I momenti più significativi del mercato dell’arte nel corso del 2025
Dopo un triennio di affanni e profezie di rovina, il sistema commerciale dell’arte ha mostrato nel 2025 segnali di ripresa e crescita, in particolare nei suoi segmenti apicali. Ecco i momenti e le tendenze più importanti dell’anno appena passato e un tema per il futuro
In un contesto mondiale piuttosto ostile, tra le chiusure protezionistiche del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump e i fronti di guerra che non accennano a spegnersi, può guardare al futuro con un po’ più di ottimismo il mercato dell’arte, che negli ultimi mesi del 2025 è stato caratterizzato da una ripresa a dir poco inattesa, quanto insperata. Almeno nel suo segmento apicale, come confermano i dati delle vendite globali delle case d’aste nell’anno in chiusura, che mostrano tutti segno positivo. Restano e pesano ancora, d’altro canto, non poche criticità sulla sostenibilità economica e sulla redditività di altri segmenti e player, alle prese con un cambiamento delle abitudini collezionistiche, con un volume di affari inferiore al passato e con l’incremento dei costi per la maggior parte delle attività. Per scrollarsi di dosso le conseguenze dei rallentamenti degli ultimi anni e qualche presagio di rovina di troppo, bisognerà trovare il coraggio di resistere e la capacità di correggere il tiro e ricalibrare le strategie per il 2026, provando a costruire nuove basi più solide e sane e nuove regole più trasparenti, e a innovare gli approcci per la manutenzione e la crescita della filiera artistica.
Il mercato secondario dell’arte si è ripreso
Dopo le tornate d’asta in calo di maggio, è arrivato per fortuna il secondo semestre, con un colpo di coda inatteso, quanto spettacolare, a salvare le sorti e il racconto del mercato dell’arte del 2025, con i record memorabili di Gustav Klimt e Frida Kahlo, le collezioni prestigiose tornate sul mercato, come quella Karpidas e la Lauder, i nuovi presidi globali in Medio Oriente più che redditizi, seppure ancora da mettere pienamente a regime, e un ruolo sempre più preponderante dei collezionabili di lusso nei fatturati annuali delle major degli incanti. La ripresa del mercato dell’arte nel 2025 è in parte misurabile dai dati rilasciati dalle case d’asta globali Sotheby’s e Christie’s, che mostrano, per entrambe, risultati in crescita rispetto al 2024: +17% per Sotheby’s, con vendite globali di $7 miliardi, e +6% per Christie’s, con un risultato da $6,2 miliardi. Mentre non possiamo sapere quanto profitto effettivo si nasconda dietro questi numeri, resta certo che il mercato ha recuperato slancio e fiducia. E intanto anche il mondo delle gallerie prova ad approfittare di un mercato secondario più dinamico, con progetti dedicati come il nuovo business annunciato da Pace Gallery, Emmanuel Di Donna e David Schrader, che nel 2026 a New York punterà tutto sulle intermediazioni e sulle vendite private nel segmento al momento più attraente e rassicurante: gli artisti blue chip del Novecento.
Le fiere d’arte si espandono nel Golfo Persico: Art Basel Qatar e Frieze Abu Dhabi
Dopo aver guardato alla Cina e a Hong Kong, e poi a Seoul e alla Corea, il mercato dell’arte ha lavorato e lavora oggi sulla possibilità di intercettare il potenziale culturale ed economico del Medio Oriente e dei Paesi che si affacciano sul Golfo Persico, dall’Arabia Saudita agli Emirati. È qui che nel 2025 si sono consolidate le posizioni e i nuovi quartier generali delle major Christie’s e Sotheby’s (che è proprietà anche del fondo sovrano emiratino ADQ) e che si è formalizzata la competizione aperta per il 2026 anche tra le grandi fiere occidentali, con Art Basel che lancia la prima edizione in Qatar a Doha, a febbraio, e Frieze che rilancia e parte, il prossimo novembre, con la prima fiera del gruppo ad Abu Dhabi, nel distretto culturale di Saadiyat, già sede di istituzioni museali come il Louvre Abu Dhabi. In un contesto costantemente espansivo, le giganti delle fiere provano a prevedere agevolazioni per le gallerie mid ed emergenti, in affanno evidente con la gestione dei costi sempre più alti per un angolo di visibilità internazionale, ma per il momento sembrano piuttosto procedere spedite e con lo stesso numero di espositori ogni anno, grazie a un turnover invidiabile.
