Leo Orta / Gao Xintong / Sala Nova – Xintong Gao

Informazioni Evento

Date
Dal al

Lunedì--Venerdì 14:00-18:00

Vernissage
08/05/2025

ore 18

Artisti
Leo Orta, Xintong Gao, Gao Xintong
Curatori
Domenico de Chirico
Generi
arte contemporanea, personale, doppia personale

Due mostre: “Une simple histoire” Leo Orta, Gao Xintong. A cura di Domenico de Chirico. Sala Nova con la mostra personale Autoritratto di Xintong Gao.

Comunicato stampa

“Une simple histoire” Leo Orta, Gao Xintong
A cura di Domenico de Chirico Andrea Festa Fine Art, Roma

In un’epoca segnata da un vorticoso eccesso di informazioni effimere e immagini fugaci, che spesso offuscano la nostra capacità di discernere e di cogliere il significato più profondo delle cose, “Une simple histoire” — scevra da orpelli — si propone come un autentico atto di resistenza culturale, dal tono sospeso e poeticamente selenico. In un contesto così soggiogato da una società che esalta la velocità, la superficialità anaffettiva, l’insaziabilità capitalistica, le vanità egoistiche e un’avidità senza freni, riscoprire la semplicità diventa non solo un gesto audace, ma anche una necessità: un invito a riscoprire il valore dell’introspezione e dell’autenticità nella loro essenza più pura.
Sulla base di tali precetti, questa mostra bipersonale riunisce le opere di due giovani artisti contemporanei, il francese Leo Orta e il cinese Gao Xintong, il cui lavoro, pur scaturendo da universi visivi e concettuali distinti, condivide una medesima tensione, ovverosia quella di esplorare la realtà e l’esistenza umana non come entità statiche o facilmente definibili, ma come territori tanto arcani quanto fecondi, in uno stato di perpetua evoluzione. Qui, il dialogo tra materia e astrazione, tra scultura e pittura, che emerge dalle loro opere, non si risolve in un semplice contrasto, ma si traduce in un incontro prolifico tra visioni differenti, in grado di nutrirsi reciprocamente. Pertanto, Orta e Gao non si limitano a giocare con forme e colori, ma sondano, ciascuno a modo proprio, la natura intrinseca degli elementi, facendo affiorare un flusso di sensazioni e significati che travalicano l’ordinario, esplorando l’ineluttabile equilibrio tra presenza e assenza, tra visibile e invisibile. Ogni loro slancio o atto creativo riflette una ricerca interiore, in cui la semplicità non è mai sinonimo di impersonalità, bensì il tentativo di risalire a quell'indiscusso élan vital da cui ogni cosa ha avuto origine.
E allora, da un lato, vi è la manifestazione scultorea di Leo Orta, che attraverso la sua vocazione artistica esplora la nozione di metamorfosi all'interno di una biosfera in continua evoluzione.
Consapevole dell'urgenza di tutelare la biodiversità e rispettare la Terra, Orta si esprime magistralmente mediante la scelta riflessiva dei materiali e dell'energia che essi stessi sprigionano, tracciando le fasi peculiari dei processi di ibridazione tra l'umano, l'animale e il vegetale. Prendendo ispirazione dagli scritti del biologo e filosofo tedesco Andreas Weber – generalmente incentrati sulla crisi ambientale, sul rapporto dell’uomo con la natura, sulla necessità di un'economia al servizio del pianeta e dell’uomo, sul ruolo della scienza e così via – Orta denuncia questa nostra società inebriata dalle industrie produttive in favore di una necessaria e ormai improrogabile riconciliazione con la Terra. Attraverso una pratica scultorea che fonde con sapienza arte e design, Leo Orta ci invita a riflettere sull’interconnessione tra individuo e comunità, esplorando le dimensioni sociali e psicologiche dell’esistenza umana. Per di più, ispirato dagli insegnamenti dell’esistenzialismo di Martin Heidegger, Jean-Paul Sartre e Maurice Merleau-Ponty, in particolare dal concetto di "essere-nel-mondo" (Dasein) di Heidegger, Orta traduce queste idee nelle sue sculture, generando manifestazioni tangibili della delicata interazione tra l’individuo e l’ambiente. Le sue opere, dal carattere esplorativo, creano mondi concreti e al contempo astratti, evocando sensazioni profonde legate al corpo, alla memoria e alla trasformazione. Ogni scultura diventa uno spazio di riflessione sulla vulnerabilità dell’uomo e sulla sua incessante ricerca di significato, dove le forme si intrecciano ed evolvono, si contraggono e si dilatano, sollecitando un'esperienza degli eventi più intima, sensibile e profondamente emotiva. Orta trae ispirazione anche da altre fonti, tra cui la psicoanalisi, con l’intento di connettersi al subconscio e all’immaginario, al fine di esprimere i sentimenti in modo più spontaneo attraverso le sue opere. Fa riferimento alle metafore di Henry Moore, che definiva la sua arte monumentale come “un'espressione del significato della vita e un'esortazione a impegnarsi nella vita”, e alle manifestazioni emotive e sofisticate di Niki de Saint Phalle. Recentemente, si è concentrato sul lavoro conturbante di David Altmejd, apprezzando la sua relazione intuitiva con la forma e i cambiamenti di stato provocati dai materiali, esplorandone il

