I top e i flop della settimana dell’arte che è appena finita a Torino. Ecco cosa ci è piaciuto (e cosa proprio no!)

Artissima è finita. E oltre alla fiera principale sono finite anche le fiere collaterali e tutti gli eventi, gli incontri, le serate, le performance. È stata una eccellente art week, ma ciò non vuol dire che non ci siano state delle note negative. Ecco lo sguardo della redazione di Artribune

È stata una eccellente Art Week, quella del 2025 a Torino. Una Artissima in buona forma (lo abbiamo ribadito fin dalle nostre prime impressioni), le fiere collaterali che si consolidano sempre di più, i musei che si sono presentati al massimo delle loro possibilità con una offerta espositiva che rivaleggia con quella di città internazionali ben più grandi e centrali di Torino. Tutto bene dunque? No. Perché ci sono i nostri top qui sotto, ma ancora più sotto sono dolori coi nostri flop. 

I top dell’Art Week di Artissima 2025 a Torino

Tantissime belle mostre in città

Swarms (Sciami), Chiara Camoni. Luci d'Artista 2025
Swarms (Sciami), Chiara Camoni. Luci d’Artista 2025

Torino si è presentata in gran forma, se parliamo delle mostre da vedere in città. Come se ogni organizzazione, ogni museo, ogni spazio, anche la più piccola fondazione o archivio, abbia voluto, semplicemente, dare il massimo. La GAM è tornata a uno stato di grazia che non si ricordava da anni (decenni?); Rivoli sta riprendendo quota; Venaria con il grande richiamo di Fernad Léger; mostra muscolarissima alla Sandretto che festeggiava i 30 anni alla grande; mostra opportuna e sofisticata alla Merz come non si vedeva da tempo; Luci d’Artista vivacissime con l’affascinante prova di Chiara Camoni (bellissimo colpo avere l’accensione della luce dell’artista che rappresenterà l’Italia alla Biennale 2026) e altre iniziative in città; convincenti anche gli eventi ‘secondari’ di alcuni spazi espositivi come la mostra di Cristian Chironi da Camera (a latere della grande mostra di Lee Miller) o la rassegna video curata da Luca Lo Pinto alle Gallerie d’Italia (a latere della grande mostra di Jeff Wall). E ancora il magic moment del MAO, la precisione delle mostre del Museo della Montagna, la fascinazione assoluta di Vedova&Tintoretto a Palazzo Madama fino ad arrivare – ma nel frattempo qualcosa ci dimentichiamo – alle cose piccole e piccolissime ma quasi sempre deliziose: la mostra video da Recontemporary, il progetto che mette assieme Salvo Mangione e Mino Maccari all’Archivio Salvo e il confronto Griffa-Starling alla Fondazione Griffa. Mostre di livello anche al PAV, alle OGR e alla Pinacoteca Agnelli, anche se su quest’ultima abbiamo qualche piccola riserva da ritrovare nel capitolo dei flop.

Il Museo dell’Automobile

Artur Zmijewski, Democracies, MAUTO, 2025. Photo Bin Jia
Artur Zmijewski, Democracies, MAUTO, 2025. Photo Bin Jia

Lorenza Bravetta, oltre a essere una eminente esperta di fotografia, è anche una manager culturale di rilievo e una figura dirigenziale in grado di cambiare il percepito dell’istituzione dove va a lavorare. È successo lo stesso al MAUTO, il Museo Nazionale dell’Automobile di Torino, che dopo il suo arrivo si è a dir poco svecchiato tra nuovi allestimenti, iniziative, accoglienza e un programma specifico dedicato all’arte di cui riparleremo a breve.

Le performance da Cripta747

Elena Francalanci e Andrea Bambini. Photo Gil Corujeira
Elena Francalanci e Andrea Bambini. Photo Gil Corujeira