L’anno in cui le fiere crescono e le gallerie chiudono
Se tornano i record d’asta e le mega-fiere globali continuano a espandersi, noi del 2025 ricorderemo però anche il bollettino delle chiusure delle gallerie o dei ridimensionamenti delle sedi internazionali, che si sono susseguite a ritmi inediti proprio in quel secondo semestre 2025 che vedeva trionfare aste e fiere. Tra le saracinesche tirate giù ci sono state anche quelle di alcune delle gallerie internazionali più stimate e attive degli ultimi anni, quelle che hanno plasmato le tendenze e scoperto artisti importanti, da Blum e Clearing alle più giovani LambaLambdaLambda e Hot Wheels. Un’intera categoria di operatori, che, specialmente se di taglia piccola o media, non riesce a far fronte a un cambiamento del sistema dell’arte che sembra strutturale, tra l’incremento dei costi per affitti, stipendi, fiere, trasporti, l’imperativo alla crescita non sempre organica e una contrazione della domanda d’arte, che patisce il cambio generazionale in corso e che, quando compra, vuole sconti e pagamenti rateizzati estenuanti. Se gli artisti rappresentati troveranno altri canali di promozione e se pure nuove gallerie hanno aperto e apriranno, quello che si perde, con le tante, troppe chiusure, è di certo la varietà e il coefficiente di sperimentazione dell’ecosistema artistico, il contributo al dibattito sull’arte contemporanea, nel quale molte gallerie ora chiuse hanno innestato nuove idee, la possibilità di immaginare la diversità, di correre un rischio per proporre il nuovo e spostare la nostra comprensione del mondo un po’ più in là.
L’IVA ridotta al 5% in Italia e in Europa
Dopo decenni e dopo serrati confronti e battaglie anche con il potere politico e legislativo, sempre nella seconda parte dell’anno, a giugno 2025, il sistema dell’arte in Italia ha messo a segno, una vittoria importante e necessaria: la riduzione dell’IVA sull’arte. Con l’approvazione dell’articolo 9 del DL Omnibus da parte del Consiglio dei Ministri, il 20 giugno 2025 si è stabilito, infatti, che l’aliquota sulle cessioni e le importazioni di opere d’arte in Italia passasse dall’altissimo 22% al 5%, che è il valore più basso in Europa. Un risultato fondamentale, per salvaguardare la competitività italiana nello scacchiere europeo, dove la Francia, già a fine 2023, e la Germania, nel 2024, avevano portato l’IVA rispettivamente al 5,5% e 7%, con effetti dal 1° gennaio 2025. E per rendere il nostro Paese attrattivo anche per gli operatori internazionali, come sembrano pensare alcuni giganti dell’arte, come Thaddaeus Ropac che ha aperto una nuova sede della sua prestigiosa galleria a Milano, o Hauser & Wirth, che pare stia guardando a Palermo per una nuova progettualità tutta italiana. E intanto, con la revisione fiscale attuata in Italia, ora anche la Spagna spera di ottenere valori simili e in un conseguente rilancio del proprio mercato dell’arte.
Outlook trasparenza per il mercato dell’arte nel 2026
Oltre a momenti e tendenze del 2025 in conclusione, uno sguardo va a quello che ci aspettiamo – o speriamo – per il 2026. Un outlook all’insegna della trasparenza, anche grazie alle possibilità offerte, già ora e ancora di più nel prossimo futuro, dall’intelligenza artificiale. Una leva di crescita per la filiera dell’arte potrebbe risiedere, infatti, nella disponibilità ad accettare nuovi modelli operativi e nuovi strumenti in grado di aprire un varco nella più che nota opacità del mercato dell’arte. Un tema, questo, particolarmente sentito dalle nuove generazioni di collezionisti, che hanno in più occasioni segnalato il disagio davanti a parametri e meccanismi di valutazione dal sapore iniziatico, quelli che da sempre regolano il comparto artistico. Lontano da ogni tecnofobia, quanto dai troppo facili entusiasmi per ogni innovazione tout court, il machine learning potrebbe, invece, migliorare l’efficienza di alcuni processi cruciali, rendendoli meno criptici ed esclusivi e invogliando chi è ancora restio a comprare opere d’arte, pur avendone le capacità economiche. Perché delle due l’una: o si continua ad arroccarsi su reti elitarie, correndo però il rischio di misurarsi poi con basi di clienti sempre più ridotte, o si abbraccia una nuova cultura del lavoro più affidabile e responsabile e, insieme, innovazioni operative in grado di espandere i pubblici.
Cristina Masturzo
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