potenziale espressivo. Oltre a tutto ciò, è anche affascinato dal mondo industriale e delle fabbriche, da cui trae spunti per comprendere i cicli di produzione, dalla creazione all'uso finale, esplorando pratiche di riciclo e riutilizzo come alternative alla distruzione inesorabile. Infine, si ispira alla magnificenza della natura, alla sua estetica organica, alla bellezza rigogliosa della biodiversità che la caratterizza e alla sua scomparsa, tanto rapida quanto graduale e devastante. Alla luce di tutto ciò, in un clima esiziale, che sembra minacciare l'equilibrio stesso della vita, e sempre più instabile, le sue sculture — quasi presenze lunari stilizzate — si manifestano attraverso una matericità densa e corposa, con variazioni cromatiche che spaziano dalle tonalità di una terra particolarmente assetata a quelle del cielo, talvolta terso, talaltra — come in questo caso — attraversato da bagliori boreali. Ne scaturisce una tensione profonda tra permanenza e dissoluzione, tra erosione e rinnovamento.
Spingendosi oltre il gesto scultoreo, Orta ricerca un confronto silenzioso tra l’opera e l’osservatore: un incontro intimo tra due presenze sconosciute, unite da un momento di riconoscimento vicendevole non necessariamente mediato dalla materia. In questa coabitazione caduca si intrecciano stati emotivi contraddittori di timore e accoglienza; così, attraverso queste forme metamorfiche, la sua pratica si configura come una relazione muta tra permanenza e sopravvivenza, riflettendo sugli intrecci emotivi ed ecologici che caratterizzano il nostro tempo.
Dall'altro lato c'è Gao Xintong, giovane talento emergente, la cui ricerca, profondamente radicata nella filosofia taoista, indaga temi come la spiritualità, la contemplazione e l'armonica frizione tra movimento e quiete, utilizzando la pittura come strumento per dare forma all’invisibile. Sfumature fluide di colori, fasci di luce vibranti, energie antitetiche e forme indefinite — quasi sinografiche — si intrecciano nelle sue tele, dando vita a una pittura che sfida i confini del figurativo e invita a un'esperienza immersiva e inedita, armoniosamente oscillante tra tradizione e avanguardia. Le sue opere, che fondono con originalità il Futurismo italiano e la tradizione orientale, indagano l’equilibrio tra movimento e immobilità attraverso la lente della filosofia taoista, in particolare del concetto di qi e della dualità tra vuoto e pieno. Tutte le sue composizioni, costruite con meticolosa cura mediante linee fluide e colori vibranti, richiamano la sua cultura di appartenenza e incarnano, per l'appunto, l’idea di qi: quell’energia vitale, invisibile ma percepibile, che attraversa la natura e permea l’intero cosmo. Legato al mutamento e al movimento del mondo reale, il qi si manifesta in ogni essere vivente, dando vita a un flusso visivo che unisce dimensioni fisiche e spirituali. Nelle sue opere, la relazione tra pieno e vuoto diventa motore dinamico, generando immagini interiori e recondite. La tela si trasforma così in un paesaggio encefalico, caratterizzato da linee fluide e colori vibranti, che si alternano tra toni caldi e freddi. Ogni elemento assume una funzione simbolica ed energetica, dando vita a un'astrazione che invita a esplorare il flusso dinamico e l'incondizionata energia spirituale della natura. Nel suo lavoro prendono vita paesaggi evocativi, dove il vuoto, forza silenziosa e dinamica, consente agli elementi di affiorare e animarsi gradualmente. Il suo approccio pittorico riflette soventemente il desiderio di catturare l’“energia dell’aria” e di esplorare il flusso attraverso un gesto che, pur essendo spontaneo, è sempre preciso, misurato e mai casuale.
Prendendo altresì ispirazione dal concetto taoista di Wu Wei – l’azione senza sforzo – e da quello di Yin e Yang, che nella filosofia cinese rappresenta l’armonia degli opposti, Gao affronta la pittura come un gesto in sintonia euritmica con il flusso naturale delle cose. Le sue opere invitano lo spettatore a superare il dualismo tra soggetto e oggetto, avvicinandosi sempre di più al concetto di “paesaggio dell’anima”, che diventa un tema centrale della sua ricerca visiva. Nello specifico, la serie “Cyberbambù” rappresenta, per l'appunto, una foresta di bambù in modo tale che lo spettatore ne diventi parte, un’esperienza che rimanda alle tradizionali pitture Shan shui. Analogamente, la serie di ritratti “Untitled” restituisce ex novo il “paesaggio dell’anima”: un’interpretazione dinamica e sensoriale che invita il pubblico a guardare oltre il figurativo, per esplorare l’essenza dello spirito attraverso il gesto pittorico, a suon di pennello e inchiostro, proprio della tradizione Shan shui.
Pertanto, “Une simple histoire” si configura come un viaggio sensoriale a tutto tondo che, attraverso le opere dissimili ma complementari di Leo Orta e Gao Xintong, invita lo spettatore a confrontarsi con temi universali e senza tempo — come il corpo, l’anima, l’ambiente e la sua salvaguardia — nonché con la nostra instancabile capacità di trasformare e reinterpretare la realtà che ci circonda.