Non c’è Art Week che si rispetti senza un po’ di sana performance: a questo giro ci viene in aiuto Cripta747, lo spazio non profit in Piazzale Valdo Fusi che dal 2008 segna la scena artistica indipendente torinese. Tra la serata del 31 ottobre e i pomeriggi dell’1 e del 2 novembre, le performance di Martina Rota e di Andrea Bambini & Elena Francalanci (che hanno contestualmente presentato i risultati della loro residenza presso Cripta747) utilizzano approcci performativi differenti: se Bambini & Francalanci con secrets riflettono sulle sovrapposizioni tra emozioni e memoria, il lavoro di Martina Rota (Dear Lola & Prisci) si avvale quasi solamente della parola, in un copione a tratti roboticamente freddo, a tratti direttamente rivolto al pubblico. La sensazione è quella di una sessione di scrolling su Instagram o TikTok: Rota passa dalle canzoni pop alle sessioni di mindfulness, dall’italiano all’inglese, dai discorsi impegnati alla ripetizione meccanica di parole fino a svuotarle del loro senso. Il tutto ben condito dalle contingenze del setting in cui la performance aveva luogo, ovvero il pendio erboso sopra Cripta747. Oltre al solito pubblico dell’arte, il lavoro interagiva con tutto ciò che gli accadeva intorno, dai ragazzi in cima al pendio che ironizzavano sulla “peffomance” allo skater che imperterrito eseguiva un involontario sottofondo sonoro, fino all’onnipresente cane telecomandato che in questi giorni torinesi ha girato tutta la città.

Le fiere collaterali

Flashback 2025 - Umberto Benappi
Flashback 2025 – Umberto Benappi

Intendiamoci bene, le fiere collaterali ad Artissima (FlashBack, The Others, Apart, Paratissima) hanno tutte alcuni pregi e alcuni difetti. Si tratta di rassegne mai del tutto ‘mature’ e compiute. Tuttavia bisogna dare atto a Torino che qui viene allestita l’unica art week italiana intesa in senso internazionale. Ovvero con una grande fiera e un buon numero di fiere circostanti. Questo non succede nè a Milano attorno a miart (ci si è provato a più riprese senza venirne a capo) nè a Bologna attorno ad ArteFiera (anche qui ci si è provato, ma…). E invece le fiere ‘collaterali’ di Torino hanno tutte la loro identità, il loro seguito, il loro pubblico e il loro ruolo. Non è una roba banale.

La nuova ciclabile su Via Nizza che collega fiera e stazione

La pista ciclabile di Via Nizza
La pista ciclabile di Via Nizza

L’accessibilità di Artissima, collocata com’è nell’Oval (vedi la voce sotto, nei flop), non è stata mai il massimo. Una piccola pezza ce la mette quest’anno la bella novità della nuova ciclabile di Via Nizza, finalmente completata dopo tanti anni in cui si fermava in Piazza Carducci. Ora il visitatore che vuole visitarsi la fiera in giornata e arriva in treno a Porta Nuova può facilmente affittarsi una bici del bike sharing e arrivare in poco tempo in fiera utilizzando praticamente solo percorsi protetti. 

I flop dell’Art Week di Artissima 2025

Le gallerie che non riescono a tenere aperto

Le gallerie chiuse in città durante l'Art Week di Torino
Le gallerie chiuse in città durante l’Art Week di Torino

Immaginatevi la scena durante le Art Week di Londra, Parigi, Madrid, New York o Bruxelles: state in città una mezza settimana. Un giorno vi guardate la fiera, il giorno successivo i musei e poi vi rivolgete alle gallerie private. Queste ultime però le trovate chiuse, magari con tanto di cartello che indica “siamo in fiera”. All’estero sarebbe davvero impensabile, e invece a Torino ci è successo purtroppo. Ad esempio bussando da Benappi (parzialmente giustificata da un cantiere in galleria), così come da Guido Costa. Peccato: sicuramente non è questo il modo in cui si accolgono anche i tanti visitatori internazionali che circolavano in città in questa settimana. 

Pinacoteca Agnelli: bene ma non benissimo

Alice Neel, I Am the Century, Pinacoteca Agnelli Torino. Photo Sebastiano Pellion di Persano, courtesy Pinacoteca Agnelli
Alice Neel, I Am the Century, Pinacoteca Agnelli Torino. Photo Sebastiano Pellion di Persano, courtesy Pinacoteca Agnelli © The Estate of Alice Neel

Grazie al dinamismo di Sarah Cosulich la Pinacoteca Agnelli è diventata un punto di riferimento stabile e solido negli ultimi anni, con mostre importantissime nonostante gli spazi assai infelici dell’istituzione. Quest’anno il nome era davvero maiuscolo: Alice Neel. E la mostra? La mostra è innanzitutto un ottimo risultato: è la prima grande antologica di questa artista in Italia. Qualche dubbio resta però sul livello delle singole opere. Ci spieghiamo: talvolta ci sono eccellenti opere ordinate in una brutta mostra, e altre volte invece ci sono opere di seconda fascia assemblate in una buona mostra. Alla Pinacoteca Agnelli pare essersi verificato questo secondo scenario: chi ha avuto modo di vedere tre anni fa la retrospettiva di Alice Neel al Centre Pompidou capisce cosa intendiamo. 

