato, Dalila Toscanelli – nei momenti in cui il personaggio che incarnano non è coinvolto nella scena in corso. L’intrinseca surrealtà della situazione non inficia, tuttavia, la chiarezza della narrazione, a testimoniare dell’efficacia dell’adattamento teatrale realizzato da Francesco Biagetti, anche regista attento a combinare l’evocativo simbolismo del romanzo con la costruzione di personaggi umanamente autentici.

Quali sono i meriti dello spettacolo Sputnik Sweetheart
Portare un romanzo sul palcoscenico è sempre operazione complessa: la necessità di far comprendere i vari passaggi della trama deve convivere con la costruzione di una concreta visione di spazi e personaggi che inevitabilmente è in primo luogo personalissima proiezione dell’immaginario dell’adattatore-regista. In questo caso, Francesco Biagetti è abile nel ridurre il romanzo a copione snello eppure coeso, preciso e nondimeno fedele nel suggerire quel margine di indefinitezza che innerva il testo di Murakami. Ecco, dunque, che lo spettacolo riesce a rideclinarne l’originaria tensione fra desiderio e insicurezza, fra solitudine e ricerca di relazioni, fra necessità di dichiarare al mondo la propria interiorità e attrazione per la fuga. Biagetti e il suo affiatato Collettivo Aruanda creano così un lavoro concentrato e intenso, dando prova di un talento che ci auguriamo potranno avere l’opportunità di coltivare.

La collaborazione con il Museo d’Arte Orientale E. Chiossone di Genova
Fondato nel 1905, il Museo d’Arte Orientale di Genova è intitolato a Edoardo Chiossone, incisore genovese che, dal 1875 al 1989, visse a Tokyo, dove lavorò all’Officina Carte e Valori del Ministero delle Finanze, progettando, fra l’altro, le prime banconote e carte valori giapponesi. Chiossone, prima di morire, volle donare alla sua città la ricca collezione raccolta in Giappone. Per custodirla in modo adeguato, l’architetto Mario Labò disegnò un edificio in stile razionalista, rivolto verso il mare, immerso nel parco ottocentesco di Villetta di Negro, nel centro della città, non lontano da piazza De Ferrari. La collezione, la più ricca e preziosa di arte nipponica in Italia, comprende sculture buddhiste, armi e armature, reperti archeologici, porcellane, lacche, maschere teatrali e stampe xilografiche ukiyo-e. Quattro di queste, datate fra il 1814 e il 1869 e a tema “figure e attori del teatro giapponese dell’800” sono state sposte nel foyer del teatro Gustavo Modena durante le repliche di Sputnik Sweetheart ma, fino al 31 gennaio, il Museo garantirà sconti e visite guidate a chi avrà assistito allo spettacolo e, soprattutto, offrirà a tutti i visitatori l’opportunità di approfondire l’arte teatrale giapponese.
Laura Bevione
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