Le sculture di Orta e i dipinti di Gao danno così vita a un dialogo tra il materiale e l'immateriale, il manifesto e l'impalpabile, la luce e l'oscurità, il sensibile e l'inaccessibile, l’abbondanza e la privazione, invitando a una riflessione profonda e in costante divenire sull’esistenza e sull’interconnessione tra individuo, natura e società. Così, la mostra non si limita a raccontare “una semplice storia”, ma invita il pubblico a immergersi in un racconto visivo articolato, carico di emozioni, significati, simboli e visioni del nostro tempo — ancora da esplorare, interpretare, e forse persino risolvere.

SALA NOVA: Autoritratto
Xintong Gao
Andrea Festa Fine Art è lieta di inaugurare Sala Nova con la mostra personale Autoritratto di Xintong Gao.
L'inaugurazione si terrà l’8 maggio 2025, dalle 18:00 alle 21:00, e la mostra sarà visitabile fino al 20 giugno 2025, presso Lungotevere degli Altoviti 1, Roma.
Per l’occasione saranno presentati cinque dipinti a olio e acrilico, che offrono una riflessione intima sull’identità, la trasformazione e la resilienza.
Sebbene noto per la sua pratica astratta, Gao affronta l’atto dell’autoritratto come un rituale privato, che segna transizioni fondamentali della sua vita.
«Quando mi sono trasferito a Bologna, era un momento di profondo cambiamento. Ho cancellato ciò che non mi piaceva e, da quel vuoto, ho creato il mio autoritratto.» — Xintong Gao
Le sue opere nascono da tele scartate o da tessuti un tempo usati per pulire i pennelli — materiali carichi di memoria, imperfezione e tracce di errori passati.«Sotto l’autoritratto c’è un lavoro abbandonato, un fallimento. L’ho ricoperto per ricordarmi che anche gli errori hanno un valore.» — Xintong Gao. Rivestendo questi frammenti, Gao afferma la bellezza profonda della rinascita e il potere narrativo dell’imperfezione.«Il tessuto era stato usato per pulire i pennelli per così tanto tempo che non restava più spazio. Stavo per buttarlo via, quando all’improvviso ho visto qualcosa: un giardino, un riflesso nascosto di me tra i fiori.» — Xintong Gao
I suoi autoritratti non nascono dal riflesso di uno specchio classico, ma da superfici umili e inaspettate — un piattino da dessert, un tessuto dimenticato — luoghi in cui nuovi sé emergono nei margini dell’ordinario. «Di solito realizzo un autoritratto con uno specchio accanto, come facevano i grandi maestri. Questa volta, è nato dal riflesso in un piccolo piattino da dessert.» — Xintong Gao
Con Autoritratto, Xintong Gao invita lo spettatore a un atto di introspezione e resilienza, celebrando le superfici imperfette dove la trasformazione sboccia in silenzio.