Gli spazi pubblici attorno alla fiera

Percorsi per arrivare all'Oval di Torino
Percorsi per arrivare all’Oval di Torino

È una annotazione che abbiamo fatto anche in passato, ma la rifacciamo di nuovo sia mai serva a qualcosa. Ebbene: lo spazio dell’OVAL – residuato delle Olimpiadi del 2006 dove si svolge Artissima – è collocato in una landa desolata che sembra non interessare a nessuno. Raggiungere il Lingotto (e dunque la Pinacoteca Agnelli) dall’Oval, raggiungere la metro dall’Oval, raggiungere l’hotel dove molti degli ospiti di riguardo sono alloggiati, raggiungere l’altra parte della città oltre il fascio di binari utilizzando l’Arco Olimpico è una esperienza umiliante per chi si muove a piedi. La fiera di Torino arriva subito dopo (ed è parzialmente in competizione) con le fiere di Londra e di Parigi. In queste due città le fiere si svolgono in pieno centro, in contesti eleganti, lussureggianti e curatissimi. A Torino la fiera si svolge in un’area degradata e disagiata: una zavorra.

Gli spazi di accoglienza dentro la fiera

Artissima 2025 © Perottino-Piva-Castellano-Bergadano  Artissima
Artissima 2025 © Perottino-Piva-Castellano-Bergadano /Artissima

Come se non bastasse l’imbarazzo (soprattutto nei confronti di tantissimi ospiti e visitatori stranieri) degli spazi fuori dalla fiera, ci si mette anche l’accoglienza in fiera. Non c’è nessuna fiera d’arte al mondo che si rispetti che si adegua a una offerta di ristorazione di massa per i propri visitatori. E invece in Italia non lo vogliamo capire, oppure non lo sappiamo spiegare agli enti fieristici. Questo genere di eventi non sono adatti ai vari Cremonini, Camst, Autogrill: serve una ristorazione specifica, curata e di tutt’altro taglio. I bravi chef e ristoratori Costardi fanno ad Artissima un bel ristorante nella Vip Lounge, ma i punti di ristoro sparsi per il percorso espositivo restano ancora molto migliorabili.

Il groviglio armonioso di Torino

Gallerie d'Italia Intesa Sanpaolo, Torino
Gallerie d’Italia Intesa Sanpaolo, Torino

Torino, con il suo sistema artistico e culturale, è nota per la capacità – non comune in Italia – di “fare sistema”. Ma se non ti sai imporre dei limiti, passare dal fare sistema al fare cartello è un attimo. E il rischio da qualche tempo c’è eccome, all’insegna di un intreccio di interessi in conflitto tra editoria, musei, finanza, incarichi, comunicazione. Capita infatti che la casa editrice culturale principale della città (dotata di una testata giornalistica) sia stata comprata dalla banca principale di Torino, la quale possiede anche uno dei musei principali della città e d’Italia. Come se non bastasse l’anomalia di un giornale d’arte e di una importante istituzione museale appartenenti alla stessa proprietà, si aggiungono anche moltiplicazioni di incarichi. Qualche esempio: il direttore generale dell’istituzione museale e il presidente della casa editrice sono la stessa persona (sul serio!); l’amministratore della casa editrice è anche segretario generale di un’altra influente fondazione bancaria cittadina che si occupa d’arte; il direttore della testata giornalistica parte della casa editrice è anche titolare della pagina sull’economia dell’arte nel principale quotidiano italiano. E, ciliegina sulla torta di questi giorni di Artissima, tutto questo sistema di potere rappresentava il main sponsor responsabile del sostegno economico alla fiera. Fiera che – per chiudere il cerchio – condivide lo stesso ufficio stampa con la casa editrice di cui sopra. Quelli che abbiamo citato senza nominarli (perché è un problema di schemi e di intrecci, non di nomi) sono tutti professionisti di prim’ordine, nessuno escluso. Il problema non è dunque in alcun modo di competenze personali ma di concentrazione di potere nelle mani di pochissime persone: un errore e un rischio. Ma siccome le concentrazioni di potere sono alla lunga un clamoroso danno sia per chi le pone in essere sia per il sistema che le subisce, siamo certi che il proverbiale understatement torinese, dopo un 2025 di eccessi, saprà individuare per il 2026 un nuovo equilibrio privo di sfacciataggini. In caso contrario ci torneremo su con maggiore approfondimento.

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